Questo articolo è disponibile anche in: Italiano

Quesito

Caro Padre Angelo, 
Il mio nome è Nicola e voglio ringraziarla di cuore per il suo lavoro. Il vostro sito è una fonte inestimabile per la crescita personale nella vita Cristiana.
Premetto che io sono Cattolico e credo fermamente nella presenza del Signore nell’Eucarestia, recito tutti i giorni una corona del Rosario e tento di andare a Messa più volte durante la settimana per ricevere l’Eucarestia e vivere sempre in stato di grazia. C’è un quesito a cui non riesco a dare una risposta certa.
Ho letto in un sito che certamente non è cattolico che la Santissima Eucaristia una volta ingerita perde l’istante la presenza reale del Signore. (…).
San Tommaso usa i termini “lieve” o “profondo” per indicare la corruzione delle Specie, i quali mi sembrano troppo generici, soprattutto alla luce di quanto oggi sappiamo sui processi chimici. In sintesi: fino a quando il Corpo di Cristo rimane tale nell’Eucaristia al momento dell’ingestione? Il nostro Benedetto Signore Gesù ci dice (in Giovanni 6,53-58) che sia necessario letteralmente mangiare il suo Corpo e bere il suo Sangue per avere la vita eterna. Quindi la permanenza delle specie non può essere confinata alla sola masticazione, ma, se non m’inganno, dovrebbe implicare per lo meno la discesa dell’eucarestia nello stomaco; qui sorge per me il dilemma: fin quando esattamente la specie del pane rimane tale? 
Il pane è composto da diverse molecole che messe assieme compongono la specie del pane, sostanze chimiche quali: proteine, amido, polisaccaridi, lipidi, enzimi ed acqua, i quali composti legati tra di loro compongono la specie; solo il processo di digestione rompe i legami che sussistono tra tali sostanze, quindi posso immaginare che, non appena anche una sola delle molecole che compongono il pane viene separata dalle altre, non si parli più di specie eucaristica.
Sin dalla masticazione avviene il processo di separazione delle molecole a causa della saliva, ma sappiamo che non tutta l’ostia verrà affetta dal processo di digestione tipico del cavo orale (l’ostia viene frammentata dalla masticazione, ma non interamente), quindi dei frammenti che ancora contengono tutte le molecole non separate verranno deglutite.
Una volta nello stomaco, sotto l’azione dei succhi gastrici, almeno una delle molecole che compongono il pane è stata separata dalle altre, venendo meno quindi la specie del pane stesso (questo processo avverrebbe per ogni singolo frammento risultato dalla masticazione). Si potrebbe quindi affermare che non oltre lo stomaco (e presumibilmente per pochi minuti) potrebbe dirsi che permanga il pane sotto la sua specie e quindi il Corpo del Signore Gesù? 
Vorrei, se possibile, avere dei chiarimenti se essi esistono. Perdoni se l’argomento possa risultare inadeguato o strano ma la mia è una sincera voglia di capire meglio questo Santo Mistero che è l’Eucaristia per vivere serenamente la mia Fede ed essere sempre più unito al Signore, e soprattutto mostrare quanto certi personaggi che credono di saperla lunga siano, in realtà, delle marionette del maligno, la cui Sapienza Dio riduce inevitabilmente alla vergogna.

P.S.
Chiedo preghiere per una mia particolare intenzione (…).
Grazie per la pazienza e che Gesù Cristo la benedica e Maria Santissima la protegga! 


Risposta del sacerdote

Caro Nicola,
1. anche a beneficio dei nostri visitatori riporto il testo di San Tommaso cui parla della corruzione delle apparenze del pane e del vino dopo la consacrazione.
“Occorre però ben distinguere questi due modi di corrompersi. Siccome infatti il corpo e il sangue di Cristo succedono in questo sacramento alla sostanza del pane e del vino, qualora intervenga da parte degli accidenti un cambiamento insufficiente a corrompere il pane e il vino, con tale mutazione non cessano di essere nel sacramento il corpo e il sangue di Cristo: sia che il cambiamento avvenga nelle qualità, p. es., mediante una lieve alterazione del colore o del sapore del pane e del vino; sia che avvenga nella quantità, p. es., mediante la divisione delle specie in parti che possono conservare in sé la natura del pane e del vino.
Se invece intervenisse un cambiamento così profondo che avrebbe corrotto la sostanza del pane e del vino, non rimangono il corpo e il sangue di Cristo sotto questo sacramento. E ciò tanto da parte delle qualità, come quando il colore, il sapore e le altre qualità del pane e del vino si guastano in modo tale che la sostanza del pane e del vino non lo sopporta; quanto da parte della quantità, qualora, p. es., il pane, o il vino venisse polverizzato in parti così minute da far scomparire le specie del pane e del vino” (Somma teologica, III, 77, 4).

2. Non c’è nessun problema per la lieve corruzione delle apparenze del pane del vino come ad esempio una lieve alterazione del colore o del sapore.
Quello che ci interessa invece è la corruzione più profonda delle apparenze del pane e del vino.
San Tommaso si attiene a quello che comunemente cade sotto i nostri occhi. Ed è perfettamente vero. Non disquisisce sul tempo della cessazione di tali apparenze una volta assunte nella santa comunione.

3. Tu fai un discorso più scientifico. Tutta la disamina che hai fatto è condivisibile e corrisponde a quanto hanno sempre pensato i teologi.
La corruzione delle apparenze del pane del vino è progressiva.
Queste apparenze cominciano ad essere intaccate nella bocca e poi vengono intaccate definitivamente nello stomaco dai succhi gastrici.

4. Ecco quanto scrivono alcuni autori di teologia morale circa il tempo che passa per la corruzione delle specie eucaristiche nello stomaco.
“Questo (il tempo della presenza nello stomaco) dipende molto dalla diversa forza digestiva delle singole persone.
Gli antichi medici e teologi ritenevano che tutte e due le specie vengano corrotte entro il quarto d’ora.
Secondo i medici di oggi si richiede un tempo più lungo. Cappelmann ritiene che le specie del pane e del vino in uno stomaco sano non siano pienamente corrotte prima della mezz’ora.
Altri dicono che soprattutto per alcuni infermi si richiede un tempo più lungo. Secondo tali medici presso alcuni infermi si possono trovare frammenti incorrotti dell’Eucaristia anche dopo due o tre ore” (Aertnys, Damen, Wisser, Theologia moralis, III, 229)
5. il domenicano Antonio Royo Marin a questo proposito scrive: “È conveniente prolungare il ringraziamento, se si può, almeno per mezz’ora. È  irriverenza e indelicatezza verso il divino ospite terminare affrettatamente ala visita che egli si è degnato di farci. Con le persone del mondo che meritano qualche rispetto, non ci comportiamo così, ma aspettiamo che esse sospendano la visita.
Gesù resta nella nostra anima finché le specie sacramentali non si corrompono. Benché non si possa stabilire un limite fisso per tutti, è bene non prendere cibo almeno per una mezz’ora dopo la Comunione.
Trascorriamo questo tempo ai piedi del Maestro, ascoltando i suoi divini insegnamenti e ricevendo il suo influsso santificante.
Solo in circostanze straordinarie – un lavoro o una necessità urgente – potremo accorciare il ringraziamento anziché lasciare la Comunione, pregando allora il Signore che supplisca con la sua bontà e misericordia il tempo che quel giorno non gli possiamo dare” (Teologia della perfezione cristiana, n. 226).

6. Il ringraziamento è necessario per non disperdere i frutti di un’azione così grande e anche per programmare, alla presenza del Signore, la propria vita, così da conferirle un timbro eucaristico.
Si legge nell’Istruzione “Inestimabile donum” (3.4.1980): “Si raccomandi ai fedeli di non tralasciare, dopo la Comunione, un giusto e doveroso ringraziamento, sia nella celebrazione stessa, con un tempo di silenzio, con un inno o con un altro canto di lode, sia dopo la celebrazione, rimanendo possibilmente in orazione per un congruo spazio di tempo” (n. 17).

7. Pio XII nella Mediator Dei dice al riguardo: “Si allontanano dal retto sentiero coloro i quali fermandosi alle parole più che al pensiero, affermano e insegnano che finita la Messa non si deve prolungare il ringraziamento… Anzi, questi atti propri dei singoli sono assolutamente necessari per godere più abbondantemente di tutti i soprannaturali tesori di cui è ricca l’Eucaristia e per trasmetterli agli altri secondo le proprie necessità… Perché dunque non loderemo coloro che si indugiano in intima familiarità col divino Redentore, non solo per trattenersi dolcemente con lui, ma specialmente per domandargli aiuto, perché tolgano dalla loro anima tutto ciò che può diminuire l’efficacia del Sacramento e facciano da parte loro tutto ciò che può favorire la presentissima azione di Gesù? Li esortiamo anzi a farlo. Noi dunque, così intimamente stretti a Cristo cerchiamo quasi di immergerci nella sua santissima anima e ci uniamo a lui per partecipare agli atti di adorazione con cui egli offre alla Trinità l’omaggio più grato e accetto” (nn. 120-123).

8. A detta dei maestri di vita spirituale, il ringraziamento o raccoglimento dopo l’Eucaristia è uno dei momenti più santificanti della vita spirituale.
Scrive Sant’Alfonso: “Il direttore spirituale raccomandi che dopo la Comunione ci si trattenga a fare il ringraziamento. Sono pochissimi i direttori spirituali che raccomandano il ringraziamento assiduamente, che inculcano cioè di fare il ringraziamento per uno spazio considerevole di tempo. Il motivo è che sono pochissimi i sacerdoti che fanno il ringraziamento e quindi si vergognano di raccomandare agli altri ciò che essi non fanno. Il ringraziamento, ordinariamente, dovrebbe durare un’ora. Si faccia almeno per mezz’ora in cui l’anima si eserciti nell’amore e nel domandare” (Praxis Confessarii, IX,5,155).

Affidando al Signore questa sera dopo la celebrazione della Messa la particolare intenzione che mi hai espresso, ti benedico e ti accompagno con la preghiera.
Padre Angelo