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Quesito
Salve Padre Angelo,
è da tempo che leggo le sue risposte e ne ho trovato giovamento nel perseguimento della mia vita cristiana, essendo un ragazzo dei riferimenti fanno sempre bene.
Ho due domande da porle per curiosità, essendo che anche lei ha esperienza al confessionale, in base a quali fattori il sacerdote decide se impartire una penitenza, e se si cosa è decisivo per stabilirne l’entità? Ci sono riferimenti nelle Sacre Scritture a riguardo?
La seconda domanda sempre inerente alla confessione, riguarda l’assoluzione: ci sono peccati che non si assolvono? Ho letto del peccato contro lo spirito santo in quanto rifiuto volontario della grazia santificante e della misercordia del Signore, ma non mi è chiaro molto tutto ciò.
La ricordo con piacere nelle mie preghiere, con l’auspicio di conoscerla personalmente.
Serene vacanze, e Buona Serata.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. Gesù ha istituito il sacramento della riconciliazione o della penitenza con parole ben precise.
Eccole: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20,23).
2. Dal tenore di queste parole si evince che Gesù ha istituito questo sacramento conferendogli una natura giudiciale (ad modum iudicii). E cioè a modo di un giudizio, più o meno come avviene nei giudizi umani.
Con la differenza però che nei giudizi umani l’imputato è costretto (coatto) a essere presente.
Mentre nel sacramento della confessione il penitente si presenta da se stesso.
Inoltre mentre i giudizi umani ristabiliscono semplicemente la giustizia, qui invece viene comunicata la misericordia e la grazia.
3. Istituendo questo sacramento ad modum iudicii, Cristo ha legato il suo perdono al perdono della Chiesa, anzi al giudizio della Chiesa. Sicché il criterio per discernere il pentimento lo si ricava dall’accusa dei peccati e da quanto dice il penitente.
Per questo la Chiesa, fin dai primi tempi cristiani, in collegamento con gli apostoli e con Cristo, ha incluso nel segno sacramentale della penitenza l’accusa dei peccati. Senza di essa il sacerdote non potrebbe svolgere il suo ruolo di giudice e di medico (Giovanni Paolo II, Reconciliatio et Poenitentia, 31,II).
Le parole di Reconciliatio et Poenitentia, fanno eco a quelle del Concilio di Trento il quale afferma che “la confessione integra dei peccati è stata istituita dal Signore, e che è necessaria per diritto divino a quanti sono caduti in peccato dopo il Battesimo” (DS 1679).
4. Il riferimento biblico per misurare il grado di pentimento si desume quindi indirettamente dalle parole stesse di Nostro Signore quando ha detto: “A chi perdonerete… e a chi non perdonerete”.
Il concilio di Trento dichiara infatti che “i sacerdoti non potrebbero né esercitare questo potere giudiziale senza conoscere la causa né osservare l’equità nell’imporre le pene se i fedeli stessi non dichiarassero prima i loro peccati non solo in genere ma anche in specie e singolarmente” (DS 1679).
5. Inoltre il sacerdote riconosce il pentimento dalla recita dell’atto di dolore che si presume sia fatto in maniera cosciente.
Ora nell’atto di dolore il penitente dichiara di pentirsi non solo perché ha perduto la grazia, ma molto più perché offeso Dio, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa.
Inoltre esprime il proprio pentimento nell’impegno di non offendere più il Signore e di fuggire le occasioni prossime del peccato.
6. Il sacerdote, dal canto suo, non deve avere nessun motivo per dubitare della sincerità delle parole usate.
Se il penitente volesse fingere, si tratterebbe di una responsabilità solo sua.
7. Infine tutti i peccati possono essere assolti, sebbene per qualche peccato più grave la Chiesa rimandi ad un giudice superiore. Questo è il caso dei cinque peccati, riservati alla Sede Apostolica, che nessuno sacerdote può assolvere se non in punto di morte.
Anche il peccato contro lo spirito Santo può essere assolto. Infatti per il peccato imperdonabile si intende che è difficilmente perdonabile. Non da parte della Chiesa, che è sempre pronta a perdonare tutto a nome di Cristo. Ma da parte del penitente che si chiude nel suo peccato e si ostina a non domandarne perdono.
Con l’augurio di ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo