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Gentile Padre Angelo,
le chiedo delucidazione in merito alla questione della riparazione ai peccati commessi dal credente.
Qualcuno sostiene che l’uomo non possa riparare proprio a nessuno dei peccati commessi, né con opere né con preghiere.
Ne deriverebbe che: l’unica via percorribile sia quella della fruizione delle indulgenze; plenarie o parziali.
Altri dicono, al contrario, che il fedele abbia la possibilità di riparare e che anzi, dovrebbe essere nel suo interesse il farlo attraverso le varie opere di misericordia corporali o spirituali !!
Come muoversi?
La ringrazio tanto, Dio la benedica.
Carissimo,
1. il peccato – sottinteso grave – comporta due cose: l’offesa fatta a Dio e la perdita dell’amicizia e dell’intimità con Lui, e cioè della grazia.
Ebbene, nessun uomo in quanto tale può riparare adeguatamente i propri peccati.
E questo per un doppio motivo.
Il primo: perché, privo della grazia, le sue opere per quanto buone hanno un valore limitato. Mentre l’offesa fatta a Dio – proprio a motivo di Colui che viene offeso – è di una gravità infinita.
Il secondo: anche qualora le opere dell’uomo potessero riparare i peccati commessi, non possono ancora meritare la riconciliazione tanto più che l’amicizia soprannaturale con Dio è un dono del tutto immeritato da parte dell’uomo ed è frutto solo della benevolenza divina.
2. Poste queste premesse ne viene da sé che solo Gesù Cristo poteva riparare adeguatamente il peccato e meritare la riconciliazione con Dio.
Egli ha espiato, sì, con un corpo ed un’anima umana, ma il soggetto che compiva la passione era una Persona divina.
Proprio per questo il merito della sua passione è un merito divino, di valore infinito.
3. Inoltre Gesù non solo ha espiato il peccato, ma ha anche meritato la reintegrazione nell’amicizia con Dio mediante la grazia, la riconciliazione dell’uomo con Dio.
4. Questa dottrina è quella esposta da San Tommaso il quale afferma:
“Soddisfa pienamente per l’offesa colui che offre all’offeso ciò che questi ama in maniera uguale o ancora maggiore di quanto abbia detestato l’offesa.
Ebbene, Cristo accettando la passione per carità e per obbedienza, offrì a Dio un bene superiore a quello richiesto per compensare tutte le offese del genere umano.
Primo, per la grandezza della carità con la quale volle soffrire.
Secondo, per la nobiltà della sua vita, che era la vita dell’uomo-Dio, e che egli offriva come soddisfazione.
Terzo, per l’universalità delle sue sofferenze e per la grandezza dei dolori accettati.
Perciò la passione di Cristo fu una soddisfazione non solo sufficiente per i peccati del genere umano, ma anche sovrabbondante, secondo le parole di S. Giovanni: “Egli è propiziazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo” (Somma teologica, III, 48,2).
5. Cristo ha potuto soddisfare per noi in quanto intimamente legato alla natura umana della quale è stato costituito come nuovo Adamo: “Il capo e le membra formano come un’unica persona mistica. Perciò la soddisfazione di Cristo appartiene a tutti i suoi fedeli che ne sono le membra. Come anche quando due uomini sono uniti nella carità l’uno può soddisfare per l’altro” (Ib., ad 1).
Inoltre “la carità del Cristo sofferente fu superiore alla malizia dei suoi crocifissori.
Perciò Cristo con la sua passione ha potuto soddisfare più di quanto quelli siano stati capaci di offendere uccidendolo: cosicché la passione di Cristo fu una soddisfazione sufficiente e sovrabbondante per i peccati stessi di coloro che l’uccisero” (Ib., ad 2).
“La nobiltà della carne di Cristo non va misurata solo dalla natura della carne, ma dalla persona che l’ha assunta, essendo essa la carne di Dio: e sotto tale aspetto la sua nobiltà era infinita” (Ib., ad 3).
6. Queste motivazioni ci portano a comprendere quanto Cristo sia infinitamente amabile da parte nostra.
Nessuno ci ha dato tanto quanto ci ha dato Lui: l’espiazione dei peccati e la comunione alla vita intima ed eterna di Dio.
Nessuno del resto lo poteva fare.
7. Questo va detto chiaro e netto per tutti gli uomini: anche i musulmani i quali – se si salvano (e lo possiamo sperare) – non si salvano per mezzo di Maometto che né ha potuto espiare i peccati suoi personali e quelli dei suoi seguaci né poteva accordare la vita di comunione con Dio essendo semplicemente uomo, oltre che peccatore.
8. Inoltre dal momento che col Battesimo siamo stati innestati in Cristo, mediante la grazia possiamo cooperare con Cristo per l’espiazione dei nostri peccati.
Lo possiamo fare con l’offerta di tutte le azioni compiute in grazia e in particolare mediante la confessione sacramentale con i tre atti che il penitente compie: la contrizione, l’accusa dei peccati e la penitenza.
7. Le indulgenze più che all’espiazione dei peccati giovano per rimediare la pena che si dovrebbe scontare a motivo delle radici o cattive inclinazioni che rimangono in noi anche dopo la confessione sacramentale.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo