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Quesito

Caro padre Angelo,
una curiosità, per la quale la prego di non perdere tempo: qualcuno si è mai chiesto che cosa fanno gli angeli custodi quando il "custodito" muore e va in paradiso? Prendono una nuova custodia?
Che il Signore la benedica!
Vittorio


Risposta del sacerdote

Caro Vittorio,
1. ho trovato in San Tommaso una risposta indiretta al tuo quesito.
Questo Santo non si pone esplicitamente la domanda, ma fa sottendere che anche lui vi abbia pensato.
E vi risponde, come sempre, in maniera magistrale.

2. Ecco che cosa dice: “Finché vive in questo mondo, l’uomo si trova come su una strada che deve condurlo alla patria.
Lungo la strada, molti pericoli incombono su di lui, sia dall’interno che dall’esterno, come dice il Salmista: "Sulla strada per cui cammino, hanno nascosto dei lacci a mio danno".
Quindi, come si dà una scorta alle persone che devono transitare per strade malsicure, così si dà un angelo custode all’uomo, finché dura il suo stato di viatore.
Quando invece sarà giunto al termine della strada, allora l’uomo non avrà più un angelo custode; ma avrà in cielo un angelo conregnante, o nell’inferno un demonio tormentatore” (Somma teologica, I, 113, 4).

3. Si potrebbe dire che l’Angelo custode in cielo godrà della vittoria acquista dalla persona che il Signore gli aveva dato da custodire.
Questa gioia farà parte della sua gloria accidentale, e cioè del possesso e del godimento di tutti quei beni che non si identificano con Dio (che costituiscono la cosiddetta gloria essenziale).
Questo vale anche “il custodito” che si trova in Paradiso. Anch’egli godrà della presenza e della compagnia del suo Angelo custode.

4. Ma c’è ancora qualcosa d’altro.
Precedentemente San Tommaso aveva riportato due belle affermazioni sulla comunione che gli angeli hanno fra di loro.
La prima è di San Gregorio Magno: “Nella patria celeste sebbene alcuni doni siano dati in grado eccellente, niente tuttavia è posseduto in modo esclusivo" (In Exod. Hom., 34).
La seconda è di Dionigi: “Ognuna delle essenze celesti comunica alle inferiori la conoscenza ricevuta da un’altra essenza superiore” (Cael. Hier. 3).
E commenta: “Tutte le creature partecipano dalla bontà divina la proprietà di diffondere negli altri il bene che possiedono: poiché è essenziale al bene la tendenza a comunicarsi agli altri.
Ciò è tanto vero che perfino gli agenti corporei cercano di trasmettere negli altri una loro somiglianza.
Quanto più dunque gli agenti godono di una maggiore partecipazione della bontà divina, tanto più si sforzano, secondo le loro possibilità, di trasfondere negli altri le proprie perfezioni.
Per questo S. Pietro, a coloro che partecipano la bontà divina mediante la grazia, dà il seguente ammonimento: "Da buoni amministratori della multiforme grazia di Dio, ognuno di voi ponga al servizio degli altri il dono ricevuto" (1 Pt 4,10).
A più forte ragione, quindi, gli angeli santi, ammessi alla più completa partecipazione della bontà divina, distribuiscono agli inferiori tutto quello che ricevono da Dio.
Tuttavia quanto è ricevuto dagli angeli inferiori, non viene mai a trovarsi in essi in quella maniera eminente in cui si trova negli angeli superiori. Perciò questi restano sempre in un grado più elevato, e possiedono sempre una scienza più perfetta. Così una medesima nozione la possiede sempre meglio il maestro, che non il discepolo il quale l’apprende da lui” (Somma teologica, I, 106, 4).

5. Ebbene gli angeli custodi, che sono gli ultimi nelle gerarchie angeliche, comunicano agli uomini da loro custoditi in terra qualche cosa della loro conoscenza e del loro possesso di Dio.
Anche in questa maniera continuano ad amarci con particolare affetto.

Con l’augurio di godere col tuo Angelo custode e con i tuoi cari davanti a Dio, ti assicuro il mio ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo