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Quesito
Salve.
Ringraziandola per le risposte dei giorni scorsi, devo chiederle qualcosa di cui forse parla spesso, ma di cui, comunque, non ho risposte esaurienti. Il tema è sempre quello, il più scottante, e cioè: da quello che vedo attorno a me e dall’esperienza che vivo comincio a pensare che Dio e il male sono inconciliabili.
Quindi o Dio è onnipotente ma non è buono, oppure Dio non è onnipotente ma buono. L’assurdo che "leggo" nella storia e nelle vicende di ogni giorno, nonché nelle esperienze della mia vita (seppur minime rispetto a certi drammi), mi portano a pensare questo Dio che si gusta le scene di questo mondo non è amore, sa di sadismo.
Noi poveri mortali e peccatori al minimo problema dei nostri figli daremmo il cuore 1000 volte per salvarli, invece il padre celeste non sembra commuoversi alle violenze inaudite che subiscono i suoi figli, tranne che a Lui non gli importa più niente di questo mondo. Se gli importasse agirebbe per almeno limare il male, invece permette il male assoluto! Non si può accettare. Da moltissimi anni sono praticante ed ho toccato anche il cielo nell’essere religioso, quando le cose vanno bene. Invece quando si è investiti dall’onda del male, della sofferenza atroce, riflettendoci cominci a dubitare di quel Dio che hai conosciuto. Personalmente ritengo che Dio esista per forza (è impossibile il creato senza una causa suprema). Però questo Dio che permette tali atrocità mi fa riflettere. Non mi sembra un atteggiamento giusto il Suo, a meno che non dia a tutti gli esseri suoi figli la certezza tangibile dell’aldilà. Ma il fatto che l’uomo non ha questa certezza (è superfluo parlare della Rivelazione, di Gesù che viene e un giorno verrà di nuovo, tanto all’uomo spetta la tangibilità che ha preteso Tommaso, è troppo naturale!) comincia a mettere paura. Non è giusto che io accetti un progetto di salvezza in cui debba credere senza né vedere né toccare, è assurdo! Con tutta la mia buona volontà (cerco la verità, è l’unica cosa interessante a dispetto di questa misera vita) non ho trovato la chiave di lettura di tale progetto. Secondo me non c’è una risposta, se ci sarebbe dovrebbe essere tangibile. Ora come può l’uomo continuare a vivere con l’illusione che non sta SOFFRENDO INVANO? La risposta non può essere soltanto quella di un Dio che si fa uomo e si offre sulla croce per salvarci tutti. Se oggi non riusciamo a toccare la tangibilità dei misteri di Dio, tutto ciò potrebbe anche essere favola o semplice storia umana. Se io soffro (nella sofferenza del creato, dei bambini, delle ingiustizie, di me stesso) e dovrò chiudere gli occhi senza certezze (solo speranza, perché debbo credere a ciò che mi hanno raccontato; ma ogni religione può vantare maestri, storie, leggende, miracoli, profeti, ecc…) non credo sia logico e giusto. Ho paura, ho paura di essere solo. Ho paura che il Dio onnipotente e misericordioso di cui ho sentito parlare sia solo una utopia. È assurdo non trovo risposta.
Grazie dell’attenzione e la saluto.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. come prima risposta alla tua affannosa lettera, viene da ricordare che la Chiesa ha sempre insegnato che il male è un mistero.
E per mistero non intende una realtà assurda, ma una realtà più grande della nostra mente. Sicché quello che comprendiamo è sempre al di sotto della sua pienezza. È il “mai totalmente compreso”.
Tuttavia qualcosa comprendiamo. E adesso io, partendo da alcune tue affermazioni, cerco di presentarti qualche risposta.
2. Dici: “Dio e il male sono inconciliabili” e sigilli quest’affermazione con un dilemma: “o Dio è onnipotente ma non è buono, oppure Dio non è onnipotente ma buono”.
Il ragionamento umano sembra mettere Dio alle corda: o Dio è onnipotente e sadico, oppure sarà buono ma non è onnipotente.
Ma il ragionamento non tiene.
Anzitutto perché devi prima dire chi sia Dio. Tu ne affermi l’esistenza. Ma vai un tantino più in là. Rispondi alla domanda: chi è Dio?
Se non rispondi a questo, non hai la prima chiave di lettura in mano.
Perché il tuo ragionamento “o Dio è onnipotente ma non è buono, oppure Dio non è onnipotente ma buono” mi sembra il ragionamento di uno che di Dio si è formato un concetto sbagliato. Mi pare il ragionamento di uno che di Dio si è fatto l’idea che sia semplicemente un superuomo.
In secondo luogo perché non ci sono soltanto i ragionamenti umani. Ci sono anche quelli divini. E allora perché non ascoltare Dio che risponde a queste domande dell’uomo?
3. In realtà, come ricorda il Concilio, il male e la morte sono un enigma insolubile per l’uomo, se rimane al di qua della fede.
Si possono emettere sentenze, affermando che Dio è sadico, o che la permissione del male è un assurdo. Ma con queste affermazioni non viene data ancora nessuna risposta vitale al problema del male.
Solo la fede dà le ali per volare più in alto e comprendere quello che la ragione da sola non può comprendere.
All’uomo, affannato per tali domande, Dio risponde e dice: “apri le sacre scritture, attraverso le quali ti ho parlato e ti ho dato la risposta”.
Giovanni Paolo II ha detto che “la sacra scrittura è un grande libro sulla sofferenza” (Salvifici doloris, 6).
Se apriamo questo libro, vediamo che il male non esiste in sé e per sé.
È venuto fuori col peccato, con l’abbandono di Dio. Dio ha creato l’uomo a sua immagine, gli ha dato la più alta dignità: quella di essere libero.
E la libertà dell’uomo Dio la prende sul serio. Agisce con lui come fa una mamma col suo figlio: per farlo camminare lo espone al rischio di cadere. Ma se cade, non lo lascia per terra, lo tira su, lo pulisce e gli insegna di nuovo a camminare.
4. Ma andando ancor più in profondità, Dio sembra dire: “la risposta all’amore l’ho data io stesso, con la mia incarnazione e la mia passione, volendo io stesso soffrire, caricandomi io stesso di tutte le sofferenze umane”.
Se Dio non avesse patito, la tentazione di dire che è sadico potrebbe essere forte. Sebbene Aristotele, il grande filosofo pagano, giunto a dire che “Dio è motore immobile” non abbia osato né pensare né dire questo.
La risposta di Cristo è quella riassunta da Giovanni Paolo II nel suo ultimo libro Memoria e identità: “La sofferenza di Dio crocifisso non è soltanto una forma di sofferenza accanto alle altre… Cristo, soffrendo per tutti noi, ha conferito un nuovo senso alla sofferenza, l’ha introdotta in una nuova dimensione, in un nuovo ordine: quello dell’amore… La passione di Cristo sulla Croce ha dato un senso radicalmente nuovo alla sofferenza, l’ha trasformata dal di dentro… è la sofferenza che brucia e consuma il male con la fiamma dell’amore…. Ogni sofferenza umana, ogni dolore, ogni infermità racchiude una promessa di salvezza… Il male… esiste nel mondo anche per risvegliare in noi l’amore, che è dono di sé” (Memoria e identità, pp. 198ss).
Nell’enciclica Salvifici doloris Giovanni Paolo II aveva detto: “La croce di Cristo è diventata una sorgente, dalla quale sgorgano fiumi d’acqua viva. In essa dobbiamo anche riproporre l’interrogativo sul senso della sofferenza, e leggervi sino alla fine la risposta a questo interrogativo” (SD 18).
5. Carissimo, mi dici che non ti accontenti di risposte astratte, ma vuoi tangibilità, concretezza, perché l’uomo ha bisogno di questo.
È verissimo quello che dici.
E allora la risposta al problema del male non la trovi semplicemente in un ragionamento, ma assumendo il dolore con i medesimi sentimenti con cui l’ha assunto Gesù Cristo, trasformandolo dal di dentro. Allora tutto diventa più chiaro, più sopportabile e, soprattutto, carico di senso.
A questo punto mi piace ricordare le parole con le quale Giovanni Paolo II ha introdotto l’enciclica Salvifici doloris, uscita fuori dall’esperienza della sofferenza dell’attentato: “Completo nella mia carne – dice l’apostolo Paolo spiegando il valore salvifico della sofferenza – quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la Chiesa". Queste parole sembrano trovarsi al termine del lungo cammino che si snoda attraverso la sofferenza inserita nella storia dell’uomo e illuminata dalla parola di Dio. Esse hanno quasi il valore di una definitiva scoperta, che viene accompagnata dalla gioia; per questo l’Apostolo scrive: "Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi". La gioia proviene dalla scoperta del senso della sofferenza, e una tale scoperta, anche se vi partecipa in modo personalissimo Paolo di Tarso che scrive queste parole, è al tempo stesso valida per gli altri. L’Apostolo comunica la propria scoperta e ne gioisce a motivo di tutti coloro che essa può aiutare – così come aiutò lui – a penetrare il senso salvifico della sofferenza” (SD 19).
Più avanti, il grande Papa scrive: “Di tale gioia parla l’Apostolo nella lettera ai Colossesi: "Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi". Fonte di gioia diventa il superamento del senso d’inutilità della sofferenza, sensazione che a volte è radicata molto fortemente nell’umana sofferenza…
La scoperta del senso salvifico della sofferenza in unione con Cristo trasforma questa sensazione deprimente… Non solo quindi è utile agli altri, ma per di più adempie un servizio insostituibile. Nel corpo di Cristo, che incessantemente cresce dalla croce del Redentore, proprio la sofferenza, permeata dallo spirito del sacrificio di Cristo, è l’insostituibile mediatrice e autrice dei beni, indispensabili per la salvezza del mondo. È essa, più di ogni altra cosa, a fare strada alla grazia che trasforma le anime umane. Essa, più di ogni altra cosa, rende presenti nella storia dell’umanità le forze della redenzione” (SD 27).
6. Come vedi, la mia risposta è stata lunga, ma ben più lunga ed esaustiva è la divina rivelazione e la risposta che Dio ne ha dato in Cristo, risposta che si comprende solo se si passa ai fatti, e cioè nel vivere l’esperienza della sofferenza con i sentimenti di Gesù e in unione con Lui.
Paolo quest’esperienza l’ha fatta e ne ha esultato tanto da poter dire: “Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Cor 12,10).
Auguro a te, a me e a tutti i nostri visitatori di poter dare una risposta simile a quella di san Paolo. Sarà una risposta concreta, derivante dal vissuto cristiano, capace di toccare le menti e i cuori di molti.
Ti ringrazio del quesito, ti prometto un ricordo nella preghiera e intanto ti benedico.
Padre Angelo