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Quesito
Gentilissimo padre Angelo,
mi chiamo Nicola e, innanzitutto, vorrei ringraziarla a nome mio e credo di tutti quelli che leggono appassionatamente le sue risposte. Sono davvero illuminanti e molte volte toccano le corde del cuore di ognuno.
Volevo chiederle una cosa, o meglio due.
Qual è la differenza tra il verbo "predicare" ed "evangelizzare"?
E da qui nasce la seconda domanda.
A fronte di questa differenza qual è la distinzione tra l’ordine dei domenicani, i vincenziani e i francescani? In che modo questi tre ordini si affacciano e condividono il loro amore per Cristo nei confronti della società? grazie mille per la cortese attenzione e risposta.
La ricorderò in particolar modo nella mia recita quotidiana del Santo Rosario.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. potrei rispondere alla tua prima domanda dicendo che l’evangelizzazione è una forma di predicazione, ma non ogni forma di predicazione è evangelizzazione.
2. L’evangelizzazione consiste nell’annuncio del Vangelo. Non di rado si coincide proprio con il primo annuncio.
Il suo obiettivo primario è la diffusione del Vangelo.
3. Paolo VI, nell’esortazione Evangelii enuntiandi, dice: “Nessuna definizione parziale e frammentaria può dare ragione della realtà ricca, complessa e dinamica, quale è quella dell’evangelizzazione, senza correre il rischio di impoverirla e perfino di mutilarla.
È impossibile capirla, se non si cerca di abbracciare con lo sguardo tutti gli elementi essenziali (EE 17).
E poi: “Evangelizzare, per la Chiesa, è portare la Buona Novella in tutti gli strati dell’umanità, è, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l’umanità stessa: «Ecco io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5)” (EE 18).
4. La predicazione è più ampia dell’evangelizzazione. Certamente la comprende, ma non si esaurisce in essa.
San Tommaso dice che “i predicatori debbono illuminare a riguardo di ciò che si deve credere, dirigere nell’operare, indicare quanto è evitare e predicare agli uomini ora minacciando ora esortando” (Commento al vangelo di Matteo).
Se l’evangelizzazione ha per fine la diffusione del Regno di Dio, potrei dire che la predicazione ha per obiettivo la radicazione del Regno di Dio in modo tale che ognuno sia pronto a rendere ragione della speranza che ha nel cuore.
La predicazione si esprime in tantissime maniere. Una delle più comuni e diffuse è la catechesi. Ma poi c’è anche l’insegnamento, la predicazione fatta nelle forme tradizionali, le rappresentazioni sacre, le opere d’arte, ecc….
Alla predicazione si riferisce San Paolo quando scrive a Timoteo: “annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento” (2 Tm 4,2).
5. Mi chiedi poi quale sia la differenza tra alcune istituzioni religiose, come quella fra i domenicani, i francescani e i vincenziani.
Forse mi poni la domanda perché tutti i religiosi di queste tre istituzioni predicano, sebbene i vincenziani, oltre la predicazione, abbiano come scopo anche l’assistenza ai poveri.
Potrei dire che la differenza non sta tanto nella predicazione in quanto tale, ma nello stile di vita (carisma) da cui la loro predicazione scaturisce.
6. La predicazione domenicana ad esempio si qualifica come una predicazione che sgorga dalla contemplazione.
Il padre V. Bernadot, nel libro che è pubblicato anche nel nostro sito, scrive: “Anzitutto la predicazione e l’insegnamento non sono direttamente lo scopo dell’Ordine (domenicano), perchè se l’insegnamento e la predicazione non derivano dalla pienezza della contemplazione, al dire di San Tommaso, sono opere di vita attiva e non di vita apostolica.
I teologi della scuola di Salamanca dicono che «la predicazione e l’insegnamento dottrinale che non provengono dalla sovrabbondanza della contemplazione sono opere di vita attiva… La religione mista, più perfetta delle altre, simile alla vita di Gesù Cristo, degli Apostoli e dei Vescovi, non mette al primo posto l’atto della predicazione o dell’insegnamento, ma anzitutto e principalmente s’applica alla contemplazione, e poi per riflesso di questa contemplazione si dedica ad opere riguardanti il prossimo. Senza la contemplazione verrebbe a mancare molta perfezione alla predicazione e all’insegnamento dottrinale».
Ne segue che nel nostro Ordine la contemplazione non può essere considerata come un mezzo, fosse pure il primo di tutti, per compiere perfettamente il santo ministero. Infatti è proprio della vita attiva il subordinare la contemplazione all’azione. Quale è la congregazione di vita attiva che non ordina esercizi pii, orazioni, letture, a volte prolungate, per preparare il religioso a un serio ministero verso il prossimo? «Se il religioso si applica alla preghiera e allo studio, non principalmente per la contemplazione stessa, ma in vista di un’opera di vita attiva, per essere capace di predicare e d’insegnare, la sua applicazione alla contemplazione si riduce allora alla vita attiva, perchè essa si propone principalmente un’azione esteriore. E un simile impegno è molto imperfetto, perché non avrebbe una carità perfettamente ordinata, dal momento che ciò che deve essere amato come fine e prima di tutto viene solo in vista di un’attività esterna»”.
7. Sulla differenza tra domenicani e francescani riprendo quanto a suo tempo aveva detto Santa Caterina da Siena o, meglio, l’Eterno Padre parlando con Santa Caterina:
“Pensa a Francesco: con quale perfezione e profumo di povertà, con le perle delle virtù, egli ordinò la navicella del suo Ordine, drizzandone la prua verso l’alta perfezione – ed egli per primo la praticò – dando ai suoi fratelli per sposa la vera e santa povertà, che per primo egli aveva eletta per sé, abbracciando la mortificazione. Spiacendo a se stesso, non desiderava di piacere ad alcuna creatura, ma solo alla mia volontà; anzi desiderava di essere calpestato dal mondo, macerando il corpo e uccidendo la volontà, vestito di obbrobri, pene e vituperi per amore dell’umile Agnello, con il quale si era confitto e inchiodato sulla croce per slancio d’amore. Tanto che per grazia singolare apparvero nel suo corpo le piaghe della mia Verità, così che appariva esteriormente, nel vaso del suo corpo, quel che albergava nell’affetto del suo animo. In questo modo egli aprì la via ai suoi fratelli. Ma tu dirai: Forse che le altre navicelle, cioè gli altri Ordini religiosi, non sono fondate sullo stesso fondamento della povertà? Sì, ma anche se così fosse, in ognuna può non essere la virtù principale, perché avviene quel che avviene delle virtù: che tutte hanno vita dalla carità, e tuttavia, come ti ho detto altrove, a chi è propria l’una e a chi l’altra, anche se tutte stanno nella carità. Così è di questi. Al poverello Francesco fu propria la vera povertà, di cui egli fece il principio della sua navicella, per slancio d’amore, con strettissima osservanza che è di gente perfetta e non comune, di pochi e buoni. ‘‘Pochi’, dico, perché non son certo molti quelli che scelgono questa perfezione. Ma per il moltiplicarsi dei difetti si sono moltiplicati in numero e diminuiti in virtù, e ciò non già per difetto della navicella, ma per la disobbedienza dei sudditi e dei cattivi governatori.
Se tu poi pensi alla navicella del padre tuo, Domenico, mio figlio diletto, egli l’ha ordinata perfettamente, perché volle che i suoi attendessero solo all’onore mio e alla salvezza delle anime col lume della scienza. Su questo lume volle porre il suo principio, non togliendo però la povertà vera e volontaria. Anzi, l’ebbe, e in segno di povertà e di odio per il suo contrario, lasciò per testamento in eredità ai suoi figlioli la sua maledizione, qualora essi possedessero o tenessero qualcosa per sé, in comune o in privato: segno che egli aveva eletta come sua sposa questa regina che è la povertà. Ma quale obiettivo più specifico egli scelse il lume della scienza, per estirpare gli errori che in quel tempo si erano diffusi. Egli assunse dunque l’ufficio del Verbo unigenito mio Figlio. Addirittura un apostolo egli sembrava nel mondo, tanta era la verità e il lume con cui seminava la mia parola, togliendo via le tenebre e donando luce. Egli fu un lume che Io offrii al mondo per mezzo di Maria, posto nel corpo mistico della santa Chiesa come estirpatore di eresie. Perché ho detto ‘‘Per mezzo di Maria’? Perché a lei fu commesso dalla mia bontà l’ufficio di dargli l’abito. Su quale mensa egli fa nutrire i suoi figlioli col lume della scienza? Alla mensa della croce; sulla croce è posta la mensa del santo desiderio, dove ci si ciba di anime in mio onore. Egli non vuole che i suoi figli ad altro attendano che a stare su questa mensa col lume della scienza, cercando soltanto la gloria e la lode del mio nome e la salvezza delle anime. E affinché niente li distragga, toglie loro la cura delle cose temporali, e vuole che siano poveri. Forse che mancava di fede, temendo che non fossero poi provveduti del necessario? No, ché anzi tanto ne era rivestito, che sperava fermamente nella mia provvidenza” (Dialogo della Divina Provvidenza, versione in italiano corrente a cura di M.A. Raschini, pp. 432-435).
8. I vincenziani o lazzaristi non sono un ordine religioso, ma una congregazione e pertanto hanno voti semplici.
Rinnovano i voti ogni anno. Il loro Fondatore, san Vincenzo de Paoli caratterizzava i “signori della Missione” (così vengono anche chiamati) come "certosini in casa, apostoli fuori".
Diede loro come scopo di prendersi cura della formazione dei seminaristi, soprattutto poveri, e la predicazione ai poveri.
La loro predicazione, pertanto, è più mirata ad alcuni ambienti.
Il vincolo comunitario tra i vincenziani è sentito diversamente che tra i domenicani e francescani. Il loro fondatore li voleva liberi per l’apostolato.
Ti ringrazio molto per il ricordo quotidiano nel Santo Rosario. Farò altrettanto.
Ti saluto e ti benedico.
Padre Angelo