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Quesito
Gentile Padre Angelo,
ho scoperto con grande, positiva, meraviglia, la chiarezza, specificità e puntualità dei contenuti da lei divulgati attraverso le sue preziose ed esaurienti risposte ai quesiti di noi miseri peccatori, malgrado la “ruvidezza” degli argomenti trattati. Questa meraviglia scaturisce dal non essere ancora riuscito, all’età di 48 anni, ad avere risposte esaurienti e chiare da parte dei vari sacerdoti, di volta in volta interpellati. Avrà indovinato, la solita etica coniugale! Ebbene sì, alla mia età, dopo le sedute di catechismo pre eucaristico (voglio sottolineare, avvenute durante gli anni sessanta, quando il “Male” era ancora chiamato “Diavolo”), il corso pre matrimoniale e l’attenta lettura del Catechismo della Chiesa Cattolica, ancora avevo le idee piuttosto confuse riguardo al sesto e al nono comandamento. Dopo la lettura delle risposte ad alcuni quesiti postile, ho certamente le idee più chiare, e di questo la ringrazio infinitamente e devotamente, mentre la incito a proseguire lungo questa strada; forse non immagina (ma credo, invece, meglio di me) quante coppie, all’interno (o meno) del matrimonio, si riducono in una crisi spesso, purtroppo, grave ed irreversibile, anche per essere privi di una guida rassicurante ma, nello stesso tempo, chiara e perentoria.
Desidero premettere che sono cattolico osservante, sposato e con due adorate figlie, un matrimonio basato, dall’origine, su un grande amore giovanile, e dico questo non per promuovermi, ai suoi occhi; se mi presento a lei ancora con “certi” dubbi è ben chiaro che mi sento un peccatore, e di quelli forti; soltanto vorrei le fosse altrettanto chiaro che questa richiesta rappresenta, per me, uno dei molti, reiterati, presidi che ricerco, insieme ai canonici (preghiera, riconciliazione ed eucaristia) per oppormi al male (o al Diavolo!). Aggiungo, se mi permette, una piccola considerazione: dopo tutta la “trafila” sopra accennata, gli sforzi continui svolti, la conseguente amarezza e senso di inadeguatezza e di sconforto, davanti a Dio, per i miei peccati, mi sembra (appena) di aver capito che l’essenza del cammino di un buon credente sia, molto semplicemente, cercare di piacere a Gesù, e di non procurargli dolore, che, peraltro, prova di riflesso, per l’offesa a noi stessi procurataci. E magari vi riuscissi, ma tento, questo lo posso dire, con tutte le energie, anche se con modesti risultati.
Veniamo ai dubbi. Dovrò essere brutale e molto esplicito, anche se mi viene in moderato aiuto la terminologia latina, e questo mio malgrado. Mi scuso anticipatamente.
Mi risulta ancora difficile discernere la liceità o meno di alcune pratiche che, nel mio caso, preludono l’atto coniugale vero e proprio; sarebbe molto facile, per così dire, scremare, ed evitarle a priori, se non fosse che esse risultano, per me e per mia moglie, oltre che, come detto, difficili da qualificare, quasi imprescindibili dell’atto stesso, e si manifestano con un’attrattiva fortissima, che non saprei meglio definire come diabolica. Da queste ultime parole capirà che tale pratica non è vissuta serenamente.
Mi riferisco al cunnilinctus (per chiarezza, da parte mia nei confronti della zona genitale di mia moglie) ed alla fellatio (da parte di mia moglie nei confronti della mia). Devo precisare che questi atti, quando svolti, non sono condotti all’orgasmo, sono esclusivamente preliminari all’atto coniugale, e funzionali al raggiungimento di uno stato di eccitazione propedeutico a tale atto, eccitazione le cui dinamiche tendono al rallentamento, vuoi per l’età che per il tenore stressante della vita. Talvolta, sono accompagnati da un accenno di masturbazione reciproca. Collegandomi al successivo quesito, sulla contraccezione, forzosamente e considerandolo un male minore, l’atto coniugale viene completato con il coito interrotto.
Nel mio ragionamento, sono portato a considerare i gesti di cui sopra, in fondo, null’altro che baci e carezze. Il piacere indotto da tali baci, nel contesto di un gioco amoroso in cui tende ad attenuarsi la razionalità ed a prevalere l’istinto, viene pur ricercato, inducendoci vicendevolmente nella condizione di maggiore eccitazione possibile, per meglio soddisfare l’altro, quindi con spirito altruistico, improntato ad amore reciproco (o così crediamo!).
L’atto coniugale (probabilmente fortemente snaturato) così concluso, al contrario delle aspettative, genera però, successivamente, una sensazione di disagio, se non di amarezza, meglio, di non totale appagamento, che non riesco a discernere se sia conseguenza dello sconforto, che sempre accompagna il peccato, piuttosto che della disconoscenza che esso, per la particolarità del nostro caso, vedi il capoverso successivo, non sia, piuttosto, corretto nelle sue modalità. Ciò mi induce, inoltre, a non vivere serenamente il rapporto con Dio e con l’Eucaristia, sentendo il bisogno di dovermi reiteratamente confessare; nello stesso tempo, evidentemente, non riesco a liberarmi, come detto, o dal male in sé o dal dubbio esposto.
Per inciso, da una sua risposta del 01-06-2007, mi sembra di intendere che il sesso orale, come pure la masturbazione reciproca e addirittura il sesso anale, se non portati all’orgasmo, e solo nel caso in cui uno o tutti e due i partner soffrano di frigidità, possono essere considerati preliminari leciti.
Vorrei un chiarimento che possa definitivamente dirimere i dubbi di cui sopra.
Mia moglie, dopo un tumore al seno e la conseguente terapia, è andata in menopausa farmacologia, a 43 anni, quindi precocemente. Per avere una relativa certezza di infecondità dovrà trascorrere ancora più di un anno. Per lei, o meglio per la migliore profilassi delle possibili recidive, una eventuale gravidanza potrebbe essere fortemente controindicata, determinando uno squilibrio ormonale ed una interruzione della terapia ormonale che sta effettuando e che, insieme alla chemioterapia, l’ha condotta, appunto, alla menopausa; infatti tale condizione dovrà essere mantenuta, a detta dei medici, ad ogni costo, come ulteriore ostacolo alle recidive. In questo caso, non sembrando opportuna, né attuabile, l’adozione di un regime di castità completa, né l’adozione di metodi naturali, mancandone le condizioni attuative, vorrei sapere se è lecita una forma di contraccezione e, se si , quale.
Legato a quest’ultimo aspetto, ma non di interesse personale, ormai, vi è, o meglio, vi fù, in me, un forte disagio, nell’accettare la congruenza fra il rispetto del disegno divino, espresso attraverso l’uso dei metodi contraccettivi naturali, e l’intenzionalità di evitare una gravidanza. Le artificiose e spersonalizzanti procedure ad essi legate, l’elaborazione di calcoli e tabelle, a mio avviso, rimarcano, in maniera ancora più incisiva, questo aspetto, appunto, di intenzionalità, di espressione della precisa volontà di raggiungere l’obiettivo di evitare, o, comunque, di rendere improbabile, la formazione di una nuova vita. Come si può, mi chiedo, sentirsi in sintonia con il progetto unitivo-procreativo, connaturato all’unione matrimoniale, a fronte dell’evidenza che il fine contraccettivo viene così esplicitamente perseguito?
Accetto di buon grado, come in confessione, le indicazioni ed i precetti di vita spirituale che riterrà utili.
Per quello che può valere, indegnamente, la ricorderò nelle mie preghiere
La ringrazio molto e la saluto calorosamente.
G.
Risposta del sacerdote
Carissimo G.,
ti ringrazio anzitutto per gli apprezzamenti relativi alle nostre risposte.
La lode in definitiva va al Signore, perché si tratta delle sue vie e perché continua ad assistere la Chiesa nel trasmettere pura la sua dottrina.
Ti sono anche particolarmente vicino per la prova cui è sottoposta la tua vita a motivo della malattia della moglie. Ti assicuro la mia preghiera perché tutto si risolva a maggior gloria di Dio e soddisfazione vostra.
Vengo ora ai problemi cui hai accennato.
1. La Chiesa tiene presente il significato intrinseco dell’atto coniugale che per la sua stessa struttura e finalità è ordinato alla procreazione.
Poiché si tratta di un atto compiuto da persone umane è essenzialmente un atto in cui tutta la persona si raccoglie e si dona. È pertanto un gesto di amore.
Ma rimane gesto di amore solo se conserva tutti i suoi intrinseci significati, e innanzitutto quello di suscitare la vita.
Diversamente diventa un gesto in cui, per dirla secondo il linguaggio comune, “si fa sesso”.
2. Il ricorso ai ritmi naturali di fertilità sia per cercare le nascite sia per distanziarle non è considerato dalla Chiesa un metodo di contraccezione naturale.
Se fosse inteso e praticato così, non vi sarebbe alcuna differenza dalla contraccezione “artificiale” (coito interrotto e altro).
Per questo Giovanni Paolo II ha detto che “l’usufruire dei periodi infecondi nella convivenza coniugale può diventare sorgente di abusi” (5.9.1984) e che “la persona non può mai essere considerata un mezzo per raggiungere uno scopo; mai, soprattutto, un mezzo di “godimento”. Essa è e dev’essere solo il fine di ogni atto. Solo allora corrisponde alla vera dignità della persona” (Gratissimam sane, 12).
Il ricorso ai ritmi naturali è lecito all’interno di un cammino di castità, vale a dire di rispetto di se stessi, dell’altro, del proprio corpo e del disegno divino inscritto nel gesto sessuale.
Pertanto si tratta di uno stile di vita per il quale si vive come alleati della sapienza divina, che anche attraverso quei gesti conduce alla santità.
3. Al contrario la contraccezione snatura l’atto del suo significato, allontana da Dio, rende l’uomo arbitro di se stesso e prigioniero della concupiscenza. Il mancato appagamento trova qui i suoi motivi.
Nell’atto coniugale compiuto invece secondo il progetto di Dio, tutta la persona si raccoglie e si dona nelle sue componenti corporali e spirituali. Ed è proprio questa donazione totale il segreto dell’appagamento.
L’appagamento è legato alla pienezza. Anche a tavola non si è appagati se si mangia poco o si mangia male. Appagamento, contentezza e pienezza vanno di pari passo.
Ugualmente nell’ambito coniugale: la mancata donazione della totalità degli elementi corporali o la mancata donazione del proprio io tolgono qualcosa di essenziale all’atto coniugale. E mancando la donazione totale, viene a mancare anche l’appagamento.
4. Baci e carezze di per sé non toccano l’ambito della sessualità, ma la possono coinvolgere.
Qualora la coinvolgessero e avessero come obiettivo la polluzione o la masturbazione, allora si tratterebbe di atti che assumono la malizia dell’obiettivo perseguito.
Se invece accompagnano l’atto compiuto secondo i disegni di Dio, ne assumono la bontà e la meritorietà.
5. Mi dici che cercate “vicendevolmente la maggiore eccitazione possibile, per meglio soddisfare l’altro, quindi con spirito altruistico, improntato ad amore reciproco (o così crediamo!)”.
In questo, di per sé non c’è alcun male. Il male non è nel piacere o nella sua intensità. Diversamente sarebbe un peccato anche gustare i cibi e le bevande.
Il peccato, e cioè l’offesa a Dio, sta in teoria nel non fidarsi di lui e della sua legge, e in concreto nel profanare il proprio corpo (dicendo proprio intendo anche quello del coniuge, perché ormai “i due sono una cosa sola”) e la propria persona riducendoli da soggetto al quale ci si dona in totalità a oggetto di godimento.
L’altruismo nel dare all’altro il massimo di piacere sarebbe una cosa ottima.
Ma questo altruismo non può costare il degrado dell’altro, la profanazione del suo corpo e della sua persona. Non può costare soprattutto il venir meno dell’alleanza con Dio, il rispetto delle sue sapientissime leggi e in definitiva la perdita del bene più grande: l’unione con Lui.
6. Mi dici anche che “l’atto coniugale (probabilmente fortemente snaturato) così concluso, al contrario delle aspettative, genera però, successivamente, una sensazione di disagio, se non di amarezza, meglio, di non totale appagamento”.
Un nostro visitatore ci ha scritto di recente: “Dopo che ho usato il preservativo mi sento male. Dopo che ho peccato sono peggiore, sono più nervoso, più pigro, più distratto nella preghiera, ecc…”.
Io gli ho risposto: “Sono convintissimo di tutto questo. Come diceva Giovanni Paolo II, il peccato è sempre un atto suicida e si rivolta contro colui che lo compie con una oscura e potente forza di distruzione (Reconciliatio et paenitentia, 17).
E gli ho ricordato che il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che la purezza libera l’amore umano dall’egoismo e dall’aggressività.
7. Mi dici inoltre che questo ti “induce a non vivere serenamente il rapporto con Dio e con l’Eucaristia, sentendo il bisogno di dovermi reiteratamente confessare”.
Fai bene a confessarti. Non desistere mai di accedere con frequenza a questo sacramento che ridona dignità, pace e soprattutto unione con Dio.
8. Infine mi chiedi se nella tua situazione, e soprattutto nella situazione di tua mogie, sia “lecita una forma di contraccezione e, se sì, quale”.
Giovanni Paolo II il 17.9.1983 ha detto che “la contraccezione è da giudicare oggettivamente così profondamente illecita da non potere mai, per nessuna ragione, essere giustificata”.
E ha aggiunto: “Pensare o dire il contrario, equivale a ritenere che nella vita umana si possano dare situazioni nelle quali sia lecito non riconoscere Dio come Dio”.
La contraccezione non è un male perché è proibita, ma perché è un male in se stessa e fa male spiritualmente e talvolta ha conseguenze negative sotto il profilo e psicologico e biologico.
9. Rimane il cammino di castità, che è un vero cammino di amore.
In proposito Giovanni Paolo II fa detto: “Se la castità coniugale si manifesta dapprima come capacità di resistere alla concupiscenza della carne, in seguito essa gradualmente si rivela quale singolare capacità di percepire, amare e attuare quei significati del ‘linguaggio del corpo’, che rimangono del tutto sconosciuti alla concupiscenza stessa e che progressivamente arricchiscono il dialogo sponsale dei coniugi, purificandolo, approfondendolo ed insieme semplificandolo.
Perciò quell’ascesi della continenza, di cui parla l’enciclica (Humanae Vitae 21), non comporta l’impoverimento delle ‘manifestazioni affettive, anzi le rende più intense spiritualmente, e quindi ne comporta l’arricchimento”(24.10.1984).
Questa castità adesso è richiesta anche a te.
Un documento del magistero della Chiesa ricorda che nella vita di tutti, sia di quanti vivono nel celibato come di quelli che vivono nel matrimonio “di fatto capitano in un modo o nell’altro per periodi di più breve o di più lunga durata, delle situazioni in cui siano indispensabili atti eroici di virtù” (pontificio consiglio per la famiglia, Sessualità umana: verità e significato, 19).
Vedrai che alla fine sarai contento e che quello che ti sembrava impossibile, con l’aiuto del Signore e con la tua buona volontà, è diventato possibile.
Sopratutto vedrai che l’amore per tua moglie sarà più bello, più grande, più puro e più affascinante.
10. Non entro nel discorso dei metodi naturali che possono sembrare artificiosi come quello cui tu alludi. Ma quel metodo ormai è stato perfezionato e potrei dire superato da altri metodi, come ad esempio il Billings o il sintotermico.
Si tratta di metodi che ben lungi dalla contraccezione, che talvolta è davvero artificiosa e umiliante, manifestano che l’uomo, proprio perché è razionale, è capace di suscitare emozioni vere, profonde e durature, al di là del richiamo degli istinti e delle passioni.
Ti ringrazio della fiducia che hai riposto in noi.
Ti ringrazio della preghiera che fai per me. Ci tengo molto.
Ti assicuro la mia e già fin d’ora benedico te e tua moglie.
Padre Angelo