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Gentile Padre Angelo
È da diverso tempo che mi interrogo sul con concetto di “pentimento” quale elemento fondamentale per ottenere l’assoluzione in confessione.
La mia domanda è questa:
Premesso che, a mio avviso, elemento fondamentale del pentimento è l’intenzione di non ripetere più la stessa azione. Cosa vuol dire essere PENTITI?
Vuol dire affermare a se stessi e a Dio “Mi dispiace per quanto ho fatto!”?;
Oppure vuol dire affermare “Se potessi tornare indietro, non lo rifarei!”?
La ringrazio per il suo tempo e spero possa darmi una risposta.
Grazie
Alberto
Caro Alberto,
1. hai accennato a due sentimenti che certamente fanno parte del pentimento: il dispiacere per quanto si è fatto e desiderare – se fosse possibile, tornare indietro per non ripetere il medesimo errore e non offendere il Signore.
A questi due sentimenti se ne deve aggiungere un terzo.
Ma procediamo per gradi.
2. Una persona è veramente pentita quando “abbandona totalmente l’affetto del peccato” (San Tommaso, Supplemento alla Somma teologica, 1,1).
Ciò comporta quel rinnovamento interiore che “fa recedere l’uomo dal proprio sentire” (Ib.) e fa sciogliere la durezza del suo cuore.
Per questo il pentimento è stato definito anche così: è “il dolore volontario dei peccati, pronto a punire quanto uno si pente di aver commesso” (ps Sant’Agostino, De vera et falsa poenitantia, 8).
3. È un “dolore … pronto a punire”.
Il nostro peccato è già stato punito sul corpo di Nostro Signore durante la sua passione e morte.
Lo sguardo fisso su Gesù fa scaturire tre sentimenti.
Il primo è la detestazione del peccato, e cioè il dispiacere di averlo commesso e di aver rinnovato nel proprio cuore la crocifissione del Signore (Ebr 6,6).
Per questo non si vorrebbe averlo compiuto in nessun modo.
È il ripudio del peccato.
4. Il secondo comporta la volontà di eliminare il peccato dalla nostra anima perché la rende incapace di essere abitata da Gesù, il Signore della gloria e della grazia.
Senza questa presenza la nostra anima non solo è macchiata, ma è priva di quel bene per il quale Davide diceva: “Senza di te non ho alcun bene” (Sal 16,2).
Potremmo anche avere tutto, ma senza il bene della grazia, tutto è privo di consistenza. È come se avessimo nulla.
Questa volontà di eliminare il peccato si attua nella decisione di andarsi a confessare.
Perché è ben qui che la nostra anima viene purificata, sanata e santificata.
5. Per questo Sant’Isidoro diceva che il pentimento “è compunzione e umiltà d’animo, accompagnata dalle lacrime, derivante dal ricordo del peccato e dal timore del giudizio” (De Summo bono, 2,12).
6. Il terzo sentimento guarda al futuro e si esprime nel proposito di non compiere più una simile stoltezza.
In questo sguardo rivolto al futuro è compreso anche il timore del giudizio di Dio, davanti al cui tribunale saremo chiamati a rendere conto di tutto se nel frattempo non lo avremo eliminato dalla nostra vita mediante la confessione.
È questo il sentimento che va aggiunto ai due da te menzionati.
Con l’augurio di ricevere da Dio la grazia del pentimento ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo