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Quesito

Buonasera padre,
Potrei sapere come si potrebbe spiegare il purgatorio e perché si va in Purgatorio se Cristo ha già perdonato le nostre colpe e ha pagato per noi?  E riguardo la confessione? Perché quella diretta con Dio non è valida senza un sacerdote?


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. è vero che Cristo ha espiato tutti i nostri peccati.
Li ha espiati in maniera sovrabbondante.
Tuttavia perché la sua redenzione ci venga applicata è necessario accoglierla.
Diversamente bisognerebbe concludere che non importa avere la fede e che all’inferno non ci va nessuno.
Il che evidentemente è contrario alla Sacra Scrittura.

2. Poiché l’inferno è auto esclusione dalla comunione con Dio, se non esistesse l’inferno bisognerebbe concludere che si sarebbe costretti ad amare Dio anche se non lo si vuole.
Questo è un assurdo, perché c’è amore solo dove c’è volontà di amare.

3. Gesù invece ha detto chiaramente che alcuni andranno all’inferno: “Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato” (Mt 25,41-43). 

4. E, soprattutto a proposito di quelli che dicono che è sufficiente la fede per salvarsi e che le buone opere non contano si legge nel Vangelo che “un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: «Signore, aprici!». Ma egli vi risponderà: «Non so di dove siete». Allora comincerete a dire: «Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze». Ma egli vi dichiarerà: «Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!” (Lc 13,24-27).

5. Sull’esistenza e sulla necessità del Purgatorio ho parlato molte volte. Puoi cliccare sul motore di ricerca del nostro sito.
Tuttavia è sufficiente ricordare quanto si legge nell’Apocalisse dove si dice che nella Gerusalemme celeste, cioè in paradiso, “non entrerà nulla d’impuro” (Ap 21,27).

6. Tra le impurità è doveroso distinguere tra quelle che sono gravi e quelle lievi.
L’affermazione dell’Apocalisse riguarda ogni impurità.
Di qui la necessità di un’interiore purificazione per le impurità anche solo lievi.
Questa purificazione non è una condanna, ma è una grande misericordia da parte di Dio.
È per questo che la Chiesa fin dall’inizio ha celebrato l’Eucaristia in suffragio dei defunti nelle catacombe, soprattutto nel giorno anniversario della loro morte.

7. Passiamo adesso alla domanda sulla confessione.
Anche su questo argomento puoi cliccare sul motore di ricerca del nostro sito e trovare molte risposte.
Ma spendo volentieri un’altra parola per te perché sei di estrazione evangelica.
Domandare perdono a Dio per i nostri peccati nel profondo del nostro cuore è la cosa più ovvia e necessaria.
Se non c’è pentimento, non c’è nessuna remissione dei peccati.

8. Tuttavia questo pentimento, pur essendo necessario, non è ancora sufficiente perché Gesù, la sera del giorno della sua risurrezione, ha istituito il sacramento della confessione o penitenza con le seguenti parole: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20,23).
Come si vede, Gesù Cristo ha legato il suo perdono al perdono della Chiesa.
Ha detto che i peccati rimangono e non vengono rimessi se la Chiesa non li rimette.

9. Ci si può domandare perché Gesù abbia voluto legare il suo perdono al perdono della Chiesa.
Ecco la risposta data da Giovanni Paolo II: “Poiché col peccato l’uomo rifiuta di sottomettersi a Dio, anche il suo equilibrio interiore si rompe e proprio al suo interno scoppiano contraddizioni e conflitti. Così lacerato, l’uomo produce quasi inevitabilmente una lacerazione nel tessuto dei suoi rapporti con gli altri uomini e col mondo creato. È una legge e un fatto oggettivo, che hanno riscontro in tanti momenti della psicologia umana e della vita spirituale, come pure nella realtà della vita sociale, dov’è facile osservare le ripercussioni e i segni del disordine interiore” (Reconciliatio et Paenitentia, 15).

10. E poiché ogni persona “in virtù di una solidarietà umana tanto misteriosa e impercettibile quanto reale e concreta” (RP 16) è intimamente relazionata con le altre, “il peccato di ognuno si ripercuote in qualche modo anche sugli altri. È questa l’altra faccia di quella solidarietà che a livello religioso si sviluppa nel profondo e magnifico mistero della comunione dei santi, grazie alla quale si è potuto dire che ogni anima che si eleva, eleva il mondo.
A questa legge dell’ascesa corrisponde, purtroppo, la legge della discesa, sicché si può parlare di una comunione nel peccato, per cui un’anima che si abbassa per il peccato abbassa con sé la chiesa e, in qualche modo, il mondo intero.
In altri termini, non c’è alcun peccato, anche il più intimo e segreto, il più strettamente individuale, che riguardi esclusivamente colui che lo commette.
Ogni peccato si ripercuote, con maggiore o minore veemenza, con maggiore o minore danno, su tutta la compagine ecclesiale e sull’intera famiglia umana” (RP 16).
Ora con il sacramento della confessione domandiamo perdono e ci riconciliamo simultaneamente con Dio e con la Chiesa.
Ed è per questo che fin dall’inizio, come è attestato dalla Didaché (uno scritto della seconda metà del I secolo e antecedente ad alcuni libri sacri del Nuovo Testamento), i credenti prima della celebrazione eucaristica, chiamata quei tempi frazione del pane, dovevano confessare i loro peccati.

11. Va ricordato infine che, proprio dalle parole con cui Cristo è istituito il sacramento, la confessione possiede un duplice significato: giudiziale e terapeutico o medicinale.
Sull’aspetto giudiziale Giovanni Paolo II ha affermato: “Questo Sacramento è, secondo la più antica tradizionale concezione, una specie di azione giudiziaria; ma questa si svolge presso un tribunale di misericordia, più che di stretta e rigorosa giustizia, il quale non è paragonabile che per analogia ai tribunali umani, cioè in quanto il peccatore vi svela i suoi peccati e la sua condizione di creatura soggetta al peccato; si impegna a rinunciare e a combattere il peccato; accetta la pena (penitenza sacramentale) che il confessore gli impone e ne riceve l’assoluzione” (RP 31,II).

12. Oltre al carattere giudiziale, vi è anche quello “terapeutico o medicinale”.
Nell’antichità cristiana l’opera redentrice viene chiamata “medicina salutis”.
“Io voglio curare, non accusare”, diceva Sant’Agostino a proposito della pastorale penitenziale (Sermo 82,8).
“È grazie alla medicina della confessione che l’esperienza del peccato non degenera in disperazione” (RP 31,II).
“Tribunale di misericordia o luogo di guarigione spirituale, sotto entrambi gli aspetti, il sacramento esige una conoscenza dell’intimo del peccatore per poterlo giudicare e assolvere, per curarlo e guarirlo.
E proprio per questo implica da parte del penitente un’accusa sincera e completa dei peccati, che ha pertanto ragion d’essere non solo ispirata a motivi ascetici (quale esercizio di umiltà e mortificazione), ma inerente alla natura stessa del Sacramento” (RP 31,II).

13. Per questo la Chiesa, fin dai primi tempi cristiani, in collegamento con gli apostoli e con Cristo, insegna che l’accusa dei peccati è inclusa nel segno sacramentale della penitenza.
Senza di essa il sacerdote non potrebbe svolgere il suo ruolo di giudice e di medico.
Il Concilio di Trento dopo aver osservato che “i sacerdoti non potrebbero né esercitare questo potere giudiziale senza conoscere la causa né osservare l’equità nell’imporre le pene se i fedeli stessi non dichiarassero prima i loro peccati non solo in genere ma anche in specie e singolarmente” conclude così: “Se qualcuno affermasse che la confessione sacramentale non è stata istituita o non è necessaria alla salvezza di diritto divino; oppure che il modo di confessarsi in segreto al solo sacerdote, che la Chiesa cattolica ha sempre osservato e osserva, è contrario all’istituzione e al comando di Cristo, ed è un’invenzione umana, sia scomunicato” (DS 1706).

Ti benedico, ti ricordo nella preghiera e ti auguro la remissione di tutti peccati sia per mezzo del battesimo (il nostro visitatore non è ancora battezzato) sia successivamente per mezzo della confessione sacramentale.
Padre Angelo