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Quesito
Caro Padre Angelo buongiorno,
perdoni la mia durezza di comprendonio ma io ancora non riesco a capire perché, per liberare gli uomini dal peccato, Cristo ha dovuto soffrire sulla croce.
E perché dobbiamo aggiungere, alle sofferenze di Cristo, le nostre sofferenze per ciò che manca ai suoi patimenti a favore del suo corpo che è la Chiesa. Sembra che tutto passi attraverso la sofferenza. Chi è che la esige? Devo confessare che di tutto ciò, di tutta questa mistica della sofferenza che ho trovato anche negli scritti di Teresa di Lisieux e di Faustina Kowalska, anche se credente, riesco a comprendere ben poco. Riesco ad accettarla pensando che con il mio cervello da creatura umana non sono in grado di capire e penetrare questi misteri che ci saranno svelati, finalmente, nel giorno della Rivelazione.
Le sarei gratissimo se potesse chiarirmi un po’ le idee, anche perché, quando mi confronto con persone che non credono, e ce ne sono molte nell’ambito delle mie conoscenze e famiglia, non so spiegare cose che non capisco neanch’io.
Io credo. Mi sento attratto da Dio. So che la Chiesa, con tutti i suoi errori del passato e con i difetti di oggi, sta nel giusto ma tante cose, tra le quali l’argomento di questa lettera, non riesco a spiegarmele e a spiegarle razionalmente.
Con stima ed affetto,
Luigi C.
Risposta del sacerdote
Carissimo Luigi,
1. per liberare l’uomo dal peccato di per sé noi non era necessario che Cristo patisse. Con un colpo di spugna Dio poteva cancellare tutto.
Ma i decreti del Signore, che sono molto più lungimiranti dei nostri, hanno voluto che Cristo patisse perché il peccato non venisse solo coperto, ma espiato.
Cristo l’ha espiato al posto nostro. Ha pagato tutto e in maniera sovrabbondante perché il peccato non ci venisse rinfacciato.
Così Gesù ha compiuto ogni giustizia.
Per questo il Signore stesso ha detto a Nicodemo: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato (sulla croce, n.d.r.) il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3,14-15).
Come chi nel deserto ai tempi di Mosè veniva morso dal serpemte doveva guardare il serpente di rame perché il veleno sparisse dal suo copro, così Cristo ha voluto essere innalzato sulla croce perché il veleno non venisse soltanto inibito nella sua efficacia, ma venisse espulso dalla vita dell’uomo.
Perciò mediante la croce di Cristo l’uomo viene del tutto purificato. Viene santificato nel fondo della sua vita.
2. Inoltre Cristo mediante la sua umiliazione sulla croce ha meritato la gloria della risurrezione.
La risurrezione non stata un dono per Gesù, ma l’ha meritata.
E così ha voluto meritare la nostra conversione che è come l’inizio e la caparra della risurrezione futura.
Per questo Gesù stesso spiegando il motivo della sua morte ai discepoli di Emmaus che ne erano scandalizzati disse: “Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26).
3. Giustamente san Tommaso dice:
“La redenzione dell’uomo mediante la passione di Cristo era consona sia alla misericordia che alla giustizia di Dio.
Alla giustizia, perché Cristo con la sua passione riparò il peccato del genere umano: e quindi l’uomo fu liberato dalla giustizia di Cristo.
Alla misericordia, perché non essendo l’uomo, di per sé, in grado di soddisfare per il peccato di tutta la natura umana Dio gli concesse quale riparatore il proprio Figlio, secondo l’insegnamento dell’Apostolo: “(Tutti) sono giustificati gratuitamente per la grazia di lui mediante la redenzione in Cristo Gesù, che Dio ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue” (Rm 3,24s.).
E ciò fu un atto di misericordia più grande che il condono dei peccati senza nessuna soddisfazione. Di qui le parole di S. Paolo: “Dio, che è ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo morti per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo” (Ef 2,4) (Somma teologica, III, 46, 1, ad 1).
4. Chiedi: chi esige la sofferenza?
Ti potrei chiedere: perché gli uomini mettono in una casa di pena coloro che hanno commesso qualche crimine?
Pena e crimine sono collegati.
Così anche la sofferenza di Cristo è legata all’espiazione dei peccati.
5. Dici anche: “perché dobbiamo aggiungere, alle sofferenze di Cristo, le nostre sofferenze per ciò che manca ai suoi patimenti a favore del suo corpo che è la Chiesa?”.
Ho già avuto occasione di riportare il pensiero di Pio XII il quale nell’enciclica Mystici Corporis Pio XII scrive:
“Mentre moriva sulla Croce, Cristo donò alla Sua Chiesa, senza nessuna cooperazione di essa, l’immenso tesoro della Redenzione; quando invece si tratta di distribuire tale tesoro, Egli non solo comunica con la Sua Sposa incontaminata l’opera dell’altrui santificazione, ma vuole che tale santificazione scaturisca in qualche modo anche dall’azione di lei” (EE 6, 193).
Pertanto le nostre sofferenze non vanno considerate come causa efficiente dell’espiazione dei peccati.
Questi sono stati espiati tutti una volta per sempre da Cristo.
La necessità della nostra cooperazione è nella distribuzione dei meriti della passione di Cristo.
Come per un’automobile non basta che abbia il serbatoio pieno per correre ma è necessario che la benzina passi al motore, così le nostre sofferenze e le nostre buone opere hanno il compito di far passare una maggiore quantità di meriti e di santificazione da Cristo a noi.
Per questo Pio XII dice ancora: “Mistero certamente tremendo, né mai sufficientemente meditato: che cioè la salvezza di molti dipenda dalle preghiere e dalle volontarie mortificazioni, a questo scopo intraprese dalle membra del mistico Corpo di Gesù Cristo, e dalla cooperazione dei Pastori e dei fedeli, specialmente dei padri e delle madri di famiglia, in collaborazione col divin Salvatore” (EE 6, 193).
6. Chiedi perché questa mistica della sofferenza?
Ecco: prendo la parola mistica, usata da qualcuno con un certo accento ironico, nel senso più esatto della parola.
Mistica significa realtà nascosta.
Ebbene, ti ho detto qualcosa della realtà nascosta nella sofferenza portata con i sentimenti di Gesù.
È una realtà nascosta grandiosa dinanzi alla quale ci genuflettiamo per adorare, ringraziare e supplicare per noi stessi e per tutti in virtù di un così grande sacrificio.
7. Edith Stein, la filosofa ebrea convertitasi al cristianesimo, quando è entrata nel Monastero delle Carmelitane, si sentì dire dalla Priora press’a poco queste parole: “Ricordi che da questo mondo non potrà più girare per fare le sue lezioni”.
E Lei rispose: “Lo so. Ma so anche che solo la croce di Cristo salva il mondo.
E io chiedo di entrare in monastero proprio per prendere parte a questo mistero”.
8. Auguro anche a te di prendere parte a questo mistero per distribuire nella maniera più ampia i meriti e la santificazione di Cristo nelle anime, a partire dai tuoi, da quelli della tua casa.
Perché a quelli che ti hanno dato la vita di questo mondo tu possa donare la vita di Dio, la vita eterna.
Ho molti motivi dunque per accompagnarti con la preghiera.
Ti auguro ogni bene e ti benedico.
Padre Angelo