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Caro padre Angelo,
Sono celibe, ho 31 anni e ho il vizio di abusare del mio corpo.
Ci sono periodi in cui vivo in castità e altri in cui cedo alla tentazione in maniera compulsiva e ossessiva.
Posto che credo d’intuire in parte la non bontà di questo mio comportamento, potrebbe aiutarmi a capire la gravità di questo gesto?
Perché è considerato peccato mortale?
Con un peccato del genere si rischia di andare all’inferno?
Adesso dico un’Ave Maria per lei e per la sua opera.
Cordiali saluti,


Carissimo,
1. attenendomi strettamente alla tua domanda preciso subito non entro negli aspetti soggettivi che potrebbero diminuire l’imputabilità dell’atto.
Tu mi chiedi di aiutarti a capire la gravità dell’atto, e cioè perché si tratti di un peccato mortale.

2. Devo dire anzitutto che è Dio che ne parla in questi termini.
Ognuno è libero di parlare dell’autoerotismo come vuole.
Ma un cristiano non può parlarne a prescindere da quello che ha detto Dio.
Ora la Sacra Scrittura della quale Dio è l’Autore principale dice in maniera molto netta: “Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e di libidine, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno offenda o inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Signore è vindice di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e attestato.
Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione.
Perciò chi disprezza queste norme, non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che ci dona il suo santo Spirito” (1 Ts 4,3-8).

3. Il passo che ti ho riportato è il principale e mostra subito l’orizzonte all’interno del quale si deve valutare tale atto: “Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione. (…).
Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione” (1 Ts 4,3.7).
Si tratta di un’azione che è tutto il contrario della santificazione.
E se la santificazione consiste nel portare la presenza personale di Dio nel proprio cuore (la grazia santificante), con il compimento di tali atti si perde la grazia santificante.
Un documento del Magistero della Chiesa ricorda che il “senso morale dei fedeli” riconosce “senza esitazione che si tratta di un atto intrinsecamente e gravemente disordinato” (Dichiarazione Persona humana, 9).
Come avrai notato si parla del “senso morale dei fedeli”. Si precisa dei fedeli, e cioè di coloro che vivono in grazia, perché chi vive abitualmente nel peccato grave non avverte nulla o quasi.

4. La Sacra Scrittura precisa che si tratta di peccato grave con tutte le sue conseguenze per la vita eterna quando dice: “Perché sappiatelo bene, nessun fornicatore o impuro,… avrà parte del Regno di Cristo e di Dio” (Ef 5,5).
E ancora: “Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggi e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come ho già detto, che chi le compie non erediterà il Regno di Dio” (Gal 5,19-21).
Va ricordato che impurità e impudicizia nell’elenco dei peccati gravi menzionati da San Paolo sono sinonimo del peccato di cui stiamo parlando.

5. Quanto ti ho riferito è ciò che dice il testo sacro.
Ma adesso veniamo alla motivazione teologica.
San Tommaso dice che è “mortale quel peccato che toglie la vita spirituale prodotta dalla carità, virtù in forza della quale Dio abita in noi: perciò è mortale per il suo genere quel peccato che per se stesso, cioè per la sua natura, è incompatibile con la carità” (Somma teologica, II-II, 35, 3).
La vita spirituale prodotta dalla carità consiste nell’inabitazione personale di Dio nel cuore dell’uomo secondo la nota espressione di San Giovanni: “Dio è carità (amore); chi rimane nella carità (nell’amore) rimane in Dio e Dio rimane in lui” (1 Gv 4,16).
Ora l’autoerotismo, come diceva Padre Andrea Gasparino, è “egoismo allo stato puro”, e cioè tutto il contrario della carità.
La parola “ipsazione” (conversione su se stessi) con cui in gergo psicologico viene designato questo atto è particolarmente significativa.
E questo atto avviene non in una zona tutto sommato periferica alla vita del singolo, ma in un ambito che appartiene “all’intimo nucleo della persona”, qual è quello della sessualità, come ha rilevato Giovanni Paolo II in Familiaris consortio 11.
Si tratta pertanto di un’azione che modifica nel fondo di se stessi, e cioè nel proprio relazionarsi con Dio, con se stessi, con il prossimo.

6. Il Magistero della Chiesa spiega la gravità dell’atto con altre parole, ma la sostanza è la stessa.
Ecco che cosa dice: “La ragione principale è che, qualunque ne sia il motivo, l’uso deliberato della facoltà sessuale, al di fuori dei rapporti coniugali normali, contraddice essenzialmente la sua finalità.
A tale uso manca infatti la relazione sessuale richiesta dall’ordine morale, quella che realizza in un contesto di vero amore l’integro senso della mutua donazione e della procreazione umana (GS 51).
Soltanto a questa relazione regolare dev’essere riservato ogni esercizio deliberato della sessualità” (PH 9).
Ora nell’autoerotismo c’è tutto il contrario di quello che il Concilio chiama contesto di vero amore, e in particolare della carità.

Ti ringrazio di cuore per quell’Ave Maria, che ha un valore preziosissimo.
Contraccambio ricordandoti al Signore.
Ti benedico.
Padre Angelo