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Quesito

Gentile Angelo Bellon,
ho letto questa frase sul sito e le chiedo delucidazioni in merito: cosa è la morte apparente? E quella reale?
E allora in quel lasso di tempo che va dalla morte apparente alla morte reale possiamo pensare che Dio offra alla persona, se ne è cosciente, un’ultima possibilità di salvezza.
La ringrazio e la saluto


Risposta del sacerdote

Caro Pietro,
S. Tommaso si domanda perché il Signore con la sua redenzione non ci abbia liberato dalla morte fisica e da tutte le altre pene (le chiama “penalità”) della vita presente.
E offre una spiegazione molto profonda che aiuta a far luce sul mistero del male. Dice che queste penalità vanno considerate alla luce dell’intenzione misericordiosa di Dio sull’uomo.
Ecco le sue parole:
“Il battesimo ha la virtù di togliere le penalità della vita presente: tuttavia invece di toglierle nella vita presente, in forza di esso saranno tolte ai santi il giorno della risurrezione, quando, a detta dell’Apostolo “questo corpo corruttibile si rivestirà di incorruttibilità”(1 Cor 15,54). Ed è giusto che sia così.
Primo, perché col battesimo l’uomo viene incorporato a Cristo e diventa suo membro. E quindi è conveniente che nelle membra incorporate si compia quello che si è compiuto nel capo. Ora, Cristo, che fin dal principio del suo concepimento fu pieno di grazia e di verità, ebbe un corpo passibile, che attraverso la passione e la morte fu risuscitato alla vita gloriosa. Allo stesso modo il cristiano riceve nel battesimo la grazia per la sua anima, ma conserva un corpo passibile con il quale possa soffrire per Cristo; questo però in seguito sarà risuscitato a una vita impassibile. Ecco perché l’Apostolo scriveva ai Romani: “Colui che risuscita Gesù Cristo dai morti, farà rivivere anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che risiede in voi” (Rm 8,11). E poco dopo aggiungeva: “Eredi di Dio, coeredi di Cristo, se tuttavia soffriamo con lui per essere con lui anche glorificati” (v.17).
Secondo, ciò è conveniente a scopo di spirituale esercizio, cioè affinché l’uomo combattendo contro la concupiscenza e le altre penalità, ottenga la corona della vittoria. In proposito la Glossa, a commento di quel passo paolino “perché sia distrutto il corpo del peccato” (Rm 6,6), scrive: “Se dopo il battesimo l’uomo continua a vivere in questa terra, ha da combattere e da vincere con l’aiuto di Dio la propria concupiscenza”. Tale combattimento fu così prefigurato dai Giudici: “Sono queste le nazioni che il Signore lasciò sopravvivere per porre a prova con esse Israele, affinché gli ebrei imparassero a combattere con i loro nemici e si abituassero alla guerra”(3,1-2).
Terzo, ciò era conveniente perché gli uomini non andassero al battesimo per l’immunità dal dolore nella vita presente, invece che per la gloria della vita eterna. Di qui le parole dell’Apostolo: “Se solo per questa vita noi abbiamo riposto in Cristo le nostre speranze, noi siamo i più miserabili di tutti gli uomini”(1 Cor 15,19)” (Somma teologica, III,69,3).
In altri termini: come Cristo, pur essendo senza peccato, si fece solidale con i peccatori, così anche chi è rinato alla vita nuova continua a vivere questa straordinaria solidarietà, completando nella propria carne ciò che manca i patimenti di Cristo a favore del suo corpo.
Inoltre la rigenerazione cristiana non implica solo la purificazione dal male, ma impegna in una sorta di resistenza e di lotta. Come Cristo “ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori” (Eb 12, 3), così i suoi discepoli si caratterizzano per un antagonismo radicale contro il peccato. “Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono” (Mt 11,12).

Mi pare che l’insegnamento di san Tommaso sia così limpido da non aver bisogno di spiegazioni.
Ti ringrazio del quesito, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo