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Quesito

Caro Padre Angelo,
perché la Chiesa Cattolica ha riconosciuto alcuni libri come canonici e altri apocrifi?
In particolare perché Siracide sì ed Enoch no?
Grazie.
Salvatore


Risposta del sacerdote

Caro Salvatore,
1. parto subito dai motivi per cui la Chiesa ha riconosciuto il Siracide come canonico.
La storia del Siracide è analoga a quella di altri libri e ha costituito il criterio per riconoscerne alcuni come canonici ed altri come apocrifi.

2. Per quanto concerne il Siracide mi piace riportare quanto scrive il novello beato domenicano, il padre Giuseppe Girotti, nell’Introduzione al libro che ai suoi tempi veniva chiamato ancora Ecclesiastico.
“Malgrado l’alto prestigio che ebbe sul Giudaismo, il Siracide non fu mai considerato dalla Sinagoga, almeno in  modo ufficiale, come sacro.
A motivo della grande venerazione di cui godette fra i rabbini, alcuni pensano che originariamente il Siracide fosse considerato come libro  sacro e che soltanto più tardi venisse ripudiato e ne fosse proibita la lettura nelle assemblee liturgiche.
La ragione di tale esclusione andrebbe cercata nelle tendenze antifarisaiche dell’autore, di Ben Sirach, specialmente per il suo silenzio sulla risurrezione e per le sue aperte prefernze per la stirpe sacerdotale dei sadociti, nemici dei farisei.
In ogni caso il Siracide  rimane in grande onore nella sinagoga come libro pio e di edificazione, ma senza essere incluso nella lista dei libri sacri.
Non consta storicamente che nella chiesa apostolica il Siracide fosse tenuto come canonico, poiché non viene mai citato direttamente negli scritti neotestamentari, cosa del resto non eccezionale, perchè non tutti i libri dell’Antico Testamento, anche protocanonici, vengono citati nel Nuovo. Ma se il Siracide non è citato espressamente dagli scrittori neotestamentari, la sua influenza è visibile e rivela numerose reminiscenze tanto nei Vangeli quanto nelle Epistole.
La lettera di San Giacomo poi, è interamente impregnata di massime e di espressioni proprie del Siracide, tanto che un autore protestante vi riscontrò più di trentadue reminiscenze.
In parecchi scritti dei Padri Apostolici (Didaché e Didascalia, ecc.) il Siracide viene citato nelle stesse formule usate per citare i libri protocanonici. Ciò vuol dire che la tradizione sulla canonicità del Siracide può perfettamente risalire fino al tempo degli stessi Apostoli.
Clemente Alessandrino cita il Siracide 83 volte, spessissimo colle formule riservate ai libri canonici (Scriptura dicit; dictum est; dicente Scriptura sancta; ecc.).
Gli altri Padri della chiesa greca invece sembrano non essere così certi di questa canonicità. Così per es. Origene l’esclude dalla lista o canone dei libri sacri, ma altrove ne parla come di una scrittura di autorità, parola divina, sacra Scrittura. Analogamente accade con Eusebio ed altri. Sant’Atanasio traccia anche una linea di separazione fra i libri canonici e «quegli altri non inclusi nel canone, ma che i Santi Padri stabilirono che dovevano essere letti da quelli che desideravano d’essere istruiti».
Lo stesso succede con molti altri Padri della Chiesa orientale: Anfilochio, Cirillo di Gerusalemme, Gregorio Nazianzeno, Epifanio ecc. S. Giovanni Grisostomo parla del Siracide come di una scrittura divina. Nella Chiesa occidentale i più antichi scrittori (Tertulliano, Cipriano, Metodio, ecc.) citano sovente Ben Sirach con le solite formule adibite per i libri del canone ebraico. Alcuni Padri l’escludono dalla lista dei libri canonici, ma ciononostante lo citano insieme a quelli con identiche formule. Le testimonianze più interessanti sono quelle di Rufino e di S. Gerolamo. Il primo nel suo Commentarius in Symbolum Apostolorum (37,1) dà il canone o lista dei libri sacri, tra i quali comprende soltanto quelli del canone ebraico. Poi a continuazione di questo elenco aggiunge: «Ma bisogna sapere che ci sono ancora altri libri, che dai Padri furono chiamati non canonici, ma ecclesiastici:  la Sapienza di Salomone, la Sapienza di Sirach… I Padri vollero che questi libri fossero letti nelle chiese, ma non che fossero addotti per confermare le verità della fede».
La medesima opinione ha anche S. Girolamo, il quale nel suo celebre Prologo galeato dice semplicemente che «la Sapienza di Gesù figlio di Sirach non è nel canone» e, nella Praefatio in libros Salomonis (verso il 390) ci avverte che «la chiesa legge questi libri (la Sapienza di Salomone e quella di Ben Sirach), ma non li riceve nel canone, e che quindi devono leggersi soltanto per edificazione del popolo, ma non per confermare i dogmi della chiesa». Consequente a questa sua opinione sul carattere del Siracide, S. Girolamo non ne fa la traduzione, pur avendone sottomano l’originale ebraico come lui stesso ci attesta (lb.).
Nella pratica però il santo dottore ne ammette il carattere sacro, citandolo come tale nei suoi scritti anteriori all’anno 390, ed anche in quelli più recenti (cfr. Comm, in Isaiam, 2,3). Sant’Agostino ci dice che il Siracide «fu ricevuto dalla chiesa, sopratutto da quella occidentale, fin dall’antichità come libro di autorità (divina)» (De Civ. Dei 17, 20; cfr. anche De Doctrina christiana 2, 8, 13).
Nei secoli seguenti continua a notarsi un’apparente contraddizione tra le opinioni e la pratica degli scrittori ecclesiastici, molti dei quali escludono esplicitamente l’Ecclesiastico dal canone, ma nello stesso tempo lo citano come libro sacro, anche nelle loro opere schiettamente dogmatiche; così fanno S. Gregorio Magno e, più tardi, Alcuino. In ogni caso la tradizione cattolica, sebbene non sempre certissima e uniforme, stava per l’ispirazione del Siracide, e doveva essere compito del concilio di Trento definire in modo chiaro la fede della Chiesa riguardo a questo libro” (G. Girotti, La sacra Bibbia commentata, i Sapienziali, pp. 348-349).

3. Il Concilio di Trento annoverando il Siracide tra i libri canonici non fa altro che riferirsi ai tre criteri della Tradizione: ciò che da sempre, da tutti e dovunque è stato creduto.
Ora nella Chiesa da sempre, da tutti e dovunque in maniera almeno indiretta il Siracide è stato considerato libro ispirato.

4. Il libro di Enoch è l’apocrifo più importante tra gli apocrifi dell’Antico Testamento. È un compendio delle dottrine religiose giudaiche al tempo del Signore.
Le scoperte di Qumram fanno molti riferimenti al libro di Enoch, ma la stesura da noi posseduta non sarebbe identica a quella cui Qumram fa riferimento ed è del secondo secolo dopo Cristo.
Anche qui, dunque, come per gli altri apocrifi e per i libri canonici vale la regola della Tradizione: ciò da sempre, da tutti e dovunque è stato creduto.
Il Magistero della Chiesa, nel distinguere tra libri canonici e apocrifi, si è rifatto a questo criterio, al criterio della Tradizione.

Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo