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Quesito

Gentile Padre Angelo,
sono ancora una volta a disturbarla per chiederle un chiarimento rispetto ad un quesito che da un pò mi assilla.
Il cristiano crede che la sua vita ha origine da Dio, il quale l’ha donata all’uomo per amore, e sa che dopo il pellegrinaggio terreno, se avrà accolto il messaggio salvifico di Cristo e scelto di seguirlo, si ricongiungerà a Lui nel paradiso per godere in eterno della Sua Presenza. In questa ottica tutto prende senso, anche il male, le ingiustizie e le sofferenze terrene che sono offerte ad unione del sacrificio di Cristo.
Mi chiedo allora: se noi veniamo da Dio e a Dio miriamo a tornare, perchè Dio ci ha donato la vita (fitta di difficoltà)? Non potevamo restare fuori dal tempo, nell’eternità a contemplare la Sua presenza? Quale è la necessità del pellegrinaggio terreno?
Le sarei grata se potesse illuminarmi su questo e se potesse ricordarmi nelle sue preghiere.
Erika


Risposta del sacerdote

Cara Erika,
1. Il motivo per cui Dio ci ha creati è quello di condividere eternamente con noi la sua vita e la sua gioia divina.
Giustamente allora ci si domanda: perché non ci ha messo subito di là a condividere la sua vita?
Ci si domanda inevitabilmente quale sia il senso della vita presente.

2. Va ricordato che Dio vuole che la sua vita diventi nostra e pienamente nostra.
Ora una realtà diventa nostra, tipica di una persona intelligente e libera, quando viene fatta nostra, quando la conosciamo, la amiamo, ce ne impossessiamo.
Un pò come il sapere scientifico. Per possederlo è necessario farlo nostro, studiarlo, memorizzarlo, possederlo a menadito.
Dare un diploma di laurea a una persona che non ha studiato nulla in quella materia, significa solo darle un pezzo di carta o un’onorificenza. Ma non le si dà il sapere.

3. Ugualmente Dio ci da la vita presente perché gradualmente, secondo le esigenze della nostra natura razionale, possiamo conoscerlo, amarlo, prenderne possesso.
Questo è anche il senso dell’anno liturgico: Dio ci da la possibilità di fare nostri i misteri della vita di Cristo, di prenderne possesso, e così di prendere sempre maggiormente possesso di Dio e del suo amore.
Se così non fosse, Dio ci getterebbe dietro la sua vita, la sua gioia. Non sarebbe autenticamente nostra.
Se poi si pensa che la vita di Dio è Amore, noi non potremmo amare come ama Dio se non esercitandoci ad amare come ama Lui.

4. Le difficoltà e le sofferenze sono venute fuori dopo il peccato originale.
Ma anche queste cooperano ad unirci sempre di più a Cristo, a sprigionare amore, al punto da poter dire insieme con San Paolo: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).
In questo modo diventiamo partecipi del mistero della redenzione del mondo e ci prepariamo a governare il mondo insieme con Lui nell’eternità.

Ecco in termini molto condensati il senso della vita presente.
Ti ringrazio per questa domanda che è fondamentale per l’esistenza terrena di ognuno di noi.
Ti prometto un ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo