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Quesito
Caro Padre,
come si può spiegare questa strana risposta di Gesù che sembra neanche una mancata rivelazione od ammissione d’identità, ma come se volesse celare chi è Lui effettivamente?
“Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo” (Mc 10,18).
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. mi hai riportato la domanda del giovane e la risposta di Gesù secondo quanto dice il Vangelo di Marco.
Ma la risposta di Gesù (sebbene la domanda sia stata posta in termini leggermente diversi) è identica tanto nel Vangelo di Matteo, quanto in quello di Luca.
2. A questo punto mi piace ricordare che Giovanni Paolo II ha dedicato il primo capitolo dell’Enciclica Veritatis splendor (sui fondamenti della morale cristiana) al commento di Gesù alla domanda del giovane ricco: “Maestro, che cosa devo fare di buono per ereditare la vita eterna”.
3. Giovanni Paolo II scrive: “Gesù dice: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti» (Mt 19, 17). Nella versione degli evangelisti Marco e Luca la domanda viene così formulata: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo» (Mc 10,18; cf Lc 18,19).
Prima di rispondere alla domanda, Gesù vuole che il giovane chiarisca a se stesso il motivo per cui lo interroga. Il «Maestro buono» indica al suo interlocutore — e a tutti noi — che la risposta all’interrogativo: «Che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?», può essere trovata soltanto rivolgendo la mente e il cuore a Colui che «solo è buono»: «Nessuno è buono, se non Dio solo» (Mc 10,18; cf Lc 18,19). Solo Dio può rispondere alla domanda sul bene, perché Egli è il Bene” (VS 9).
4. Allora le parole di Giovanni Paolo II sembrano riecheggiare quelle di Teofilatto (un precettore vissuto a Costantinopoli nel secolo XI che lasciò un’apprezzata esegesi dei Vangeli): “Volle dunque il Signore, con queste parole, innalzare la mente del giovane, affinché lo riconoscesse come Dio.
Ma con queste parole insinua anche qualcos’altro: quando devi parlare con qualcuno, non farlo adulando, ma guarda a Dio, radice e fonte della bontà, e a lui presta onore”.
5. Prosegue papa Giovanni Paolo II: “Interrogarsi sul bene, in effetti, significa rivolgersi in ultima analisi verso Dio, pienezza della bontà.
Gesù mostra che la domanda del giovane è in realtà una domanda religiosa e che la bontà, che attrae e al tempo stesso vincola l’uomo, ha la sua fonte in Dio, anzi è Dio stesso, Colui che solo è degno di essere amato «con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente» (Mt 22,37), Colui che è la sorgente della felicità dell’uomo. Gesù riporta la questione dell’azione moralmente buona alle sue radici religiose, al riconoscimento di Dio, unica bontà, pienezza della vita, termine ultimo dell’agire umano, felicità perfetta” (VS 9).
6. Sant’Ambrogio commenta così l’espressione “Maestro buono” rivolta a Gesù: “Questo notabile, mettendolo alla prova, lo chiama «maestro buono», mentre avrebbe dovuto dire «Dio buono»: infatti, benché nella divinità ci sia la bontà e nella bontà la divinità, tuttavia, dicendo “Maestro buono”, lo dice buono parzialmente e non universalmente; infatti Dio è buono universalmente, mentre l’uomo è buono solo parzialmente”.
Per cui san Giovanni Crisostomo aggiunge: “Non esiterò a chiamare questo notabile un avaro: è infatti quanto Cristo gli rimprovera” (In Matteo, Omelia 64)
7. A proposito della risposta di Gesù che dice “Nessuno è buono se non Dio solo” San Beda, il venerabile presbitero, commenta: “Non bisogna pensare che l’unico buono sia il Padre, ma anche il Figlio, che dice (Gv 10,11): «Io sono il buon pastore», e lo Spirito Santo, poiché si dice (Lc 11,13): «Il Padre darà dal cielo lo Spirito buono a chi lo chiede». Infatti l’una e indivisa Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo, è anche il solo e unico Dio buono.
Dunque il Signore non nega di essere buono, ma indica di essere Dio; non di non essere un maestro buono, ma attesta che non esiste un maestro buono all’infuori di Dio”.
8. Come si vede, Gesù non nasconde la sua divinità, anzi la afferma tra le righe, volendo portare il giovane e con lui tutti gli uomini a porre la domanda sul bene e sul male solo a Dio, il solo buono, e che proprio perché è Dio Gesù gli dà la risposta.
Augurandoti di rispondere con generosità a Cristo e non con avarizia come ha fatto quel giovane, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo