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Buonasera padre, sono ancora io, ….
Mi perdoni, non sa quanto mi dispiace scriverle sapendo che contribuisco ancora di più a farle perdere tempo prezioso quando potrei aspettare la sua risposta. Purtroppo sono in un periodo un po’ travagliato e ho bisogno di sapere un suo parere:
– sto andando a un gruppo giovanile del mio seminario di … oggi le ho scritto appena tornato dall’incontro mensile dove abbiamo parlato dell’Eucaristia.
Questo (viene segnalato il blog nel quale lo si può leggere per intero, n.d.r.) è un articolo (che riassume quello che hanno spiegato oggi, l’autore don …. è lo stesso che fa a noi le catechesi durante gli incontri. A me questo discorso ha puzzato molto e sono stato abbastanza critico, anche se il don ha detto di aver consultato il vescovo perché già altri si erano insospettiti.
Cosa ne pensa lei? Paragonare l’Eucarestia al sesso? Eucaristia come simbolo, come una foto o un bottone?
(…)
Che cosa devo fare? Mi aiuti, neanche il seminario mi dà una mano anzi torno più imbufalito e sfiduciato di prima, più cerco di voler bene e rispettare Gesù più va peggio, quando pure gli stessi tutor del seminario dicono di fare la Comunione a tutto spiano, senza neanche parlare di Confessione, i peccati e i precetti sono “roba moralista” e Gesù è venuto per i malati non per sani. Tutti mi rispondono così e faccio la figura del paranoico, mi aiuti lei Padre, è la mia unica ancora di salvezza.
Il mio padre spirituale, anche lui legato al seminario, dice che mi faccio troppi problemi e che anche se pecco il Signore è molto più grande delle mie miserie (e fin qui ci siamo) e che basta che mi confessi una volta al mese da lui, per evitare gli scrupoli, anche se pecco gravemente sto facendo un percorso e quindi posso fare lo stesso la Comunione. Ovviamente non l’ho ascoltato.
Mi scusi ancora tantissimo, le auguro un anno pieno di gioia in Cristo, nostra forza.
Carissimo,
1. ho letto con dispiacere l’articolo sull’Eucaristia che mi hai mandato e comprendo il tuo disappunto.
Mi dispiace ancor più che quelle cose siano state dette a dei giovani e per di più in un seminario.
Da un interevento del genere se ne esce fuori con un senso di grande, anzi, di estremo impoverimento.
2. Già l’introduzione di quell’articolo è semi blasfema: “Credo si possa dire con una buona approssimazione che il Concilio di Trento ha rappresentato per mezzo millennio lo scheletro di ogni discorso cristiano sull’eucaristia”.
Se le parole usate hanno un senso, quell’autore vorrebbe dire che il Concilio di Trento ha travisato o falsato la realtà dell’Eucaristia e che la pietà che ne è seguita è tutta roba da dimenticare.
3. Mentre San Paolo quando parla dell’Eucaristia comincia così: “Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me.
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me.
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga” (1 Cor 11,23-26).
4. Innanzitutto, come vedi, san Paolo parte da quello che a sua volta aveva ricevuto. Non ha voluto dare una nuova interpretazione dell’Eucaristia. L’ha presentata come a sua volta l’aveva ricevuta.
Inoltre non parla di simbologia del pane con il corpo del Signore.
Ma riferisce le parole di Gesù che ha detto: “questo è il mio corpo”.
Uno studioso ebreo ha rilevato che nelle parole di Gesù usate nella lingua ebraica mancherebbe addirittura la copula “è”.
Gesù identifica quel pane con se stesso.
Quello studioso non era cristiano, tanto meno aveva la fede cattolica. Si limitava ad osservare che Gesù ha usato quelle parole con quel significato.
E concludeva che alla luce del linguaggio ebraico era ingiustificata l’interpretazione dei protestanti.
5. Leggendo invece l’articolo che mi hai segnalato si parla semplicemente di “simbolo”.
I sacramenti, è vero, sono simboli, ma non sono solo simboli, rimandano ad una realtà e la rendono presente.
In teologia si dice che “significando causant” e cioè che mentre significano, nello stesso tempo causano.
Qui la realtà che è resa presente è il sacrificio di Cristo, la morte del Signore, come dice San Paolo.
5. La morte del Signore è annunciata anche dalle parole di Gesù: “offerto in sacrificio”.
Di quale sacrificio si tratta? Di quello della croce.
Ugualmente si fa riferimento al sacrificio e alla morte di Cristo nelle altre parole “questo è il mio sangue versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”.
Ora nell’articoletto che mi ha segnalato l’essenziale sull’Eucaristia manca del tutto.
Giovanni Paolo II nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia scrive:
“L’istituzione dell’Eucaristia infatti anticipava sacramentalmente gli eventi che di lì a poco si sarebbero realizzati, a partire dall’agonia del Getsemani. Rivediamo Gesù che esce dal Cenacolo, scende con i discepoli per attraversare il torrente Cedron e giungere all’Orto degli Ulivi. In quell’Orto vi sono ancor oggi alcuni alberi di ulivo molto antichi. Forse furono testimoni di quanto avvenne alla loro ombra quella sera, quando Cristo in preghiera provò un’angoscia mortale «e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra » (Lc 22,44).
Il sangue, che aveva poco prima consegnato alla Chiesa come bevanda di salvezza nel Sacramento eucaristico, cominciava ad essere versato; la sua effusione si sarebbe poi compiuta sul Golgota, divenendo lo strumento della nostra redenzione: «Cristo […] venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, […], entrò una volta per sempre nel santuario non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue, dopo averci ottenuto una redenzione eterna» (Eb 9,11- 12)” (EE 3).
6. L’autore di quell’articoletto dice che vuole dire altro rispetto a quello che è sempre stato detto: “Non è allora questione di “dire diversamente” o addirittura “contro” rispetto ai contenuti classici sul trattato dell’eucaristia, ma di iniziare a dire “altro”.
Purtroppo c’è da riconoscere che purtroppo ha detto veramente altro, e cioè non ha parlato dell’Eucaristia.
E, e se intendeva parlarne, l’ha svuotata del suo significato.
Mi sembra di perdere tempo a confutare una per una tutte le cose che vi sono state dette.
Basterebbe la sufficienza con cui quell’autore tratta la fede di sempre della Chiesa, come se questa fede di sempre non fosse la regola della nostra fede, per concludere subito.
Mentre San Vincenzo di Lerins, un santo Padre del 5° secolo, diceva che criterio veritativo per la nostra fede è “ciò che dovunque, da tutti e da sempre è stato creduto” (quod ubique, quod ab omnibus, quod a semper creditum est).
Il Concilio di Trento non si è distaccato da questi criteri, anzi, ha confutato l’eresia protestante proprio a partire da è “ciò che dovunque, da tutti e da sempre è stato creduto”.
Il Concilio di Trento sull’Eucaristia non parla diversamente da San Tommaso che è del XIII secolo.
Né San Tommaso parla diversamente da San Gregorio Magno che è del sesto secolo.
Né questi parla diversamente da San Giovanni Crisostomo che è del IV secolo.
7. Il problema non sta nell’impossibilità di dire altro.
Perché è giusto e doveroso che si dica.
Ma questo “altro” va inteso come sviluppo e approfondimento di quanto abbiamo finora ricevuto e creduto.
Se invece per altro significa voltare pagina e non tener conto di che cosa finora abbiamo creduto e vissuto, se per dire altro s’intende dire qualcosa di approssimativo in riferimento alla realtà più cara e più preziosa che possediamo allora il discorso si fa serio.
8. Quanto tu hai colto di quella lezione “Paragonare l’Eucaristia al sesso?” dice parecchio di come chi vi ha parlato non si curi di come le sue parole vengano capite.
Nell’articolo si parla di “una componente erotica dell’eucaristia che non deve essere trascurata”.
Sarebbe stato interessante sapere come l’autore vive questa componente erotica.
Sarebbe stato urgente che avesse spiegato ai giovani lì presenti come vada vissuta! Perché ha detto che “non deve essere trascurata”.
Le parole “componente erotica” hanno un loro preciso significato nel linguaggio comune.
9. Così pure paragonare l’Eucaristia ad un bottone al quale una bambina è affezionata per cui sottrarglielo sarebbe come strapparle il cuore è un paragone infelice che svuota l’Eucaristia.
La quale non è semplicemente un simbolo, ma nel simbolo contiene realmente Cristo stesso, anzi il Cristo immolato, nel suo corpo, nella sua anima e nella sua divinità. Qui Cristo si fa cibo per noi perché noi veniamo trasformati in Lui.
10. Dispiace leggere quanto hai scritto: “gli stessi tutor del seminario dicono di fare la Comunione a tutto spiano, senza neanche parlare di Confessione, i peccati e i precetti sono “roba moralista” e Gesù è venuto per i malati non per sani”.
Sì, Gesù è venuto per i malati, ma prima dell’Eucaristia viene il Battesimo.
E prima dell’Eucaristia viene prima anche quello che i Santi Padri chiamavano “secondo Battesimo” (sacramento della Penitenza).
Per chi é malato è necessario che prima prenda le medicine.
Talvolta è necessario che subisca un intervento chirurgico che asporti il male e che vada avanti con le flebo. Poi si nutrirà. Il cibo comune gli farebbe male, proprio come dice San Paolo.
11. Per cui se si è consapevoli di aver commesso dei peccati gravi è necessario premettere sempre la confessione sacramentale.
L’ha chiesto Cristo stesso quando ha detto per bocca di Paolo: “Chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore.
Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” (1 Cor 11,27-29).
La Didaché, che è uno scritto della seconda metà del primo secolo e addirittura anteriore ad alcuni libri del Nuovo Testamento, ci dice come le comunità cristiane avevano recepito questa indicazione: “Nella assemblea farai la confessione dei tuoi peccati e non ti recherai alla preghiera in cattiva coscienza” (Didaché 4, 14); “nel giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete le grazie dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro” (Didaché 14, 1).
12. Per questo Giovanni Paolo II ha affermato che “vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»” (Ecclesia de Eucharistia 36)”.
Il motivo è che “l’integrità dei vincoli invisibili (che equivale ad essere in grazia di Dio, n.d.r.) è un preciso dovere morale del cristiano che vuole partecipare pienamente all’Eucaristia comunicando al corpo e al sangue di Cristo.
A questo dovere lo richiama lo stesso Apostolo con l’ammonizione: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice» (1 Cor 11,28).
San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta.
Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi» (Omelie su Isaia 6, 3)” (Ecclesia de Eucharistia 36).
13. Di fronte ad affermazioni così forte fidati più del Signore, di San Giovanni Crisostomo, di San Giovanni Paolo II e della disciplina costante della Chiesa più che dei vari tutor del Seminario.
Nutro la speranza che tu abbia frainteso il loro dire.
Come San Paolo ha detto a Timoteo “mi ricordo della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te” (2 Tm 1,5) così anch’io ti dico di andare avanti secondo la fede che hai ricevuto, la fede di tua nonna, la fede di tua madre, la fede dei santi della tua terra.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo