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Quesito
Caro Padre Angelo
Leggendo l’epistolario della beata Elisabetta della Trinità ho scoperto la possibilità di poter offrire la comunione ricevuta durante la S. Messa per il bene di determinate persone o anime del purgatorio.
Vorrei comprendere meglio questa pia pratica e se basti solamente l’intenzione al momento di comunicarsi.
Grazie
Fabio
Risposta del sacerdote
Caro Fabio,
1. “offrire la Santa Comunione per un altro” è un’espressione che necessita qualche spiegazione.
La si può intendere nel senso che uno partecipa all’eucaristia intendendo offrire i meriti del sacrificio di Cristo per una determinata persona.
La stessa liturgia della Chiesa nel Canone Romano dice: “Ricordati, Signore dei tuoi fedeli… Ricordati di tutti i presenti, dei quali conosci la fede e la devozione: per loro ti offriamo e anch’essi ti offrono questo sacrificio di lode, e innalzano la preghiera a te, Dio eterno, vivo e vero, per ottenere a sé e ai loro cari, redenzione, sicurezza di vita e salute”.
Quello dunque che uno fa durante la celebrazione del sacrificio, continua a farlo anche nella santa Comunione. Cristo viene in lui per essere nutrimento della sua anima.
E poiché noi siamo intimamente uniti con tutti con i quali formiamo un solo corpo, durante la Santa Comunione possiamo “trattare” con Signore le nostre cause, comprese quelle che riguardano il bene del nostro prossimo.
In questo senso anche don Bosco chiedeva ai ragazzi di fare la Santa Comunione per una determinata intenzione.
Certo, non è la stessa cosa che far celebrare dal sacerdote la Messa per una particolare intenzione. Perché il sacerdote agisce in persona Christi, e l’efficacia della sua offerta è duplice: ex opere operato (per il fatto stesso che celebra identificandosi con Cristo) ed ex opere operantis (in forza della sua devozione).
Il fedele offre insieme col sacerdote, ma la sua offerta dipende solo dal fervore della sua devozione.
2. Ti riporto il pensiero di san Tommaso, come lo si può trovare nel Commento al Vangelo di Giovanni, quando commenta le parole di Gesù: “E il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,52).
“L’utilità poi di questo sacramento è grande e universale.
È grande, poiché al presente causa in noi la vita spirituale, e finalmente causerà la vita eterna, come abbiamo già detto. Infatti, essendo questo il sacramento della passione del Signore, contiene in sé il Cristo come vittima; cosicché tutti gli effetti della passione sono anche effetti di questo sacramento. Infatti questo sacramento altro non è che l’applicazione a noi della passione del Signore. Poiché, non essendo opportuno che Cristo rimanesse sempre con noi con la sua presenza visibile, egli volle supplirvi con questo sacramento. Perciò è evidente che la distruzione della morte, operata da Cristo con la propria morte, e il ripristino della vita, che Cristo ha causato con la sua risurrezione, sono gli effetti di questo sacramento.
Tale utilità inoltre è universale, perché la vita che conferisce non è limitata a un solo uomo, ma per quanto dipende da essa si estende a tutto il mondo, secondo l’efficacia della morte di Cristo. «Egli è propiziazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo».
Inoltre si deve notare che l’efficacia in questo sacramento ha una estensione diversa dagli altri sacramenti; poiché gli altri sacramenti hanno effetti limitati ai singoli soggetti. Nel battesimo, per es., riceve la grazia solo chi viene battezzato. Invece nella celebrazione di questo sacramento l’effetto è universale; poiché esso si estende non solo al sacerdote che celebra, ma anche a quelli per i quali egli prega e a tutta la Chiesa, sia a quella dei vivi, come a quella dei morti. E la ragione sta nel fatto che in questo sacramento è presente la stessa causa universale di tutti i sacramenti, cioè Cristo.
Tuttavia, se un laico sume questo sacramento, non si pensi che esso giovi anche ad altri ex opere operato, in quanto si tratta di sola comunione; anche se nell’intenzione di chi si comunica e riceve il sacramento quell’atto possa essere partecipato a tutti quelli cui si estende tale intenzione.
Da ciò si deduce, che i laici i quali intendono ricevere l’Eucarestia per quelli che sono in purgatorio, sono in errore”.
Queste ultime parole potrebbero sembrare restrittive. In realtà San Tommaso dice che fare la santa Comunione per un altro, anche per un defunto, non è la stessa cosa che offrire il sacrificio eucaristico, né produce effetto ex opere operato, ma solo ex opere operantis, come si evince dalle parole: “anche se nell’intenzione di chi si comunica e riceve il sacramento quell’atto possa essere partecipato a tutti quelli cui si estende tale intenzione”.
3. Pertanto, poggiati sull’affermazione di Gesù che questo sacramento giova a tutti (“per la vita del mondo”), e non solo a chi lo riceve, io esorto spesso a fare la Santa Comunione per una determinata causa. Questo significa domandare a Cristo di servire non soltanto noi che in quel momento lo riceviamo, ma anche le persone che sono unite con noi e con le quali, insieme con lui, formiamo un unico corpo, il “suo corpo”.
In questa direzione ci porta la testiomonianza di Santa Teresina del Bambin Gesù, la quale in Storia di un’anima racconta: “Durante le passeggiate con Papà, gli piaceva di farmi portare l’elemosina ai poveri che incontravamo; un giorno ne vedemmo uno che si trascinava a fatica sulle stampelle, mi avvicinai per dargli un soldo, ma lui non si considerò abbastanza povero da ricevere l’elemosina; mi guardò sorridendo con tristezza, e rifiutò di prendere ciò che gli offrivo. Non posso dire ciò che accadde in me, avrei voluto essergli di sollievo, consolarlo; invece mi pareva di avergli dato un dispiacere e senza dubbio quel poveretto indovinò il mio pensiero perché si voltò e mi sorrise. Papà mi aveva comprato un dolce; avevo gran voglia di darglielo, ma non osai, e tuttavia gli volli dar qualcosa che non potesse rifiutare, perché sentivo tanta simpatia verso lui. Allora mi ricordai d’avere inteso dire che il giorno della prima Comunione si ottiene tutto ciò che si chiede: quel pensiero mi consolò e, benché non avessi ancora sei anni, dissi a me stessa: "Pregherò per il mio povero nel giorno della prima Comunione". Mantenni la promessa cinque anni dopo, e spero che il Signore abbia esaudito la preghiera che gli avevo rivolta per uno dei suoi membri sofferenti” (n. 52).
Ti ringrazio per la domanda, ti seguo con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo