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Quesito

Caro Padre Angelo,
Le volevo sottoporre un altro quesito di natura sessuale.
Come giudica la Chiesa la pratica del sesso orale? E’ peccato praticarlo anziché avere un rapporto normale? E se questo viene fatto nella fase dei cosiddetti preliminari, cioè in fase iniziale, per raggiungere l’eccitazione e poi passare al rapporto normale? In ultimo: il sesso anale e la masturbazione reciproca come vengono giudicate (intese sia come scopo finale in un rapporto che in fase di preliminari)?
Mi scuso per l’argomento un po’ tanto imbarazzante; non è mia intenzione offendere il Suo senso del pudore. Io sono un giovane e tra i giovani queste domande sono molto comuni, ma anche molto riservate. Per questo l’unico modo per fugare ogni dubbio e non vivere nel pensiero di commettere, quando sarà, cose sgradite al Signore pensando il contrario, è quello di essere più espliciti possibili.
La ringrazio ancora una volta.
Xy


Risposta del sacerdote

Carissimo Xy,
i giovani, e non solo loro, non di rado si pongono domande sulla bontà o malizia morale di molti comportamenti sessuali, che dalla mentalità comune (o per meglio dire: per quella generata dai mass media) vengono passati come cosa normale.
In realtà il solo fatto che ci si ponga delle domande è segno che si avverte qualche disagio.
Cercherò di rispondere con franchezza ai tuoi quesiti, che sono certamente imbarazzanti

1. Anzitutto devo ricordare che cosa dice il Magistero della Chiesa sui rapporti coniugali:
“Tale dottrina (sui rapporti coniugali), più volte esposta dal magistero della chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo.
Infatti, per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna.
Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paternità (enc. Humanae vitae, 12).
Come vedi, secondo il Magistero della Chiesa la scissione procurata di propria iniziativa fra queste due finalità (in altri termini la contraccezione) fa sì che l’atto coniugale cessi di essere un atto di mutuo e vero amore.

2. Giovanni Paolo II in Familiaris Consortio (n. 32) scrive: infatti “quando i coniugi i coniugi, mediante il ricorso alla contraccezione, scindono questi due significati che Dio Creatore ha inscritti nell’essere dell’uomo e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale,
si comportano come “arbitridel disegno divino e
manipolano” e avviliscono la sessualità umana,
e con essa la persona propria e del coniuge,
alterandone il valore di donazione “totale”.
Così, al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all’altro in totalità: ne deriva, non soltanto il positivo rifiuto all’apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell’interiore verità del personale”.
Lo stesso Papa in un discorso del 22.8.1984 disse: “Nell’atto coniugale non è lecito separare artificialmente il significato unitivo dal significato procreativo perché l’uno e l’altro appartengono alla verità intima dell’atto coniugale: l’uno si attua insieme all’altro e in certo senso l’uno attraverso l’altro. Quindi l’atto coniugale privo della sua verità interiore, perché privato artificialmente della sua capacità procreativa, cessa di essere atto di amore”.

3. Ogni forma di contraccezione attua tutto questo ed è peccato grave, che impedisce di fare la Santa Comunione senza essere pentiti e confessati.
Questo è l’insegnamento di Paolo VI espresso nella Humanae vitae: “Così chi ben riflette dovrà anche riconoscere che un atto di amore reciproco che pregiudichi la disponibilità di trasmettere la vita che Dio creatore di tutte le cose secondo particolari leggi vi ha immesso, è in contraddizione sia con il disegno divino, sia con il volere dell’Autore della vita umana. Usare di questo dono divino distruggendo, anche solo parzialmente, il suo significato e la sua finalità è contraddire alla natura dell’uomo come a quella della donna e del loro più intimo rapporto, e perciò è contraddire anche al piano di Dio e alla sua santa volontà” (HV 13).
Contraddire la volontà di Dio è la stessa cosa che affermare che si tratta di un peccato grave o mortale. “Si dice mortale quel peccato che toglie la vita spirituale prodotta dalla carità, virtù in forza della quale Dio abita in noi: perciò è mortale per il suo genere quel peccato che per se stesso, cioè per la sua natura, è incompatibile con la carità” (San Tommaso, Somma teologica, II-II, 35, 3).
E la carità stabilisce tra noi e Dio un’identità di volontà.

4. Più esplicito ancora è Pio XI nell’enciclica Casti connubii:
“Non vi può essere ragione alcuna, sia pure gravissima, che valga a rendere conforme a natura e onesto ciò che è intrinsecamente contro natura.
E poiché l’atto del coniugio è, di sua propria natura, diretto alla generazione della prole, coloro che nell’usarne lo rendono studiosamente incapace di questa conseguenza, operano contro natura e compiono un’azione turpe e intrinsecamente disonesta” (n. 20).
Successivamente il Papa ribadisce la dottrina cristiana, di cui dice che è sempre stata “insegnata fin dalle origini, né mai modificata”: “qualsivoglia uso del matrimonio, in cui per l’umana malizia l’atto sia destituito dalla sua naturale virtù procreatrice, va contro la legge di Dio e della natura e coloro che osino commettere tali azioni si rendono rei di colpa grave” (n. 20).
Pio XI parlava della contraccezione.
Evidentemente non prendeva neanche in considerazione l’eventualità di gesti nei quali la natura non solo della genitalità, ma anche quella dell’uomo e della donna viene del tutto pervertita, come avviene nei rapporti orali o anali.
È chiaro dunque che questi atti, compiuti come fine a se stessi, come sostituzione dei normali atti coniugali, sono del tutto fuori posto e costituiscono una grave profanazione del matrimonio.
Da questo risulta chiaro che non è mai lecito consumare un rapporto sessuale fuori del normale rapporto coniugale. Il motivo è che ci si mette apertamente fuori dal progetto di Dio, ci si fa arbitri del suo disegno, e come dice Giovanni Paolo II si manipola e si avvilisce la sessualità umana, e con essa la persona propria e del coniuge.
Si legge nella lettera agli ebrei: “Il matrimonio sia rispettato da tutti e il talamo sia senza macchia” (Ebr 13,4).
Lo Spirito Santo dice per bocca di Paolo: “Perché questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e di libidine, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno offenda o inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Signore è vindice di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e attestato. Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste norme, non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che ci dona il suo santo Spirito” (1 Tess 4,3-8).

 

5. Tu mi chiedi infine se tali rapporti possono essere giustificati in fase preliminare, per passare poi al rapporto normale.
Leggo in un manuale di morale che lambire gli organi genitali del partner non è necessario, e spesso è un gesto ripugnante. Può essere lecito e anche necessario nel caso di frigidità del partner per stimolarlo al compimento del debito coniugale.
Lo stesso discorso vale per il secondo tipo di rapporto.

Spero di essere stato chiaro. Ti saluto, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo

Il proprio corpo è anche quello del coniuge, perché nel matrimonio i due sono diventati una cosa sola.