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Quesito
Caro Padre Angelo,
Queste domande riguardano la confessione: è vero che si devono dichiarare il numero esatto, o la massima approssimazione sul numero di volte che un peccato mortale è stato commesso, e le circostanze che possono aumentare o attenuare la colpa del peccatore, pena l’invalidità della confessione? Se il penitente tralascia le circostanze che possono attenuare la colpa, magari perché non ne è certo, rende invalida anche così la confessione?
La ringrazio per la Sua risposta.
Francesco
Risposta del sacerdote
Caro Francesco,
1. sì, è necessario confessare tutti i peccati gravi nel loro numero e nella loro specie.
Il Magistero della Chiesa insegna che l’accusa dei peccati è stata voluta implicitamente dal Signore quando ha detto agli apostoli: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” (Gv 20, 22).
Ecco che cosa dice espressamente: “Dalla istituzione già spiegata del Sacramento della Penitenza, la Chiesa universale ha sempre inteso che è stata istituita dal Signore anche la confessione integra dei peccati, e che questa è necessaria per diritto divino a quanti sono caduti in peccato dopo il Battesimo, perché Nostro Signore Gesù Cristo mentre stava per ascendere dalla terra al cielo, lasciò i sacerdoti suoi vicari come presidi e giudici, ai quali siano deferiti tutti i crimini mortali, perché pronuncino in virtù del potere delle chiavi la sentenza di remissione o di retenzione dei peccati.
Consta infatti che i sacerdoti non potrebbero né esercitare questo potere giudiziale senza conoscere la causa né osservare l’equità nell’imporre le pene se i fedeli stessi non dichiarassero prima i loro peccati non solo in genere ma anche in specie e singolarmente” (Concilio di Trento, sess. 14,5).
Giovanni Paolo II in Reconciliatio et Poenitentia ha ribadito questa dottrina: “La confessione individuale e integra dei peccati con l’assoluzione egualmente individuale costituisce l’unico modo ordinario con cui il fedele consapevole di peccato grave è riconciliato con Dio e con la Chiesa.
Da questa riconferma dell’insegnamento della Chiesa risulta chiaramente che ogni peccato grave deve essere sempre dichiarato con le sue circostanze determinanti in una confessione individuale” (RP 33).
Le motivazioni di questa necessità sono le seguenti:
– un peccato grave non può essere rimesso senza che vengano rimessi anche tutti gli altri (diversamente non c’è vera conversione);
– il sacerdote (non potrebbe esercitare il suo ruolo di giudice e di medico (RP 31,3)
2. Sulla necessità di confessare anche la specie e le circostanze che la mutano, il Concilio di Trento dice: “Si deduce inoltre che devono essere spiegate in confessione anche le circostanze che mutano la specie del peccato, perché senza di esse gli stessi peccati non sono esposti integralmente dai penitenti, né appaiono ai giudici, per cui essi non possono giudicare rettamente della gravità dei crimini ed imporre ai penitenti la pena ad essa corrispondente” (DS1682) .
In un messaggio rivolto alla Penitenzieria maggiore (22.3.1996) Giovanni Paolo II ha detto: “La confessione deve poi essere integra, nel senso che deve enunciare ‘tutti i peccati mortali’, come espressamente afferma il concilio di Trento (sess. XIV, cap. 5), che spiega questa necessità non nei limiti di una semplice prescrizione disciplinare della Chiesa, ma come esigenza di diritto divino, perché nella stessa istituzione del sacramento così il Signore ha stabilito”.
Ti saluto, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo
"Il fedele è tenuto all’obbligo di confessare secondo la specie e il numero tutti i peccati gravi commessi dopo il Battesimo e non ancora rimessi mediante il potere delle chiavi della Chiesa, né accusati nella confessione individuale, dei quali abbia coscienza dopo un diligente esame" (can 988,1).