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Quesito

Carissimo padre Angelo
ho saputo del sito degli Amici Domenicani e soprattutto della sua rubrica da mio fratello ed ho subito iniziato a leggere le sue lettere. Pur essendo molto vicino all’Opera di Maria e pur facendo di tutto per redimermi mi reputo, anzi lo sono un peccatore. Mi sono posto sempre, fra le tante, questa domanda riguardante le vocazioni. Sicuramente gli organi ecclesiali questo problema l’avranno studiato ed esaminato, ma non riesco ad intravedere alcuna soluzione e soprattutto non riesco a capire il perchè di questa carenza vocazionale.
La saluto e sempre in Gesù un abbraccio
Paolo


Risposta del sacerdote

Caro Paolo,
La carenza di vocazioni, grazie a Dio, non è un fenomeno universale, ma tocca alcuni paesi dell’Occidente, tra cui l’Italia.
I motivi di tale carenza sono molti. Ne menziono alcuni.

1. Il primo è dovuto certamente a un calo di natalità, che dalle nostre parti è vistoso. È evidente che se oggi nascono 10 bambini al posto dei cento di una volta, non si potrà avere il medesimo tasso di vocazioni di una una volta.

2. Inoltre, come ha ricordato Giovanni Paolo II, in una famiglia numerosa i figli vengono educati fin dall’inizio alla condivisione e pertanto anche a maggiore generosità e spirito di sacrificio. In tale contesto è più facile che sbocci la volontà di donare tutta la propria vita a Cristo e ai fratelli.
Ma oggi le famiglie numerose (e oggi per numerose non s’intendono quelle di una volta, ma quelle che hanno tre o quattro figli) sono poche, anzi molto poche. Di qui un ulteriore motivo di carenza di vocazioni.

3. Ma oltre a queste motivazioni, potrei dire di carattere sociologico, ve ne sono altre.
Tra queste la più vistosa è la mancanza di ideali. La vita viene vista solo nella prospettiva del godimento, del divertimento.
Ora consacrarsi al Signore è la cosa più bella che vi possa essere, ma non è percepita immediatamente come un divertimento, anzi, come la negazione del divertimento.

4. Vi sono poi motivazioni che potrei chiamare di fede.
La prima: la mancanza dell’urgenza circa quello che S. Alfonso chiamava “l’affare più importante della nostra vita”: la sollecitudine della propria salvezza eterna.
Giovanni Paolo II diceva che oggi assistiamo ad un’anestesia delle coscienze e che gli uomini vivono incuranti del loro destino eterno.
Gesù invece ha detto: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?” (Lc 9,25).
Non si parla più della vita futura, alla quale invece dobbiamo prepararci.
Non si parla più della necessità e dell’urgenza di vivere nella grazia di Dio, senza la quale non si entra nella vita eterna.
Ora le vocazioni al sacerdozio sono giustificate in definitiva proprio per questo obiettivo.
Padre Pio da Pietrelcina diceva che sono necessari i sacerdoti, perché se non mietiamo noi, miete il diavolo.
Come vedi, la crisi di vocazioni è sintomo di una mancanza di fede, di spirito soprannaturale.

5. Andando in Colombia per una visita pastorale a quel paese del Sud America, Giovanni Paolo II aveva detto che là dove viene assicurata una buona formazione, le vocazioni non mancano.
Qui, evidentemente, tocchiamo un tasto delicato, ma pure vero, perché porterebbe a interrogarsi sulla qualità della formazione che viene data ai futuri sacerdoti. E a noi non solo mancano i dati, ma anche la competenza per emettere un tale giudizio.
Dobbiamo però riconoscere che Giovanni Paolo II sapeva quello che diceva perché aveva una visione dettagliata e accurata su questo argomento.

6. Infine dobbiamo anche dire che più che crisi di chiamate (perché le vocazioni sono chiamate) vi è crisi di risposte.
Molti giovani hanno a cuore il problema delle vocazioni e pregano per questo. Ma chiedono al Signore che chiami i loro colleghi, cioè gli altri.
Anche alcuni genitori pregano per le vocazioni, ben sapendo che Gesù ha detto: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!» (Mt 9,37-38). Pregano però perché il Signore chiami i figli dei loro colleghi, e cioè degli altri genitori. Non pregano perché il Signore chiami i loro figli.

7. Mi auguro, caro Paolo, che tu sia tra quelli che pregano incessantemente il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe.
Mi auguro soprattutto che tu sia tra quelli che insieme al profeta Isaia, dopo aver sentito il Signore che dice: «Chi manderò e chi andrà per noi?», rispondi prontamente: «Eccomi, manda me!» (Is 6,8).

Questa sera, scendendo per la Messa, chiederò questa grazia per te e per molti altri giovani che si trovano nella tua stessa situazione.
Intanto ti ringrazio del quesito, ti saluto e ti benedico.
Padre Angelo