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Quesito

Salve caro Padre, un grande abbraccio in anticipo,
volevo chiedere il Suo parere su una cosa. Io ho preso la laurea in scienze religiose e in teologia morale ero piuttosto bravino; purtroppo ahimè, sono una coscienza troppo scrupolosa, ma pian piano il Signore mi sta aiutando. Venendo al punto, io mi trovo in forte disaccordo con quanto dice un parroco della mia zona, invitando spesso le persone ad ascoltare il loro cuore perchè, secondo lui, lì si trovano le risposte. Non sono d’accordo perchè a me hanno insegnato che la coscienza deve essere formata e dipende dal tipo di cuore che ha una persona. Se bastasse unicamente ascoltare il cuore, che senso ha ascoltare la parola di Dio? Che senso ha la catechesi?  E’ vero come dice il Concilio, che l’uomo dentro di sè sente una legge che non è lui a darsi e che Dio parla nel proprio intimo, ma è anche vero che chi è stato o chi è lontano da Dio deve riabituarsi e deve purificare il proprio intimo. Io questo lo vedo perchè molta gente, lontana da Dio ma non solo, scambia cose sbagliate per cose giuste: quanti che conosco si prendono la comunione anche se non sono in grazia di Dio; quanti rovinano matrimoni perchè dicono che si sono innamorati e che al cuore non si comanda. Di esempi come questi ce ne sono un mare, gente che pensa di fare la cosa giusta ma in realtà non lo fa affatto perchè hanno delle coscienze lasse o indurite. Per esempio amici miei dicono che fare l’amore con la fidanzata, per loro non è peccato, perchè si amano, e così via. Dunque non sono d’accordo con questo parroco perchè secondo lui, siccome nel fondo del cuore ci sta Dio, cosa giusta, chi ascolta il cuore non sbaglia, cosa sbagliata per me, perchè dipende dalla persona che può anche avere un cuore duro. Questo è il primo punto, Lei è d’accordo con me?
Secondo punto. Il mio prof. di teologia morale, bravissimo e preparato, ci ha fatto capire, ed ha molto insistito su questo aspetto, che la coscienza non è un sentimento, ma è un giudizio della ragione, dunque non legato a quello che io sento o non sento, al fatto che io sia arido o meno, al fatto che sia ansioso o depresso. Questo lo dico per me perchè quando sto male da un punto di vista psicologico, mi sento in colpa per cretinate, gli scrupoli. Dunque lei è d’accordo sul fatto che io quando mi devo fare l’analisi di coscienza debba vagliare le cose sul piano della ragione? Ad esempio: se mi sento in colpa perchè mi sono messo le dita nel naso, ed io razionalmente so e comprendo che è una cosa sciocca, ma la mia ansia o il mio umore mi dicono che devo dirla al confessore, in quel caso non mi devo affidare alla mia ragione senza sentirmi in colpa? 
Grazie in anticipo.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. un parroco della tua zona dice che è necessario ascoltare il cuore.
Probabilmente tu vai aldilà delle sue intenzioni. Perché è necessario esaminare il contesto in cui ha preferito questa espressione che in se stessa è accettabile.
Sono convinto infatti che non giungerebbe a sostenere che tutto è lecito perché è comandato dal cuore.

2. In ogni caso la tua puntualizzazione esatta.
Ed è pertinente il riferimento al Concilio Vaticano II che a proposito della coscienza dice: “Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente dice alle orecchie del cuore: fa questo, fuggi quest’altro. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato.
La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo” (Gaudium et spes,16).

3. Nella coscienza poi vi sono alcuni primi principi che sono identici in tutti quanti gli uomini e sono indistruttibili, come ad esempio quelli che comandano il rispetto della vita umana, il diritto di stringere amicizie e di formarsi una famiglia, il diritto a vivere all’interno della società.
In altre norme invece la coscienza può subire una corruzione a motivo della propria cattiva condotta o anche perché la si è lasciata nell’ignoranza. San Paolo dice che alcuni si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi (cfr. Fil 3,19).
Ciò significa che in alcuni casi può ottenebrarsi e giungere a chiamare bene il male e male il bene.

4. Opportunamente Giovanni Paolo II ha detto che “non è sufficiente dire: “Segui sempre la tua coscienza” (e cioè: “segui sempre il tuo cuore”, n.d.r.).
È necessario aggiungere subito e sempre:Chiediti se la tua coscienza dice il vero o il falso e cerca instancabilmente di conoscere la verità”.
Se non si facesse questa necessaria precisazione, l’uomo rischierebbe di trovare nella sua coscienza una forza distruttrice della sua umanità vera, anziché il luogo santo ove Dio gli rivela il suo bene” (17.8.1983).

5. Anche Paolo VI ha espresso il medesimo concetto quando ha detto:
“Bisogna, innanzitutto, rilevare che la coscienza, di per se stessa, non è arbitra del valore morale delle azioni ch’essa suggerisce. La coscienza è l’interprete d’una norma interiore e superiore; non la crea da sé. Essa è illuminata dalla intuizione di certi principi normativi, connaturali nella ragione umana; la coscienza non è la fonte del bene e del male; è l’avvertenza, è l’ascoltazione di una voce, che si chiama appunto la voce della coscienza, è il richiamo alla conformità che un’azione deve avere ad una esigenza intrinseca all’uomo, affinché l’uomo sia vero e perfetto. Cioè è l’intimazione soggettiva e immediata di una legge, che dobbiamo chiamare naturale, nonostante che molti oggi non vogliano più sentir parlare di legge naturale” (12.2.1969).

6. Ed è giusta anche la sottolineatura del tuo docente di morale: la coscienza non è un sentimento, ma è essenzialmente un giudizio di conformità tra la nostra azione e il suo dover essere.
Non può essere identificata con i sentimenti del cuore che talvolta per patologie indecifrabili soffre di ansie e di paure ingiustificate.

7. Quando si dice che è un giudizio si vuole sottolineare che è un’attività dell’intelligenza e in quanto tale vuole portare la luce della legge di Dio nelle nostre azioni.
Giovanni Paolo II in Veritatis splendor ha precisato che “il giudizio della coscienza è un giudizio pratico, ossia un giudizio che intìma che cosa l’uomo deve fare o non fare, oppure che valuta un atto da lui ormai compiuto” (VS 59).
E ancor più precisamente: “il giudizio della coscienza non stabilisce la legge, ma attesta l’autorità della legge naturale e della ragione pratica in riferimento al bene supremo” (VS 60).

Con l’augurio che la tua coscienza rimanga sempre limpida e non si lasci sopraffare dalle emozioni, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo