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Quesito
Gentile Padre,
mi capita talvolta di ascoltare dei teologi in chiesa e per televisione ed avere delle perplessità. Sono due le affermazioni che mi impensieriscono, una un’affermazione che purtroppo ho più volte sentito a messa ovvero"che l’essere sfortunati, non da meriti particolari e che non necessariamente chi è sfortunato è buono",la seconda affermazione l’ho sentita in televisione mentre si parlava delle cure palliative,ovvero "che ci si salva solo attraverso l’amore e non anche grazie alla sofferenza". Queste affermazioni potrebbero avere anche in parte un contenuto teologico corretto, ma mi danno da riflettere.
Pur essendo giovane sono stato affetto da schizofrenia per cinque anni e ad un certo punto ho pensato che mi avrebbero rinchiuso in manicomio per sempre, poi ne sono uscito e tendevo a lamentarmi con Dio, perchè essendo rimasto apatico e avendo perso le lacrime, mi chiedevo se Dio mi avesse punito privandomi del mio cuore. Oggi ho smesso di lamentarmi di questo mio stato, perchè qualora anche Dio non dovesse più accogliermi, ho degli amici talmente sfortunati, in giovane età, tra i 20 e i 30 anni, talmente malati, da capire che se anche sono stato malato, rispetto a loro non ho avuto nulla.
Le parlo di un ragazzo che ha avuto un infarto intestinale e che vive tra crampi addominali dovuti ad aderenze all’intestino che lo lascia con dolori lancinanti, e di una ragazza che ha una sindrome dalla nascita, per anni in dialisi che avrà fatto almeno una decina di interventi, più o meno grandi, avendo tutti gli organi compressi.
Da tempo ormai mi sono reso conto che la fortuna non è suddivisa tra le persone allo stesso modo. Ho in mente anche casi di gente fortunatissima tra i miei conoscenti.
Anche perchè io e le persone nominate, causa salute, siamo stati anche un po’ fregati, per quanto riguarda la possibile costituzione di una famiglia.
Naturalmente, potrebbe scattare il brutto e non giustificabile sentimento di invidia. Però mi chiedo questi teologi che banalizzano la sfortuna e la sofferenza, non banalizzano un po’ le prove che noi abbiamo e Cristo stesso non è morto sulla croce per dirci qualcosa, riguardo a come si debba accettare anche il dolore?
Sicuramente forse Seneca esagerava, quando diceva che è agli uomini migliori che vengono date prove grandi dagli Dei, chi è sfortunato potrebbe per ipotesi essere anche cattivo, ma la serenità con la quale i miei amici affrontano i loro problemi, la loro assenza di lamentele, la gioia con cui offrono le loro sofferenze quotidianamente a Dio, mi fa pensare che un qualche merito rispetto a chi si gode la vita e basta, soprattutto a livello di difficoltà ce l’abbiano.
Certo un grande santo non deve per forza soffrire tantissimo, alcuni santi sono malati o martiri ed altri no. Però la sfortuna e la sofferenza devono pur dire qualcosa.
Non può essere che Dio ami particolarmente queste persone?
Un saluto e mi scusi se mi sono dilungato
Franco
Risposta del sacerdote
Caro Franco,
1. bisogna capire le parole dei teologi nel loro vero significato.
La sofferenza in quanto tale non è salvifica. Pensa alla situazione dei due ladroni ai lati di Gesù in croce: per uno è stata salvifica, per l’altro no.
Dipende da come la si prende e la si offre.
2. Quando è vissuta bene costituisce un motivo per amare il Signore in maniera più grande, perché chi soffre per amore di Dio dona qualcosa di più caro: la salute. La offre a Dio per la riparazione dei peccati, per la conversione dei peccatori, la salvezza delle anime, la santificazione dei giovani, le vocazioni, i malati….
3. Mi dici che diverse persone a motivo delle malattie che li colpiscono non possono formarsi una famiglia.
Questo è vero se intendi la famiglia in senso biologico.
Ma se vivono la loro sofferenza uniti a Cristo generano alla grazia e alla vita eterna una moltitudine di persone ed esercitano un’autentica paternità e maternità su molte anime.
4. La mia paternità è di ordine spirituale e dura eternamente. Anche la tua può essere così, anche se non sei sacerdote.
Di qui vedi il capovolgimento dei valori mondani fatto dal Signore: gli ultimi secondo il mondo diventano primi davanti a Dio e i primi secondo il mondo sono ultimi davanti a Dio.
5. Ti ringrazio per la bella testimonianza circa tuoi amici che vivono nella sofferenza. La gioia con cui offrono li fa diventare davvero grandi, utilissimi per la chiesa e il mondo.
Il loro dolore è salvifico.
Quante grazie ci arrivano proprio da loro.
Quante disgrazie ci vengono evitate per la loro gioiosa offerta.
Il Signore già li ripaga con la loro grande serenità di spirito.
Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo