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Quesito
Reverendo Padre Angelo,
Sono Ettore. Dopo avere scoperto l’esistenza della Sua rubrica, non esito a porLe i miei quesiti in materia di fede, tenendo in considerazione la sua corposa esperienza nell’ambito della teologia morale, disciplina che mi affascina in quanto indaga i valori e le norme che riguardano tutto l’agire umano alla luce della rivelazione cristiana. Le ho scritto qualche tempo fa e Lei mi ha dato delle indicazioni su come custodire e alimentare la vocazione al sacerdozio, adesso necessito di una sua illuminante risposta. (…).
Ma la questione che mi causa maggiore inquietudine e per la quale chiedo il Suo aiuto è la seguente. Come Lei avrà già compreso, io ho il terrore di compiere peccato, perché so che il peccato spezza il vincolo di amicizia con il Signore e mi rende un essere meschino e schiavo, poiché per citare le parole di Gesù:” chi fa il peccato è schiavo del peccato”. Il problema è che questo terrore ha aperto la porta agli scrupoli. Vivo nel perenne timore di offendere Dio inconsapevolmente, compiendo un’azione che non ritengo peccaminosa, nonostante il mio studio credo sempre di essere impreparato e inadeguato. Inoltre sono mio malgrado, vincolato al mio passato, poiché temo sempre di non avere fatto una buona confessione per difetto di pentimento o per le parole del confessore. L’ultimo sacerdote dal quale mi sono confessato, mi ha detto solo:” io ti assolvo da tutti i tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, ma la Chiesa dice che prima di dare l’assoluzione devono essere pronunciate le seguenti parole:” Dio Padre Onnipotente che ha riconciliato a sé il mondo…”. Queste parole sono state omesse dal sacerdote e mi chiedo se l’assoluzione sia valida. (…)
Mi rendo conto poi dell’astuzia di Satana e so che egli può travestirsi da angelo di luce, e mi assale di nuovo il terrore di non riconoscere il peccato e di essere ingannato perdendo la comunione con Dio. Il diavolo può camuffare il peccato e la mia paura è non essere in grado di riconoscerlo.
A questo punto mi sento tranquillo solo in Chiesa, dove trascorro la maggior parte del mio tempo, mi sento al sicuro solo stando concretamente nella casa del Signore. Ho timore perché so che appena metto piede fuori dalla Chiesa sono in pericolo e posso cadere in tentazione, ecco che la parrocchia diventa la mia casa il mio rifugio e allora sono felice. (…).
Ho anche ridotto le uscite con i miei amici per il timore di commettere qualche atto non perfettamente aderente alla dottrina cattolica e trascinato dalla compagnia potrei recare offesa al Signore anche considerando la totale mancanza di rispetto dei miei coetanei verso le cose di Dio. Io so con certezza che l’unica vera amicizia che ho conosciuto è quella con il Signore e le assicuro che è un’amicizia incredibile. (…).
Ecco perché voglio fare il sacerdote, perché in questo modo posso trascorrere tutta la mia vita a servire il Signore senza alcuna distrazione di questo mondo.
Voglio che Gesù sia il fulcro di tutta la mia vita, il centro dei miei pensieri e l’unico verso cui destinare il mio amore.
In attesa di una sua risposta la ricordo al Signore e le dedico un altro Rosario.
Con devoto e filiale ossequio,
Ettore
Risposta del sacerdote
Caro Ettore,
1. sono contento di sentirti di nuovo.
Soprattutto sono contento per la tua volontà di stare unito al Signore.
In altre parole, per la tua volontà di diventare santo.
Non solo, ma anche di essere un santo sacerdote, come Dio ti vuole.
2. Tuttavia devi fare attenzione agli scrupoli che possono portare ad una ossessiva preoccupazione di non commettere peccato.
Con questo non dico affatto che si debba essere leggeri in coscienza e di esporsi al peccato. No, per carità!
Ma con la volontà di vivere sempre in grazia di Dio e di fruire della sua amicizia siamo certi in partenza che le nostre azioni non saranno mai al massimo delle nostre risorse.
Il Signore però non chiede questo: chiede invece che ci atteniamo ai criteri comunidella prudenza che ci aiutano ad evitare il male e a fare il bene.
Criteri comuni sono quelli con i quali serenamente compiamo il proprio dovere, senza affanni.
3. Ciò che rende perfetta ogni nostra azione agli occhi di Dio è l’amore con cui accompagniamo il compimento del nostro dovere.
Si trattasse pure di azioni banali e umili, se vengono compiute con un grado molto alto di carità, acquistano davanti a Dio grande valore.
Non è la loro perfezione umana che attira il gradimento di Dio, ma l’amore con il quale teniamo aperto e doniamo il nostro cuore al Signore per ricevere il suo.
4. Per questo, al posto dello scrupolo che può diventare una malattia, cerca di mettere sempre il tuo amore per il Signore, per la Madonna santissima, per i tuoi santi, per il tuo prossimo.
Anzi a proposito dello scrupolo tieni presenti le massime di San Giovanni Bosco e di San Filippo Neri: “Tutto ciò che turba e porta via la pace, non viene da Dio”; “Scrupolo e malinconia via da casa mia”.
Quando senti che il tuo cuore viene assediato degli scrupoli, sgravati subito da questo peso e dì al Signore: “Mio Dio ti amo”. Oppure anche la parola della Maddalena quando ha sentito la voce di Gesù risorto che la chiamava per nome. Gli disse: “Rabbunì”, che non significa soltanto Maestro, ma “Maestro mio dolce”.
È bello esprimerci con il Signore con questa parola di affetto. La gradisce. È il Signore stesso che la suggerisce nel Vangelo attraverso la figura della Maddalena.
Tutta la nostra vita deve diventare un poema di amore per il Signore, impregnata pertanto di serenità e di gioia.
5. Gli scrupoli possono avere varie cause. Forse in te possono derivare da un temperamento perfezionista, del quale il demonio ne approfitta per mettere ansia.
Se è così, invoca Gesù e la Madonna, anche solo pronunziandone il nome con devozione il nome.
Infatti quando pronunciamo il nome di Gesù, il Signore si rende presente e operante nella nostra vita con la sua potenza salvatrice.
La stessa cosa avviene anche quando con devozione pronunciamo il nome della Madonna santissima.
6. Vengo adesso ad altre due questioni.
Non so dirti se sia un bene limitare le uscite con gli amici perché è ben vero che la loro compagnia potrebbe talvolta avere carattere di superficialità (per usare un eufemismo), mentre nella preghiera acquisisci dei meriti.
Tuttavia la tua presenza tra gli amici potrebbe essere salutare per la loro vita eterna.
A questo proposito mi piace ricordare il tormento che provava in se stesso San Francesco ad Assisi. Se pensava alla preghiera, si sentiva unito al Signore, riempito di grazia e purificato nei sentimenti.
Se pensava alla predicazione (nel tuo caso si tratta di stare con gli amici senza far loro la predica) si sentiva impreparato, inesperto nel parlare. Gli pareva che la sua anima nella predicazione si impolverasse.
Però, diceva: “A favore della predicazione, c’è una cosa, e sembra che da sola abbia davanti a Dio un peso maggiore di tutte le altre, ed è che l’Unigenito di Dio, sapienza infinita, per la salvezza delle anime è disceso dal seno del Padre,ha rinnovato il mondo col suo esempio, parlando agli uomini la Parola di salvezza e ha dato il suo sangue come prezzo per riscattarli, lavacro per purificarli, bevanda per fortificarli, nulla assolutamente riservando per se stesso, ma tutto dispensando generosamente per la nostra salvezza.
Ora noi dobbiamo fare tutto, secondo il modello che vediamo risplendere in Lui, come su un monte eccelso” (Fonti francescane, 1204).
Tuttavia non va sottovalutato quanto hai scritto: “Voglio fare il sacerdote, perché in questo modo posso trascorrere tutta la mia vita a servire il Signore senza alcuna distrazione di questo mondo. Voglio che Gesù sia il fulcro di tutta la mia vita, il centro dei miei pensieri e l’unico verso cui destinare il mio amore”.
Queste parole fanno pensare a quanto ha detto San Paolo: “Io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore” (1 Cor 7,32).
Può darsi che il Signore ti chiami ad un sacerdozio vissuto più nella vita religiosa che nella vita diocesana. Su questo se ne può parlare in seguito.
Intanto sul tuo stare con gli amici, che a me preme in modo particolare, confrontati con il tuo confessore e poi stai alle sue indicazioni. Così sarai certo di fare la volontà di Dio.
7. Per la seconda questione: per la quantità del pentimento è sufficiente che tu reciti con devozione la formula dell’atto di dolore. In quelle parole vi è tutto ciò che è richiesto.
Inoltre per la validità della assoluzione sacramentale sono sufficienti le seguenti parole: “Io ti assolvo”.
È meglio certamente se il sacerdote recita tutta la formula. Talvolta però non ne ha il tempo perché ci sono altri penitenti che attendono oppure per altri giusti motivi.
Ti ringrazio molto per il Santo Rosario che hai recitato per me.
Tra breve celebrerò la Santa Messa della festa di Santa Maria Maddalena.
Ti ricorderò al Signore e chiederò a questa Santa che ti sia propizia davanti a Dio.
Ti benedico,
padre Angelo