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Quesito
Caro Padre Angelo,
sono …. e sono sposata da 5 anni con una bimba di 2 anni…. io e mio marito viviamo una fede abbastanza forte e praticata…. seguiamo i metodi naturali…. Anche se a volte con difficoltà. … poiché a volte sentiamo il bisogno non solo carnale ma anche sentimentale di amarci senza contar i giorni (mi riferisco a quelli non fertili) …. a volte ci sentiamo limitati in qst….a volte i giorni non fertili nn combaciano con i giorni dove abbiamo tempo da dedicare a noi ecc…. quindi vorrei farle delle domande (chiedo scusa se sarò "cruda" nei termini ma vorrei farmi capire bene)
1-nei giorni fertili (per un po non dobbiamo neppure rischiare una gravidanza xke x problemi fisici sarei costretta ad abortire e non lo vogliamo assolutamente) è possibile poter aver altro tipo di rapporti? Se si quali? Premettendo in comune accordo….concedendoci entrambi per piacere della coppia dei sentimenti e cn assoluto rispetto (rapporto orale … con conseguenza orgasmo femminile e maschile (in qst ultimo con eiaculazione per forza in bocca o anche al di fuori?) O rapporti anali….. ecc… )
2- durante i giorni non fertili i rapporti sono completi e liberi….con eiaculazione interna…. ma nei preliminari possono esserci rapporti anali e/o orali?
Grazie per la risposta e aver letto tutto
Risposta del sacerdote
Carissima,
1. Paolo VI nell’Enciclica Humanae vitae ha inteso insegnare quali siano le vie di Dio nell’esercizio della sessualità coniugale.
Per vie di Dio s’intendono quelle che portano a Dio, parlano di Dio e tengono uniti a Dio.
Le altre di fatto allontanano da lui e sono peccato. Anzi sono un peccato grave proprio perché fanno perdere la carità, e cioè la presenza di Dio in noi e la nostra in Dio secondo quanto insegna San Giovanni quando dice: “Dio è amore (carità); chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (1 Gv 4,16).
2. Senza scendere nelle conclusioni dei vari casi (rapporti orali, anali…) ai quali vi si arriva leggendo attentamente la sua dichiarazione, il Papa ha detto che “è altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione dei figli” (HV 14).
E ha detto anche che “qualsiasi azione all’interno del matrimonio (quilibet matrimonii usus) deve rimanere aperta alla trasmissione della vita” (HV 11).
3. Inoltre ha affermato che solo “salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paternità” (HV 12).
Il che significa che un atto frustrato della sua finalità procreativa, per quanto lo si voglia ancora definire gesto di amore, non è più integralmente un gesto di amore mutuo e vero.
4. E con l’amore vero viene meno anche il rispetto reciproco.
Questo concetto è stato sviluppato da Giovanni Paolo II quando in Familiaris consortio ha affermato che i coniugi quando “scindono questi due significati che Dio creatore ha iscritti nell’essere dell’uomo e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale… manipolano e avviliscono la sessualità umana, e con essa la persona propria e del coniuge, alterandone il valore di donazione totale” (FC 32)
In altra occasione Giovanni Paolo II ha detto che “nell’atto coniugale non è lecito separare artificialmente il significato unitivo dal significato procreativo perché l’uno e l’altro appartengono alla verità intima dell’atto coniugale: l’uno si attua insieme all’altro e in certo senso l’uno attraverso l’altro.
Quindi l’atto coniugale privo della sua verità interiore, perché privato artificialmente della sua capacità procreativa, cessa di essere atto di amore” (22.8.1984).
5. In questa linea si era già espresso il Concilio Vaticano II: “Quando si tratta di comporre l’amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi che hanno il loro fondamento nella dignità stessa della persona umana e dei suoi atti e sono destinati a mantenere in un contesto di vero amore l’integro senso della mutua donazione e della procreazione umana, e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale.
I figli della Chiesa, fondati su questi principi, non potranno seguire strade che sono condannate dal Magistero nella spiegazione della legge divina” (Gaudium et spes 51).
6. Per quanto riguarda il secondo punto della tua mail sono ugualmente non conformi alla legge di Dio altri tipi di rapporti come quelli da te menzionati.
Come ricorda il Concilio, anche nell’intimità coniugale va “coltivata con sincero animo la virtù della castità” (Gs 51).
E questa “impone indubbiamente un’ascesi”, come dice Paolo VI in Humanae vitae 21).
Ma “quell’ascesi della continenza, di cui parla l’enciclica (HV 21), non comporta l’impoverimento delle manifestazioni affettive, anzi le rende più intense spiritualmente, e quindi ne comporta l’arricchimento”(Giovanni Paolo II, 24.10.1984).
In conclusione va fatta questa distinzione: un conto è quello di cercare tutti i modi per rendere possibile l’atto coniugale.
E un altro conto invece è quello di abbandonarsi a pratiche che non sono consone al rispetto delle persone e al vero dono di sé, anche se materialmente si concludono con un normale rapporto.
Ti ricordo al Signore e con te ricordo la tua famiglia, vi auguro ogni bene e vi benedico.
Padre Angelo