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Quesito
Caro Padre Angelo,
mi sono purtroppo impantanato su un ragionamento esistenziale dopo aver letto dialogo della divina provvidenza
Si parla di vita o morte eterna riferita all’anima e vorrei capire meglio il senso di queste affermazioni, in particolare, dato che dopo la morte terrena l’anima continua a esistere, e ne siamo coscienti, allora questo vuol dire che la morte intesa come annullamento della propria coscienza, semplicemente non esiste, dato che si continua a vivere, o in inferno, purgatorio o paradiso.
E dato che questi tre stati dipendono dal fatto che l’uomo rifiuti, accetti imperfettamente, accetti perfettamente, l’amore di Dio manifestatosi in particolare con la creazione e redenzione, ne consegue che l’uomo in pratica è obbligato ad accettare l’amore di Dio se non ne vuole giustamente soffrire.
Ora il mio problema è proprio questo: non trovo logico il fatto di essere obbligato a esistere per sempre, per di più con l’unica funzione di rendere gloria a Dio.
Viceversa sarebbe più normale che se rifiuto l’amore di Dio il mio danno sarebbe di perdere l’esistenza e quindi la possibilità di provare ogni gioia o dolore, e sarebbe più attinente con il concetto di libero arbitro e di scelta tra vita e morte.
Capisco anche che essendo Dio, è libero di creare creature obbligate a rendergli onore, ma così elaboro un suo attributo più vicino alla vanità che all’amore.
Insomma, con queste premesse ho dei problemi a vivere serenamente il mio rapporto con Dio, anche perchè non corrisponde all’idea di Dio espressa dal vangelo, quindi al posto di pensare che Dio si comporta da tiranno creando esseri immortali con lo scopo o di soffrire o di lodarlo, penso che sia io ad avere ragionato scorrettamente ma non trovo l’errore.
Mi può aiutare?
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. cerco di aiutarti volentieri.
La pista l’hai già individuata tu quando dici che il concetto di Dio che viene fuori dai tuoi ragionamento non corrisponde a quello del Vangelo.
Sembra infatti un Dio tiranno, che vuole dei servitori.
2. Se Dio cercasse dei servitori, non sarebbe più Dio, perché non avrebbe in sé tutta la pienezza della felicità. Gli mancherebbe ancora qualcosa.
3. Inoltre va anche detto che di fronte al bene della vita siamo totalmente passivi: non ci siamo creati da noi né ci è stato chiesto se volevamo venire al mondo. Del resto, quest’ultima cosa non sarebbe neanche fattibile.
4. Chi ci ha messo al mondo, era sicuro di farci un grande dono.
Diversamente avresti dovuto mettere i tuoi genitori sul banco degli imputati, prima ancora di mettervi lui.
5. Ma, poi, vivere è proprio una condanna?
Non pare dall’esperienza. E lo dimostra il nostro attaccamento alla vita.
La vita, che ci è stata donata, la amiamo immensamente e temiamo di perderla.
Quante volte ne hai gustato la bellezza e dal profondo del cuore hai ringraziato chi ti ha messo al mondo.
6. Circa la condanna ad esistere per sempre ti dico questo.
L’eternità non è un tempo che non passa mai. Se così fosse, ti porterebbe alla noia e avresti ragione.
Ma l’eternità è una condizione di vita in cui tutti i beni si hanno simultaneamente, senza che il presente diventi passato e senza dover attendere il futuro perché si ha già tutto.
Come è stato detto giustamente, l’eternità è un istante senza un prima e senza un dopo.
È difficile per noi capire bene tutto questo, proprio perché siamo nel tempo, e cioè tra il passato e il divenire. Tuttavia riusciamo fin d’ora a intuirne qualcosa.
7. Circa l’essere schiavi di Dio, penso che fin d’ora… non ne hai ancora fatto l’esperienza e non la farai mai.
E te ne do una dimostrazione.
Se qualcuno ti portasse in un luogo meraviglioso, dove senti il cuore palpitare di gioia e ti senti preso da una contentezza che ti pervade da poro a poro, non diresti che questa persona ti ha condannato a essere contento, ma la ringrazieresti infinitamente.
E questo perché l’essere contenti è secondo le esigenze della nostra natura.
8. Inoltre l’espressione "rendere gloria a Dio" va intesa bene: noi rendiamo gloria a Dio quando attingiamo da Lui bene su bene, gioia sui gioia, nel medesimo modo che rendi gloria al sole nella misura in cui sai sfruttarne la sua potenza, la sua luce e il suo calore.
Non è una condanna avere il sole, ma un dono.
Così stare con Dio è il massimo dei doni che ci possano capitare.
9. L’inferno è il rifiuto di essere amati da Dio.
Di qua ci si compensa e ci si distrae con le creature.
Di là, invece, ogni ben lo si ha direttamente in Dio. E fuori di Dio non vi sarà alcun bene, ma solo male.
10. Come vedi, ho evitato di usare l’espressione “Dio manda all’inferno” perché l’inferno ognuno lo sceglie, per lo più indirettamente, staccandosi da Dio.
Sappiamo però che Dio fa di tutto, senza sosta e fino all’ultimo, perché nessuno sia così pazzo da scegliersi questo destino.
Ma per chi rimane ostinato fino alla fine, vale l’espressione del Signore; “Sarebbe meglio per lui se non fosse mai nato” (Mt 26,24).
Ti ringrazio, ti saluto, ti ricordo al Signore ti benedico.
Padre Angelo