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Quesito
Salve,
sono Angelo.
Le scrivo per chiederLe se può presentarmi la figura del frate cooperatore nell’ordine e nella società.
La saluto e ringrazio per il tempo che vorrà dedicare a tale risposta.
Angelo
Risposta del sacerdote
Caro Angelo,
rispondo alla tua email con una terza puntata.
Questa volta voglio presentare alcuni i frati cooperatori domenicani proclamati santi dalla Chiesa.
Ne presento due, Giovanni Macias e Martin de Porres. Vissero ambedue nella medesima città, Lima, e nel medesimo tempo, anche se non nello stesso convento. Siamo all’inizio del secolo XVII.
1. San Giovanni Macias (1585-1645) nacque nel 1585 a Ribera in Estremadura (Spagna).
I suoi genitori erano nobili: Pedro de Arcas e Juana Sanchez. Il suo nome sarebbe Juan de Arcas Sanchez. Ma morirono presto e il bambino orfano venne mandato dallo zio a pascolare. Il pascolo era chiamato "Macias” e così il suo nome divenne Juan (Giovanni) Macias.
Avendo contemplato in una visione le dimore del cielo, volle andare in America per vivere su questa terra come straniero e pellegrino.
Giunse a Lima, dove chiese di diventare frate converso. Nel 1622 entrò nel convento domenicano dedicato a S. Maria Maddalena.
Gli fu data l’incombenza di stare alla porta del convento, ma quel ruolo era ben più di un ufficio o di un ente di beneficenza.
2. Lì fra Giovanni diventò la provvidenza dei poveri: dava loro mangiare e nello stesso tempo li catechizzava.
Ne serviva duecento ogni giorno in ginocchio e la sua riputazione divenne così grande che fu chiamato il “Padre dei poveri”.
A raccogliere le elemosine per i suoi poveri mandava un somarello senza guida con due ceste sulla groppa. In città questo somarello era conosciuto e tutti quelli che potevano vi mettevano viveri e denaro. Fatto il suo giro per tutta la città se ne tornava carico in convento.
3. Aveva particolare attenzione per i poveri che si vergognavano della loro povertà, come alcuni nobili decaduti e li soccorreva di nascosto, a loro stessa insaputa.
Ebbe una grande devozione a Maria, il cui il Rosario lo recitava intero (di quindici poste) per tre volte al giorno: per se stesso, per i peccatori e per le anime del purgatorio.
Ricevette nella sua vita frequenti visite da San Giovanni evangelista, di cui portava il nome e del quale imitava la verginità, che gli permise di essere particolarmente caro a Dio.
Ricevette direttamente dal Signore tali lumi sui misteri della fede che ne parlava come un profondo teologo. Il reggente degli studi diceva: “quella di fra Giovanni è la scienza dei santi”, e cioè è la conoscenza delle cose di Dio propria di chi è in paradiso dove si apprende non, per via di studio ma in base al grado di carità e santità raggiunto sulla terra.
4. San Martin (1579-1639) è originario del Perù coloniale ed è figlio illegittimo di un nobile spagnolo e di una donna nera.
Così il piccolo Martin, nel suo sangue, manifesta l’incontro di due percorsi storici, di due culture, quella della Spagna conquistatrice e cattolica e quella dei neri deportati in America per servire come mano d’opera su questa grande estesa di terra.
Suo padre in un primo tempo non lo riconobbe. Solo più tardi, quando il ragazzo si rivela come un prodigio in tutta Lima, il padre gli dà il cognome: de Porres.
Inizialmente faceva da aiutante ad un barbiere che se necessario, a quei tempi, fungeva anche da infermiere e da chirurgo.
Riesce perfettamente in tutti i suoi interventi, sicché la gente va a gara per ricevere i servizi dal giovane Martin.
Ma questi all’età di quindici anni si presenta al Convento del Santo Rosario di Lima e domanda di essere accolto come terziario per servire la comunità.
Emetterà i voti di povertà, castità e obbedienza come frate cooperatore solo più avanti, nel 1603, quando viene a sapere che le sue azioni danno maggior gloria a Dio se sono comandate, oltre che dalla carità, anche dalla religione, e cioè dai voti.
5. San Martin de Porres con ardente carità si prende cura dei poveri e stupisce per alcune doti incredibili di guarigione e di preghiera.
Sono state riferite di lui parole che sono contrassegnate tanto dal buon senso comune quanto dal senso soprannaturale. Quando lo si rimproverò per aver messo un mendicante molto sporco nel suo letto, risponde: “La compassione è preferibile alla pulizia. Perché le lenzuola si lavano, mentre un torrente di lacrime non potrebbe cancellare la colpa commessa per la durezza contro un infelice”.
6. Il reggente di studi del convento aveva ben capito che fra Martin aveva la "scienza dei santi". Ma lui al contrario sosteneva che il demonio, che è superbo, lo tormentasse con questi elogi così perché era un povero frate converso, stupido e ignorante.
Aveva per i confratelli sacerdoti una grande venerazione per il sacerdozio di erano rivestiti.
La sua condizione di mulatto, come quella di un fratello converso, lo esponeva nella società del suo tempo a grandi umiliazioni, ma egli vi passava sopra.
La sua biografia, che si basa sulla testimonianza dei suoi confratelli e laici, attesta di fra Martin una carità veramente sorprendente, costantemente appoggiata sull’umiltà sempre invocata e che questa carità si estendeva anche agli animali (cani, gatti e topi).
7. Avrebbe voluto accendere l’universo intero dell’amor di Dio.
Non di rado lo si vedeva ardente di questo fuoco elevarsi da terra, anche alla presenza dei suoi confratelli e volava davanti al crocifisso per bere alla ferita dl suo costato.
Fece costruire in Lima un collegio per orfani e bambini esposti.
Giovanni XXIII, il 6 maggio 1962, nell’omelia pronunziata nel giorno della sua canonizzazione, ricorda che lo si chiamava "Martin della carità".
8. Ecco un breve profilo di quanto hanno fatto due campioni di frati cooperatori domenicani.
Essi hanno compiuto in maniera vistosa, perché così ha voluto Dio, quello che tanti altri fanno nel nascondimento della loro vita e nell’umiltà dei loro servizi.
Essi ricordano perennemente a tutti i loro confratelli sacerdoti che al di là dell’insegnamento e della predicazione ciò che più conta è la santità e l’umiltà di vita.
Ti saluto ancora, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo