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Quesito

Caro Padre Angelo,
mi è capitato di passare nella sua rubrica, dove risponde in modo chiaro e veramente ispirato a molte, moltissime e interessanti domande.
Dio La benedica per tutto il bene che compie con questo mezzo di apostolato moderno.
Ora, vorrei porle anch’io una domanda per capire, con il suo aiuto, che cosa sono “I MERITI DI CRISTO”?  cosa comprendono e quale valore hanno?
E ancora:  come poter dire la stessa parola “MERITI…” con un linguaggio più attuale e comprensibile?
La ringrazio Padre: mi benedica.
M. Cristina


Risposta del sacerdote

Cara M. Cristina,
1. per merito s’intende il diritto ad una ricompensa.
Un lavoratore che compie il suo lavoro per un tot di ore ha diritto alla rimunerazione.
La paga o salario che gli si dà non è un atto di generosità, ma di giustizia, perché se l’è meritata.
Quel bene è suo perché ci ha messo del suo.
Scrive San Tommaso: “Chiamiamo salario il compenso che si dà per una prestazione o per un lavoro, quasi come prezzo di esso. Perciò, come pagare il giusto prezzo per un acquisto è atto di giustizia; così è un atto di giustizia pagare il salario per una prestazione, o per un lavoro” (San Tommaso, Somma teologica I-II,114,1).
Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Il termine «merito» indica, in generale, la retribuzione dovuta da una comunità o da una società per l’azione di uno dei suoi membri riconosciuta come buona o cattiva, meritevole di ricompensa o di punizione. Il merito è relativo alla virtù della giustizia in conformità al principio dell’eguaglianza che ne è la norma” (CCC 2006).

2. Ebbene, Gesù per mezzo della sua passione e morte ha meritato per se stesso la glorificazione del corpo con la risurrezione e l’ascensione al cielo.
Inoltre ha meritato l’esaltazione e la venerazione del suo nome (leggi: della sua persona), come dice San Paolo: “Perciò Dio lo ha innalzato sopra tutte le cose e gli ha dato il nome più grande. Perché in onore di Gesù, in cielo, in terra e sotto terra, ognuno pieghi le ginocchia” (Fil 2,9-10).

3. Cristo ha meritato, oltre che per se stesso, anche per tutto il genere umano perché agiva come capo dell’umanità.
Dice San Tommaso: “Cristo non aveva soltanto la grazia come uomo singolo, ma anche come capo di tutta la Chiesa, a cui tutti si uniscono come membra alla testa per formare insieme misticamente una sola persona. Da qui dipende che il merito di Cristo si estenda agli altri, perché sono membra sue; come in un uomo l’azione della testa in qualche modo giova a tutte le membra dell’uomo, perché sente non solo per sé, ma anche per tutte le membra” (SAN TOMMASO, Somma teologica III,19,4).
In quanto Capo dell’umanità ha voluto espiare i peccati di tutti gli uomini: “Il Signore ha fatto pesare su di lui le colpe di tutti noi” (Is 53,6); “È stato eliminato dal mondo dei vivi, colpito a morte per i peccati del suo popolo” (Is 53,8).
“Il Signore dichiara: ‘‘Dopo tante sofferenze, egli, il mio servo, vedrà la luce e sarà soddisfatto di quel che ha compiuto. Infatti renderà giusti davanti a me un gran numero di uomini, perché si è addossato i loro peccati” (Is 53,11).
Ha meritato il perdono dei nostri peccati per stretto debito di giustizia perché li ha espiati uno ad uno.
Inoltre ha voluto meritare per noi la santificazione (la grazia, la figliolanza divina), tutti i beni di cui abbiamo bisogno per la nostra salvezza e la vita eterna.

4. Il merito di Cristo è infinito.
Scrive il Catechismo del Concilio di Trento: “Questo complesso di doni e di benefici divini fu copioso frutto della passione di Cristo. In essa infatti Cristo offrì al Padre per i nostri peccati una soddisfazione integrale e sotto ogni punto di vista perfetta; tale che il prezzo pagato per le nostre colpe non solo pareggiò, ma sorpassò il debito contratto con i nostri delitti.
Inoltre il sacrificio del Figlio fu infinitamente gradito a Dio. Per questo, nell’istante stesso in cui Cristo lo offrì sull’altare della croce, l’ira e l’indignazione del Padre furono placate. San Paolo scrive: “Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore” (Ef 5,2). E san Pietro: “Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia” (1 Pt 1,18-19)” (n. 63).

5. Mi chiedi con quale “linguaggio più attuale e comprensibile” si possa enunciare il concetto di merito.
Penso che la parola “merito” sia molto attuale e comprensibile a tutti.
Viene usata dappertutto. Nello sport si dice: “abbiamo meritato di vincere la partita, la corsa”. Nel lavoro e nello studio si dice: “È una fatica che merita di essere fatta” perché il bene che ne viene fuori è grande.
La parola “merito” attribuita a Cristo ci ricorda che siamo stati “comprati a caro prezzo”, come dice San Paolo in 1 Cor 6,20.

Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo