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Quesito

Caro Padre Angelo,
approfitto per ringraziarla per il preziosissimo lavoro che conduce rispondendo alle domande per dare chiarezza alla nostra fede. Avrei da porle una domanda; riguarda la morte di Uzza per il solo fatto che ha toccato l’arca dell’alleanza dato che ondeggiava pericolosamente sul carro (2 Sam 6,1-7).
Non riesco a darmi una risposta basandomi su un suo intervento, che di seguito allego, nel quale spiegava che i castighi di Dio vanno intesi in senso antropomorfico. È vero che Dio dice che Uzza fu negligente, ma, onestamente, non riesco a trovare la cosa talmente grave da meritare la morte, anzi mi dà l’idea che quello di Uzza possa essere stato un atto ti altruismo.
La ringrazio per la risposta e la saluto caramente chiedendole una benedizione.
Danilo


Risposta del sacerdote

Caro Danilo,
1. perché i nostri visitatori comprendano la vicenda di Uzza riporto il passo della Sacra Scrittura che lo riguarda:
“Davide reclutò di nuovo tutti gli uomini scelti d’Israele, in numero di trentamila. Poi si alzò e partì con tutta la sua gente da Baalà di Giuda, per far salire di là l’arca di Dio, sulla quale si proclama il nome del Signore degli eserciti, che siede sui cherubini.
Posero l’arca di Dio sopra un carro nuovo e la tolsero dalla casa di Abinadàb che era sul colle; Uzzà e Achio, figli di Abinadàb, conducevano il carro nuovo. Mentre conducevano il carro con l’arca di Dio dalla casa di Abinadàb, che stava sul colle, Achio precedeva l’arca.
Davide e tutta la casa d’Israele danzavano davanti al Signore con tutte le forze, con canti e con cetre, arpe, tamburelli, sistri e cimbali.
Giunti all’aia di Nacon, Uzzà stese la mano verso l’arca di Dio e la sostenne, perché i buoi vacillavano. L’ira del Signore si accese contro Uzzà; Dio lo percosse per la sua negligenza ed egli morì sul posto, presso l’arca di Dio.
Davide si rattristò per il fatto che il Signore aveva aperto una breccia contro Uzzà; quel luogo fu chiamato Peres-Uzzà fino ad oggi.
Davide in quel giorno ebbe timore del Signore e disse: «Come potrà venire da me l’arca del Signore?».
Davide non volle trasferire l’arca del Signore presso di sé nella Città di Davide, ma la fece dirottare in casa di Obed-Edom di Gat.
L’arca del Signore rimase tre mesi nella casa di Obed-Edom di Gat e il Signore benedisse Obed-Edom e tutta la sua casa” (2 Sam 6,1-11).

2. Per comprendere questo fatto è necessario ricordare che non era lecito a chi non era levita toccare l’arca, pena la morte.
Così infatti si legge nel libro dei Numeri: “Quando Aronne e i suoi figli avranno finito di coprire il santuario e tutti gli arredi del santuario, al momento di levare le tende, i figli di Keat verranno per trasportarlo; ma non toccheranno il santuario, perché non muoiano” (Nm 4,15).
Questa  sanzione viene ripetuta ai vv. 19-20: “ma fate questo per loro, perché vivano e non muoiano nell’accostarsi al Santo dei Santi: Aronne e i suoi figli vengano e assegnino ciascuno di loro al proprio servizio e al proprio incarico. Non entrino essi a guardare neanche per un istante il santuario, perché morirebbero” (Nm 4,19-20).
Nel divieto presentato nel testo dei Numeri vi  è anche il solo guardare l’arca.
La fine di Uzzà non è comprensibile se non all’interno di questi precetti.

3. Un castigo analogo era capitato alle popolazioni di Bet-Semes perché avevano guardato l’arca del Signore: “Ma il Signore colpì gli uomini di Bet-Semes, perché avevano guardato nell’arca del Signore; colpì nel popolo settanta persone su cinquantamila e il popolo fu in lutto, perché il Signore aveva inflitto alla loro gente questo grave colpo. Gli uomini di Bet-Semes allora esclamarono: «Chi mai potrà stare al cospetto del Signore, questo Dio così santo? La manderemo via da noi; ma da chi?»” (1 Sam 6,19-20).

4. Come poteva passare inosservato quanto Uzzà aveva compiuto?
Sarebbe stata una deroga alla santità di Dio? Chi allora non avrebbe potuto fare altrettanto?

5. Circa il linguaggio antropomorfico la spiegazione è semplice: Uzzà si è privato da se stesso col suo gesto della protezione divina ed è morto all’istante. Uzzà sapeva che non era lecito toccare l’arca perché sarebbe morto all’istante.
Doveva lasciare questo compito ai leviti.

6. Questo fatto ci richiama alla santità di sentimenti coi quali si deve accogliere il Signore nell’Eucaristia.
Se manca questa santità interiore, la comunione col Sacramento coopera alla nostra condanna e a molti mali ai quali apriamo la porta col nostro comportamento disinvolto.
Per questo San Paolo dice: “Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti” (1 Cor 11,28-30).

7. La Bibbia di Gerusalemme per il fatto accaduto a Uzzà annota: “L’arca era terribile contro i suoi nemici o contro coloro  che la disprezzavano (1 Sam 6,19).
Qui c’è di più: la santità dell’arca, sulla la quale troneggia YHWH (Yawè), la rende intoccabile. Questa concezione primitiva del sacro (cf. Lv 17,1) rivela un senso profondo della maestà terribile di Dio (cf Es 33,20).
La legge sacerdotale codifica questo sentimento: gli stessi leviti non possono, senza pericolo di morte, avvicinarsi all’arca prima che essa sia coperta dai sacerdoti (Nm 4,5.15.20) né possono toccarla; per questo la portano con sbarre (Es 25,15)”.

8. Certo ci stupiamo. Se ne stupì anche Davide.
Ma in quel tempo tutti furono profondamente colpiti dalla santità di Dio alla quale ci si deve accostare in maniera adeguata.
Questo è quanto noi possiamo dire nell’interpretare un evento accaduto in un contesto culturale e sacrale diverso dal nostro.

Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo