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Quesito

Caro Padre Angelo,
approfitto della sua grande esperienza, per togliermi un dubbio che da un po di tempo ho: come dovremmo vivere nei giorni di Solennità? E’ sufficiente “santificare la Festa” recandosi alla Santa Messa, come fosse una normale domenica? Non dovremmo forse dedicarci totalmente (nei limiti del possibile, senza trascurare i doveri urgenti che abbiamo verso il prossimo) al Signore, pensando, durante le ore della giornata, solo alle questioni di Fede? Sospendendo le altre cose a cui in genere ci dedichiamo, salvo quelle urgenti ed improcrastinabili e/o che abbiamo per dovere?
E’ da un po di tempo che ci penso, ci ho anche riflettuto molto, e per questo che glielo chiedo. Ovviamente non è riferito a ciò che la Chiesa ci chiede a livello “di precetto” (che, come sappiamo, è il “minimo indispensabile”), ma a come dovremmo vivere per vivere più pienamente la Fede. Ha fondamento questo mio pensiero?
E se si, un ultimo dubbio: gli impegni in campo sociale ed in quella che il Beato Paolo VI definiva “la forma più alta di carità” rientrano tra i doveri da non sospendere o tra le cose che possiamo lasciare per tutti gli altri giorni?
La ringrazio anticipatamente per la risposta


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. Dio ci dà le feste e le solennità perché possiamo godere della sua presenza, saziarci della sua parola, vivere da protagonisti gli eventi della vita di Gesù.
Sono il momento più bello e più alto della nostra vita e della nostra settimana.
Sono il tempo in cui ci si ricarica interiormente.
Sono un tempo di cui tutti hanno bisogno per non lasciarsi travolgere dagli eventi e dalle preoccupazioni, ma per diventarne signori.

2. Scrive San Tommaso d’Aquino: “L’inclinazione naturale porta l’uomo a destinare a ogni cosa necessaria un dato tempo: così egli fa per il vitto, per il sonno e per altre cose simili.
Perciò l’uomo secondo il dettame della ragione naturale deve destinare del tempo anche al ristoro spirituale, saziando di Dio la propria anima” (Somma Teologica, II-II, 122, 4, ad 1).
Le feste e le solennità sono dunque ordinate a saziarci di Dio e al ristoro spirituale.

3. Durante le feste e le solennità il posto preminente viene occupato dalla partecipazione alla Santa Messa, durante la quale ci si rincontra con Cristo risorto insieme con la comunità cristiana, si fa memoria della sua passione, l’anima viene riempita di grazia e ci viene dato il pegno della gloria futura.

4. Ma la santificazione della festa non si riduce solo alla partecipazione all’eucaristia.
In questi giorni lo stare insieme con i propri cari nel pranzo, nei momenti di svago, di comunione, di conversazione o anche in qualche diversivo ha una connotazione tutta particolare. A nostra insaputa il Signore risorto ci comunica un po’ di quella pace e di quella gioia che ha comunicato alle sante persone che ha voluto incontrare nel giorno della sua risurrezione.
Tutto questo viene ulteriormente accresciuto se proprio nei giorni festa e nelle solennità  si partecipa ai Vespri, si ascolta qualche catechesi o meditazione, si fa qualche lettura spirituale.

5. Penso in questo momento alla sazietà provata dal papà di santa Teresina del Bambin Gesù dopo essere tornato dai Vespri della Pentecoste.
La Santa aveva scelto quel giorno per comunicargli il suo desiderio di entrare al Carmelo.
“Soltanto nel pomeriggio, tornando dai vespri, trovai l’occasione per parlare al mio Babbo carissimo; era andato a sedersi sul bordo della vasca, e, con le mani giunte, contemplava le meraviglie della natura; il sole con la sua luce raddolcita dorava le cime dei grandi alberi ove gli uccelli cantavano gioiosi la loro preghiera della sera. Il bel volto di Papà aveva una espressione celeste, sentivo che la pace gl’inondava il cuore” (Storia di un’anima, 143).
Era tornato da Vespri: aveva cantato i salmi, gli inni, il Veni Creator Spiritus insieme col popolo cristiano, aveva sentito la sacra Predicazione, aveva ricevuto la benedizione col Santissimo Sacramento: la sua anima era inondata di grazia.
Per questo santa Teresina dice che il suo volto come aveva una espressione celeste e lei stessa sentiva che la pace gli inondava il cuore.

6. Penso anche alla sazietà provata da Santa Faustina Kowalska che si sentiva riempita della presenza del Signore da parte a parte.
Ad esempio la vigilia del Natale del 1937 scrive: “La mia anima è rimasta per tutta la giornata in un raccoglimento più profondo, dal quale niente è riuscito a strapparla, né i suoi doveri, né i rapporti avuti con persone secolari”.
“Quando giunsi alla Messa di Mezzanotte, subito fin dall’inizio m’immersi tutta in un profondo raccoglimento, nel quale vidi la Capanna di Betlemme inondata da tanta luce. La Vergine SS.ma avvolgeva nei pannolini Gesù, tutta assorta in un grande amore. San Giuseppe invece dormiva ancora. Solo quando la Madonna depose Gesù nella mangiatoia, la luce divina svegliò Giuseppe che si unì a lei nella preghiera. Dopo un po’ rimasi io sola col piccolo Gesù, che allungò le Sue manine verso di me ed io compresi che Lo dovevo prendere in braccio. Gesù appoggiò la Sua testina sul mio cuore e con uno sguardo profondo mi fece comprendere che stava bene accanto al mio cuore. In quel momento Gesù scomparve e suonò il campanello per la santa Comunione. La mia anima non riusciva a reggersi dalla gioia”.
“Ma la mia gioia fu grande per tutta la durata delle feste, poiché la mia anima rimase unita al Signore senza interruzione. Conobbi che ogni anima vorrebbe le consolazioni divine, ma non rinuncia per nessun motivo alle consolazioni umane, e purtroppo le due cose non sono assolutamente conciliabili fra di loro”.

7. Impegni improrogabili di studio – salva almeno la partecipazione alla Messa –  possono trattenerci talvolta sui libri anche nei giorni di festa.
Tuttavia almeno nelle solennità (Pasqua, Natale..) bisognerebbe mettere da parte anche questo per vivere una giornata in cui ci si risposa solo in Dio.

8. Accenni all’impegno politico come forma più alta di carità. Anche questo può avere talvolta la sua porzione in alcuni giorni di festa.
Come in questi giorni si trova il tempo per andare a trovare i propri cari, talvolta malati o anche in cimitero, così nell’orizzonte della carità può ravvivarsi l’impegno a favore del bene comune nella partecipazione alla vita politica.
Ma di regola il giorno di festa deve rimanere il giorno del Signore, come del resto viene indicato dalla parola domenica, che deriva dal latino dominica dies, e cioè giorno del Signore.

Con l’augurio che questi giorni siano per te sempre pieni della presenza del Signore e della sua grazia, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo