Questo articolo è disponibile anche in: Italiano
Ciao padre Angelo
Vorrei fare delle riflessioni sul modo di agire sulla nostra coscienza.
Io a volte sento di sbagliare e avverto un’afflizione dentro me stesso.
Ad esempio io ora faccio biologia però non sono certo se questa sia la mia strada… ma dentro di me mi sento spronato da una voce che mi dice di continuare in questo cammino, di studiare e di non sprecare il tempo.
È giusto?
Anche la lettura del vangelo mi aiuta a migliorare la mia coscienza e quando agisco secondo questo mi sento bene.
Ho letto in una tua risposta un pò di tempo fa sul sito di amici domenicani che obbedire a Dio non significa alienarsi ma prendere possesso di se stessi.
Mi potresti dare delle indicazioni per fare decisioni (non parlo di quelle per forza di vocazione) ogni giorno per cercare di non sbagliare?
Carissimo,
1. è una cosa abbastanza comune quella di essere assaliti da dubbi su quello che stiamo facendo.
Mi pare giusto non essere troppo sicuri di noi stessi e chiederci: ma quello che sto facendo è giusto? È secondo la volontà di Dio?
Ma quali sono i criteri per vedere se siamo nel giusto?
2. La prima cosa che mi verrebbe da dire è quella di diffidare da voci inconsulte che possono affiorare all’interno della mente.
Il Signore ci ha dotato di intelligenza, creandoci ad immagine di se stesso.
Proprio per questo dobbiamo lasciarci guidare dall’intelligenza e più precisamente dall’intelligenza che cerca la verità morale, ciò che è giusto e vero.
Quest’intelligenza che cerca la verità sulle nostre azioni o decisioni si chiama coscienza.
3. Per la coscienza non è estremamente difficile scoprire ciò che è bene o male davanti Dio.
La legge morale infatti è scolpita nei nostri cuori.
Avvertiamo da noi stessi ciò che è giusto o sbagliato per lo meno nella linea dei grandi principi, che sono quelli esposti nei comandamenti.
Dice il Concilio nella Gaudium et spes:
“Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente dice alle orecchie del cuore: fa questo, fuggi quest’altro.
L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato.
La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo” (GS 16).
4. Pertanto come i medici nel somministrare le medicine si attengono al principio: primum non nocere (anzitutto non nuocere), così analogamente possiamo dire che chiaramente non si deve fare tutto ciò che è contro la verità morale, tutto ciò che è peccato.
5. Poi si tratta di scendere a deliberazioni particolari come quelle che riguardano gli studi.
Queste vanno fatte con criteri sapienziali che tengano presenti le attitudini del soggetto, le sue possibilità concrete di esprimersi in una determinata direzione, il futuro che gli si presenta davanti.
Se queste deliberazioni sono state maturate e condivise con persone sagge possiamo ritenerle conformi alla volontà di Dio.
E pertanto vanno perseguite nonostante le tentazioni di tornare indietro. A meno che nel frattempo non succeda qualche cosa di inedito che sconvolga i piani precedentemente e prudentemente deliberati.
6. Tutti o quasi tutti subiamo tentazioni o inciampi nel nostro cammino.
Sicché non è sufficiente, ad esempio, che un esame non sia andato secondo le nostre aspettative per dire che si deve cambiare corso.
Le difficoltà della vita aiutano a formare il carattere e a renderci più forti.
I passi falsi servono a fare rientrare in se stessi per organizzarci meglio, per diventare più cauti, più umili, più impegnati nel proprio dovere, più fervorosi nel proprio rapporto con Dio, più amanti del sacrificio e anche della penitenza, senza della quale si non imparerà mai a rinnegare se stessi.
In una parola grossa, ma vera, senza rinnegamento di sé e dei propri capricci non si imparerà mai ad amare.
7. Pertanto vai avanti per la strada che a suo tempo ha intrapreso e porta a termine gli sudi di biologia perché non si tratta di tempo perso.
Lo esige il rispetto verso i tuoi genitori che ti hanno aiutato nelle tue deliberazioni e si sono sottoposti volentieri ai sacrifici che questa ha loro richiesto.
Lo esige anche il rispetto per il Signore dinanzi al quale ad un certo punto della tua vita hai sentito che ti chiamava con segni chiari a perseguire quella strada.
8. Sulle determinazioni più minute del vivere quotidiano tieni presenti due cose.
La prima è l’indicazione di fuggire il male, il peccato, secondo l’indicazione “primum non nocere”, già riportata. Ciò significa che innanzitutto non dobbiamo mai fare qualche cosa che offenda Dio e pertanto danneggi noi stessi.
La seconda è quella che sollecita a passare per la porta stretta. E pertanto ad amare sempre di più il Signore e a stare maggiormente uniti a Lui.
Questo infatti è l’obiettivo supremo della nostra vita che deve dirigere pensieri, sentimenti e azioni.
Questo obiettivo ci rende fedeli al nostro dovere quotidiano e a fare meglio tutto ciò che il Signore ci chiede.
Ti auguro per perseverare in questa fedeltà al Signore, ti assicuro il mio ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo