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Quesito
Caro Padre Angelo,
sono un sacerdote che si trova di fronte a questo caso: una coppia di fidanzati è esplicitamente per l’aborto nel caso il nascituro sia malato. Si può parlare ancora di apertura alla vita? Un matrimonio contratto con una tale mentalità eugenetica è valido?
Grazie.
don Luigi
Risposta del sacerdote
Caro don Luigi,
1. dal momento che la nascita di un bambino malato non è la norma, grazie a Dio, ma l’eccezione, e dal momento che i fidanzati si dichiarano disposti a compiere secondo la legge di Dio gli atti che sono ordinati alla procreazione si può parlare di sufficiente apertura alla vita.
2. D’altra parte, in previsione della nascita di un bambino malato la Chiesa insegna che è lecito ricorrere ai tempi di infertilità.
Parlando della paternità responsabile Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae ha scritto: “In rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali la paternità responsabile si esercita sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato una nuova nascita” (Humanae Vitae 10).
3. Inoltre non si può non tenere presente l’emotività che viene coinvolta quando si chiede se si è disposti a tenersi il bambino qualora risulti malato.
Insieme col divieto di abortire, è necessario proporre la disponibilità della Chiesa a farsi carico del bambino.
Nell’omelia della beatificazione di Madre Teresa di Calcutta, Giovanni Paolo II ha riportato le seguenti parole della Madre: “Se sentite che qualche donna non vuole tenere il suo bambino e desidera abortire, cercate di convincerla a portarmi quel bambino. Io lo amerò, vedendo in lui il segno dell’amore di Dio” (cfr. L’Osservatore Romano, 20-21 ottobre 2003, p. 8).
La ringrazio per la fiducia e La ricordo al Signore.
Padre Angelo