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Caro Padre Angelo,
la ringrazio per la risposta che mi diede due anni fa (pubblicata il 25.08.2016 sul sito), relativamente al tema in oggetto. Lei scrive giustamente nella risposta che il matrimonio non perde significato se l’effettiva procreazione non viene raggiunta: non ogni atto coniugale infatti porta “inevitabilmente” alla procreazione (basti pensare a quante coppie fertili, pur provando anni e anni, non riescono ad avere figli!).
Direi quindi che, più che la procreazione, conta la procreatività, ossia che l’atto coniugale sia aperto alla procreazione, potenzialmente procreativo. Mi pare però che il problema si sposti ma non si risolva. Mi spiego: l’atto coniugale tra due coniugi senza problemi di infertilità è senza dubbio potenzialmente fertile; non lo è però, e non lo può mai essere, un atto tra coniugi sterili, siano essi affetti da patologia, siano essi anziani. La loro copula mai e poi mai genererà un bambino.
In tali casi non solo il fine non viene raggiunto (ed abbiamo visto che questo non è un problema, perché non tocca l’essenza del matrimonio), ma è la procreatività che manca, e qui mi pare che si vada proprio ad incidere sull’essenza del matrimonio. Cionondimeno la legislazione canonica (concordemente con quella civile) ammette il matrimonio anche per gli infertili e per gli anziani. Mi sembra che qua si annidi una contraddizione, sulla quale marciano ad es. gli attivisti gay i quali argomentano proprio sull’ammissione al matrimonio per gli sterili per escludere la procreazione dai fini di esso.
Certo, rimane il fine del “bonum coniugum”, ma il bene dei consociati, nel nostro caso dei coniugi, può senz’altro essere soddisfatto anche in un “matrimonio” omosessuale, sostengono sempre questi attivisti.
Quel che mi pare è che anche molti cattolici difensori del matrimonio su questo punto non sanno come ribattere e finiscono per cedere le armi dinanzi le argomentazioni sopra viste.
Le assicuro un ricordo nella preghiera
La ringrazio e la saluto
Michele


Caro Michele,
1. sì, il disegno originario di Dio sul matrimonio è racchiuso nelle parole “Crescete e moltiplicatevi”.
Ma Gesù Cristo ha introdotto con il proprio stile di vita una nuova maniera di essere padri e madri: quella spirituale.
Questa paternità spirituale si esprime nel vivere la propria vita in un cammino di santificazione e di lode al Signore.

2. Se uno dei coniugi non è fertile per difetto di natura o perché è passata l’età non per questo deve lasciare la strada del matrimonio.
La vivrà in pienezza secondo il cammino che giorno per giorno si trova ad affrontare.
Con la bella espressione che hai escogitato vivrà ugualmente la propria procreatività in altro modo.

3. Tuttavia l’assimilazione di un matrimonio tra sterili all’ipotetico matrimonio omosessuale non regge.
Perché nel primo caso gli atti che i coniugi compiono è un atto vissuto secondo l’intrinseco significato della sessualità e degli organi genitali.
Nel secondo caso invece l’intrinseco ordinamento della sessualità che è fatta per accoppiarsi in un determinato modo è volontariamente sovvertito.
Nel primo caso si vive la propria sessualità come ministri di un disegno che ci trascende, il disegno di Dio, anche se per motivi indipendenti dalla propria volontà non si riesce a realizzarne tutti i significati.
Nel secondo caso ci si fa arbitri di se stessi e della propria sessualità. Al disegno di Dio si sostituisce il proprio.

4. Il Concilio Vaticano II nella Gaudium et spes ricorda che “i coniugi cristiani non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza che sia conforme alla legge divina stessa, docili al magistero della Chiesa, che in modo autentico quella legge interpreta alla luce del vangelo” (GS 50).
E che “quando si tratta di comporre l’amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi che hanno il loro fondamento nella dignità stessa della persona umana e dei suoi atti e sono destinati a mantenere in un contesto di vero amore l’integro senso della mutua donazione e della procreazione umana, e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale” (GS 51).

5. Inoltre tutto quello che viene detto a proposito della contraccezione vale per lo meno anche per gli atti omosessuali.
Sicché quello che Giovanni Paolo II ha detto per la contraccezione nella quale i coniugi “manipolano e avviliscono la sessualità umana, e con essa la persona propria e del coniuge, alterandone il valore di donazione totale” (Familiaris consortio 32) e che “l’atto coniugale privo della sua verità interiore, perché privato artificialmente della sua capacità procreativa, cessa di essere atto di amore” (22.8.1984) vale anche per un uso alterato della sessualità fuori del matrimonio.

6. Per questo Paolo VI nell’Humanae vitae ha detto che gli atti coniugali “non cessano di essere legittimi se, per cause indipendenti dalla volontà dei coniugi, sono previsti infecondi, perché rimangono ordinati ad esprimere e consolidare la loro unione” (HV 11).

7. Poiché la sessualità tocca l’intimo nucleo della persona e pertanto anche il suo rapporto con Dio è decisivo sapere se nel suo esercizio ci si mantiene alleati e amici del disegno santificante del Signore oppure se quel disegno di fatto lo si rimuove.
Ora quando si rimuove il disegno di Dio dalla sessualità si rimuove di fatto anche dalla propria vita e gli atti sessuali vengono privati della loro radicale capacità di mantenere una persona in una via di santificazione.
In definitiva nella valutazione teologica l’elemento discriminante tra gli atti coniugali involontariamente infertili e gli atti omosessuali è proprio questo.
Ed è proprio la mancanza di tale prospettiva che rende sotto certi aspetti incomprensibile ad alcuni quella legge di Dio che è fatta proprio per portare a Dio.

Ti ringrazio del quesito che mi ha permesso di esprimere soprattutto questi ultimi concetti, che in definitiva sono quelli determinanti.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo