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Buongiorno Padre,
sono …, più che una domanda volevo chiederle di delucidarmi su questo articolo riguardante le parole del papa in questo suo viaggio missionario in Marocco, che di missionario però sa di poco, ricordando come realmente invece andò per Francesco d’Assisi.
Ho parecchi dubbi sull’affermazione riguardante “il cristianesimo non come dottrina”.
Sarei molto grato che leggesse l’articolo e mi facesse sapere, visto che tengo molto a cuore le sue opinioni.
Le metto il link direttamente qui.
Un abbraccio e una preghiera.
IG


Carissimo,
1. l’articolo che mi hai segnalato va molto al di là di quanto Papa Francesco ha inteso fare.
In un momento in cui si susseguono attentati con stragi, distruzioni e morti rivendicate da movimenti di matrice religiosa Papa Francesco si è fatto missionario di pace.

2. Ha colto l’occasione dell’ottavo centenario dell’incontro di San Francesco con il Sultano.
È vero che San Francesco è andato per convertire il Sultano.
Ma è anche vero che vi è andato perché era a conoscenza dei pericoli d’ogni genere che per terra e in mare correvano i pellegrini verso la Terra Santa.
Vi è andato dunque anche per motivi di pace.

3. Il Papa non è andato in Marocco per convertire quella popolazione.
Se fosse stato per questo motivo il re gli avrebbe detto di starsene pure a casa.
Il motivo è stato esclusivamente di promozione del dialogo perché gli uomini non si uccidano e non si massacrino per motivi religiosi.

4. Le parole del Papa riportate nel link che mi hai inviato sono queste:
“Questa visita è per me motivo di gioia e gratitudine perché mi consente anzitutto di scoprire le ricchezze della vostra terra, del vostro popolo e delle vostre tradizioni. Gratitudine che si trasforma in importante opportunità per promuovere il dialogo interreligioso e la conoscenza reciproca tra i fedeli delle nostre due religioni, mentre facciamo memoria – ottocento anni dopo – dello storico incontro tra San Francesco d’Assisi e il Sultano al-Malik al-Kamil.
Quell’evento profetico dimostra che il coraggio dell’incontro e della mano tesa sono una via di pace e di armonia per l’umanità, là dove l’estremismo e l’odio sono fattori di divisione e di distruzione.
Inoltre, auspico che la stima, il rispetto e la collaborazione tra di noi contribuiscano ad approfondire i nostri legami di amicizia sincera, per consentire alle nostre comunità di preparare un futuro migliore alle nuove generazioni”.

5. Quando il Papa parla delle nostre due religioni che devono avere il coraggio dell’incontro e della mano tesa non si pone su un piano teologico, ma sociologico.
Sul piano teologico la Chiesa ha perfetta consapevolezza di chi sia Gesù Cristo e di chi sia Maometto. A questo livello il dialogo – se non vuole rimanere ad un livello molto generico – richiederebbe la comune fede.
Ma sul piano operativo e sociologico (anche se l’espressione sociologico potrebbe essere non troppo corretta) ci si pone al comune livello di uomini di buona volontà e di rappresentanti di religioni.
È a questo livello che si pone l’intervento del Papa in Marocco come precedentemente aveva fatto nella dichiarazione di Abu Dhabi dove ha firmato un “Documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune” firmato da Sua Santità Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib”.
Il tema non era la comune religione perché le religioni sono diverse, ma la fratellanza umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune.

6. Vengo adesso all’altra espressione che hai usato: “Ho parecchi dubbi sull’affermazione riguardante “il cristianesimo non come dottrina”.
Ebbene a questo proposito sono andato a vedere che cosa dice  nell’Esortazione post sinodale Christus vivit.
Ti riporto i due numeri 212 e 213.
Alcuni si limitano a riportare solo il 212. Ma l’omissione del 213 è imperdonabile, perché rischia di travisarne il pensiero.

7. Ecco dunque che cosa ha scritto il Papa:
“212. Per quanto riguarda la crescita, vorrei dare un avvertimento importante. In alcuni luoghi accade che, dopo aver provocato nei giovani un’intensa esperienza di Dio, un incontro con Gesù che ha toccato il loro cuore, vengono loro proposti incontri di “formazione” nei quali si affrontano solo questioni dottrinali e morali: sui mali del mondo di oggi, sulla Chiesa, sulla dottrina sociale, sulla castità, sul matrimonio, sul controllo delle nascite e su altri temi. Il risultato è che molti giovani si annoiano, perdono il fuoco dell’incontro con Cristo e la gioia di seguirlo, molti abbandonano il cammino e altri diventano tristi e negativi. Plachiamo l’ansia di trasmettere una gran quantità di contenuti dottrinali e, soprattutto, cerchiamo di suscitare e radicare le grandi esperienze che sostengono la vita cristiana. Come diceva Romano Guardini: «Nell’esperienza di un grande amore […] tutto ciò che accade diventa un avvenimento nel suo ambito».

213. Qualsiasi progetto formativo, qualsiasi percorso di crescita per i giovani, deve certamente includere una formazione dottrinale e morale. È altrettanto importante che sia centrato su due assi principali: uno è l’approfondimento del kerygma, l’esperienza fondante dell’incontro con Dio attraverso Cristo morto e risorto. L’altro è la crescita nell’amore fraterno, nella vita comunitaria, nel servizio”.

8. Il Cristianesimo non è un catalogo di verità da conoscere. Ma è essenzialmente la vita di Dio comunicata all’uomo. È un’esperienza di comunione.
Certo questa comunione è veicolata dalla Parola, ha dei contenuti ben precisi. Ha dei criteri morali altrettanto esigenti.
Ma non è essenzialmente questo.
Se fosse solo questo si tratterebbe di una filosofia o di una ideologia.

9. Dice San Tommaso: “La realtà che nel Nuovo Testamento è principale e ne costituisce tutta la forza è la grazia dello Spirito Santo, derivante dalla fede in Cristo.
Perciò la legge nuova è la stessa grazia dello Spirito Santo, concessa a coloro che credono in Cristo” (Somma teologica, I-II, 106, 1).
Pertanto l’essenza del cristianesimo è la vita di comunione con Dio per mezzo di Gesù Cristo.
In una parola, è la vita di grazia. È il Regno di Dio introdotto nel cuore dell’uomo. È un anticipo della vita del Paradiso.
Ma poiché la vita di grazia viene comunicata ordinariamente attraverso la predicazione e la celebrazione dei Sacramenti nel cristianesimo si trovano Verità basilari che sono ineliminabili dalla vita di fede. Ne costituiscono l’ossatura.
Ma la vita cristiana non si riduce alla loro conoscenza. È ben di più.
Ecco perché San Tommaso scrive ancora: “La legge nuova contiene alcuni dati, sia in materia di fede che di costumi, che sono come elementi atti a predisporre alla grazia dello Spirito Santo o a esercitare questa grazia.
Si tratta di elementi che in un certo senso sono secondari nella nuova legge, sui quali era necessario che i fedeli fossero istruiti con le parole e con gli scritti.
Si deve quindi concludere che la nuova legge principalmente è una legge infusa e secondariamente una legge scritta” (Ib.).
A scanso di equivoci l’avverbio secondariamente non va inteso come una realtà facoltativa oppure opinabile, perché tale conoscenza è necessaria e veicola l’esistenza. Significa solo che non si riduce semplicemente ad essa.
Del resto si può andare all’inferno anche se si è dottori in teologia.
Mentre non si entra in Paradiso se non si è cominciato a vivere la vita soprannaturale e divina.

Ti ringrazio dei due quesiti che mi hanno permesso di rispondere simultaneamente a tanti visitatori.
Contraccambio il cordiale saluto, ti ricordo volentieri al Signore e ti benedico.
Padre Angelo