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Quesito
Carissimo Padre Angelo,
dieci anni fa circa iniziai il mio percorso di conversione che non fu mai ben accettato da mia moglie, perché stravolse completamente quello che era stato fino ad allora il nostro legame, soprattutto dal punto di vista dell’intimità coniugale. Dopo la gravidanza, mia moglie ha sofferto di depressione post-parto. Questa sofferenza, mal si è coniugata con il mio rifiuto di ricorrere alla contraccezione artificiale, creando molto scontro fra di noi. Dopo essere uscita dalla depressione post-parto, mia moglie ha accettato di riaprire ad una nuova gravidanza, ma nonostante i vari tentativi, non ci è stata concessa questa grazia. Nel frattempo gli anni sono trascorsi (ora io ho quasi 47 anni e mia moglie 42) e mia moglie non si è più sentita di affrontarne altre e da circa cinque anni, dopo averne parlato assieme e malgrado la mia non piena convinzione della scelta, abbiamo deciso di non avere più rapporti nei periodi di fertilità, riservandoci di averne in quelli non fertili lasciando, in un certo senso, una porta aperta alla volontà di Dio. Ho letto però sul web che questo però, non sarebbe andare incontro alla volontà di Dio, poiché costituirebbe una sorta di egoismo teso solo a soddisfare la nostra necessità carnale…purtroppo però, mi trovo in una situazione difficile, perché devo cercare di mantenere un equilibrio con mia moglie, che ogni volta in cui ci siamo trovati a parlare di questo argomento, ha lamentato il fatto che, vista la mia opposizione alla contraccezione artificiale, se non abbiamo rapporti almeno nei periodi di infertilità, privandoci di quel poco di intimità che ci resta, il matrimonio per lei è in discussione…le chiedo quindi quale sia la sua opinione in merito.
(…).
La ringrazio, la ricordo sempre nel mio Rosario.
Cordialmente
Alessandro
Risposta del sacerdote
Caro Alessandro,
1. l’intimità coniugale ha una duplice finalità: la donazione totale vicendevole e l’apertura alla vita.
Le due finalità sono intrinsecamente unite perché quando ci si dona totalmente, si dona anche la propria capacità di diventare padre e madre.
Se l’intimità coniugale frustrasse positivamente la finalità procreativa, quell’atto cesserebbe di essere un atto di totale donazione perché ci si riserverebbe qualcosa che non si vuole donare.
2. Questo rimane vero anche se i coniugi si esprimono nell’intimità coniugale in tempi in cui sicuramente non avverrà una nuova procreazione, come quelli oltre la menopausa o nel caso di infertilità dell’uno o dell’altro coniuge.
3. Ti ripropongo tre passi dell’insegnamento della Chiesa espresso attraverso il Papa Paolo VI nella enciclica Humane vitae.
Ecco il primo:
“Il matrimonio non è quindi effetto del caso o prodotto della evoluzione di inconsce forze naturali: è stato sapientemente e provvidenzialmente istituito da Dio creatore per realizzare nell’umanità il suo disegno di amore.
Per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, gli sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite” (HV 8).
4. Ed ecco il secondo: “Questi atti, con i quali gli sposi si uniscono in casta intimità e per mezzo dei quali si trasmette la vita umana, sono, come ha ricordato il recente concilio, “onesti e degni”, e non cessano di essere legittimi se, per cause mai dipendenti dalla volontà dei coniugi, sono previsti infecondi, perché rimangono ordinati ad esprimere e consolidare la loro unione. Infatti, come l’esperienza attesta, non da ogni incontro coniugale segue una nuova vita.
Dio ha sapientemente disposto leggi e ritmi naturali di fecondità che già di per sé distanziano il susseguirsi delle nascite.
Ma, richiamando gli uomini all’osservanza delle norme della legge naturale, interpretata dalla sua costante dottrina, la chiesa insegna che qualsiasi: atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita” (HV 11).
5. Infine ecco il terzo: “Tale dottrina, più volte esposta dal magistero della chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo.
Infatti, per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna.
Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paternità.
Noi pensiamo che gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in grado di afferrare quanto questa dottrina sia consentanea alla ragione umana” (HV 12).
6. Pertanto accondiscendi volentieri ai desideri di tua moglie.
Questi atti sono legittimi e, soprattutto, sono secondo il sapientissimo disegno di Dio favoriscono la comunione vicendevole.
In questo senso il concilio Vaticano secondo ha detto: “Il Concilio sa che spesso i coniugi, che vogliono condurre armoniosamente la loro vita coniugale, sono ostacolati da alcune condizioni della vita di oggi, e possono trovare circostanze nelle quali non si può aumentare, almeno per un certo tempo, il numero dei figli; non senza difficoltà allora si può conservare la pratica di un amore fedele e la piena comunità di vita. Là dove, infatti, è interrotta l’intimità della vita coniugale, non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli: allora corrono pericolo anche l’educazione dei figli e il coraggio di accettarne altri” (Gaudium et spes, 51).
Per voi, grazie a Dio, non si tratta di correre pericoli per l’educazione dei figli.
Tuttavia il bene della comunione coniugale è un bene molto grande e va favorito, a meno che i coniugi di comune accordo se decidano per l’astinenza per realizzare un altro tipo di comunione.
Ti ringrazio di cuore per il ricordo costante nel rosario, ti auguro ogni bene, ti benedico e ti ricordo a mia volta volentieri nella preghiera,
padre Angelo