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Quesito

Caro p. Angelo,
per la prima volta dopo numerosissimi tentativi falliti, credo di avere finalmente compreso la posizione dei tomisti, e in particolare del domenicano Domingo Bañez, in merito alla questione della conciliabilità tra libertà e grazia.
Pertanto Le domando cortesemente di verificare l’esattezza della mia comprensione.
1. Dio dona a tutti gli uomini la grazia sufficiente, dalla quale proviene la capacità per l’uomo di scegliere il bene. In altre parole, l’uomo è reso capace di scegliere il bene dalla grazia sufficiente.
2. Tuttavia, per qualche ragione, di fatto accade che l’uomo di suo scelga sempre il male, e ciò nonostante egli sia capace di scegliere il bene in virtù della grazia sufficiente.
3. Ne consegue che quando l’uomo sceglie il bene, ciò avviene soltanto in virtù di un’ulteriore grazia, infallibilmente efficace, che gli viene concessa da Dio (c.v.d. 1).
4. Al contrario, quando tale grazia efficace, per sapiente volontà divina, non viene concessa all’uomo, questi sempre sceglie il male, ma lo sceglie liberamente; infatti, come già detto, egli dispone della capacità di scegliere il bene conferitagli dalla grazia sufficiente, benché per qualche motivo opti sempre per il male (c.v.d. 2).
La ringrazio molto
M.F.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. a beneficio dei nostri visitatori ricordo che tale questione è stata combattuta in maniera molto accesa tra domenicani e gesuiti nel secolo 16º.
La terminologia di grazia sufficiente e di grazia efficace è stata coniata in quel tempo, proprio in funzione della disputa, ma non si trova nella Sacra Scrittura.
Il problema soggiacente a questa disputa è la cooperazione tra la volontà salvifica di Dio e la corrispondenza da parte dell’uomo dotato di libero arbitrio.

2. Tutto parte dalla volontà salvifica di Dio espressa in 1 Tm 2,4: “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità”.
Per mezzo di questa volontà Dio dà a tutti gli uomini i mezzi sufficienti per aderire a lui mediante la fede.
La grazia sufficiente dunque non viene data per discernere il bene dal male. Per questo è già sufficiente la nostra ragione o anche la nostra coscienza.
Scegliere tra bene e male è ancora su un piano naturale.
La grazia sufficiente invece viene data per aderire all’ordine soprannaturale.

3. È certo che questa grazia o impulso interiore viene dato a tutti.
Per questo i teologi la chiamano grazia sufficiente in ordine alla salvezza
Ma a questa grazia si può opporre un rifiuto.
Gesù ha detto: “Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!” (Mt 23,37).
San Pietro: “Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi” (At 7,51).
San Paolo: “Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio” (2 Cor 6,1).
Nel rifiuto c’è una responsabilità personale, come emerge dalle parole di Gesù: “Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite” (Mt 11,21). 
Più che scegliere il male, l’uomo può rifiutare la proposta che viene fatta mediante una illuminazione interiore e superiore.

4. Quando invece accetta la proposta, l’accetta in virtù di un impulso o di una trazione che gli viene data dall’alto. Si tratta infatti di aderire all’ordine soprannaturale. Nessuno mi può aggiungere se non vi è condotto.
Gesù ha detto infatti: “Nessuno può venire a me se il Padre non lo trae” (Gv 6,44).

5. Mediante questa trazione Dio dà un impulso alla volontà e una illuminazione alla nostra mente perché si possa aderire facendo sì che ciò che è dono suo, sia meritorio anche per l’uomo che l’ha accolto con il suo libero assenso. 
Ricordando tuttavia che anche la buona volontà è frutto della grazia sua.
Sull’esistenza di questa grazia che raggiunge il suo scopo e che i teologi chiamano grazia efficace, ne parla la Sacra Scrittura quando dice: “Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme” (Ez 36,27); “Così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,11); “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore” (Fil 2,13).
Il senso ovvio di questi testi è che l’effetto della grazia deriva dal divino beneplacito e non dalla volontà umana, la quale è buona perché Dio la rende buona. Così infatti dice Sant’Agostino: “È certo che noi possiamo osservare i comandamenti se vogliamo, ma perché la volontà è preparata da Dio (cfr. Pr  8,35, secondo la traduzione dei LXX).
Quando Dio suscita in noi il volere e l’operare dà anche la forza di osservare i suoi comandamenti.

6. Testimonianze bibliche di questa grazia efficace sono la risposta di Matteo che risponde subito alla chiamata del Signore e quella di San Paolo sulla via di Damasco.
Questa trazione efficacissima da parte di Dio non toglie la libertà, come invece diceva Calvino, ma la muove ad aderire in modo tale che ciò che è dono di Dio diventi anche meritorio da parte dell’uomo.

7. Rimane il problema: perché in alcuni la grazia di Dio è efficace e in altri no.
Ludovico Molina, gesuita, diceva che Dio la dà perché prevede che l’uomo ne farà buon uso. È la sua cosiddetta “scienza media”.
Domingo Bañez, domenicano, lo accusava di essere semi pelagiano, perché condizionava la liberalità di Dio alla buona volontà dell’uomo.
Molina replicava dicendo che i domenicani erano calvinisti perché attribuivano tutto alla volontà e alla predestinazione di Dio. 
I domenicani ripetevano che Dio non toglie la libertà ma la sollecita in maniera efficace. La libertà umana da sola non avrebbe la forza di raggiungere l’ordine soprannaturale. È necessario che Dio la tragga. Ma la trae senza violenza sollecitando l’assenso più o meno nel medesimo modo in cui nel buio, accesa una grande luce, si scopre un oggetto smarrito.

8. Accendendosi sempre più la discussione, fu istituita nel 1598 da Clemente VIII, la Congregazione de auxiliis divinae gratiae, che protrasse i suoi lavori fino al 1607.
La Congregazione fu sempre contraria alla dottrina di Molina. Ma non si giunse mai a una sua condanna.
Fino a quando Papa Paolo V nel 1607 decretò che i domenicani non potevano essere accusati di calvinismo e i gesuiti non potevano essere accusati di pelagianismo.
Lasciò che ciascuno seguisse la propria scuola con la clausola di non condannare l’altra.

9. Alla luce di quanto ti ho detto, puoi verificare da te stesso che la sostanza del tuo pensiero è giusta. Vi sono tuttavia da rettificare alcune espressioni.

Mentre nel compiaccio della tua buona volontà e anche della tua perspicacia, ti auguro ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo