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Quesito

Caro Padre Angelo,
Mi potrebbe, cortesemente, spiegare l’esatta portata del decreto di scomunica 23 settembre 1988, che commina la scomunica late sententie, a chi registra o diffonde la confessione, vera o simulata, con mezzi di comunicazione sociale ?
Mi spiego meglio: molti libri devozionali raccontano anche di colloqui tra penitente e confessori, di confessioni vere e proprie, ora come è possibile che, vigente questo decreto, vengano pubblicati??
Ovvero la scomunica colpisce solo la diffusione se, il materiale diffuso è stato carpito con registrazione o quant’altro.
La ringrazio per il chiarimento e porgo i migliori saluti.
Fabrizio T.


Risposta del sacerdote

Caro Fabrizio,
il decreto della Congregazione ha un oggetto ben preciso: “Chiunque registra con qualsiasi strumento tecnico ciò che nella confessione sacramentale, vera o simulata, fatta da sé o da un altro, viene detto dal confessore o dal penitente, oppure lo divulga con strumenti della comunicazione sociale, incorre nella scomunica latae sententiae” (23.9.1988).
I colloqui tra penitenti e confessori che si possono leggere in vari libri non sono trascrizione delle confessioni. Per penitente s’intende una persona che ha scelto quel determinato sacerdote come suo confessore. I dialoghi e le lettere di direzione spirituale non appartengono alla confessione sacramentale, anche perché il più delle volte sono fatti fuori della Confessione.
Inoltre, strettamente parlando, oggetto del segreto della confessione sacramentale sono i peccati del penitente.
Il decreto della Congregazione per la dottrina della fede intende invece tutelare la segretezza di chi si confessa e di quanto il sacerdote dice in segreto al penitente.
Carpire con mezzi tecnici (registrazione o altro) quanto avviene in una confessione vera o simulata costituisce un gravissimo sacrilegio, che la Chiesa colpisce ulteriormente con una scomunica.

Ti ringrazio, ti assicuro una preghiera e ti benedico.
Padre Angelo