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Quesito

Rev.mo Padre Angelo,
sono cattolico e voglio aderire a tutto ciò che il Magistero Pontificio insegna.
Non sono sposato, quindi non ho un interesse personale nel quesito che le sto per porre. Il mio problema è che non riesco a conciliare due determinate dichiarazioni magisteriali riguardanti gli sposi. Mi riferisco ad alcuni brani della splendida Enciclica “Casti connubii” di Pio XI e ad altri brani della Lettera Apostolica “Mulieris dignitatem” di Giovanni Paolo II.
Secondo Leone XIII e Pio XI, il marito è il capo della moglie, invece secondo Giovanni Paolo II, entrambi i coniugi devono sottomettersi a vicenda. Dopo questo breve preambolo, riporto i brani in oggetto:
– Dalla “Casti connubii”: “Rassodata finalmente col vincolo di questa carità la società domestica, in essa fiorirà necessariamente quello che è chiamato da Sant’Agostino ordine dell’amore. Il quale ordine richiede da una parte la superiorità del marito sopra la moglie e i figli, e dall’altra la pronta soggezione e ubbidienza della moglie, non per forza, ma quale è raccomandata dall’Apostolo in queste parole: « Le donne siano soggette ai loro mariti, come al Signore, perché l’uomo è capo della donna, come Cristo è capo della Chiesa ».
Una tale soggezione però non nega né toglie la libertà che compete di pieno diritto alla donna, sia per la nobiltà della personalità umana, sia per il compito nobilissimo di sposa, di madre e di compagna; né l’obbliga ad accondiscendere a tutti i capricci dell’uomo, se poco conformi alla ragione stessa o alla dignità della sposa; né vuole infine che la moglie sia equiparata alle persone che nel diritto si chiamano minorenni, alle quali per mancanza della maturità di giudizio o per inesperienza delle cose umane non si suole concedere il libero esercizio dei loro diritti; ma vieta quella licenza esagerata che non cura il bene della famiglia, vieta che nel corpo di questa famiglia sia separato il cuore dal capo, con danno sommo del corpo intiero e con pericolo prossimo di rovina. Se l’uomo infatti è il capo, la donna è il cuore; e come l’uno tiene il primato del governo, così l’altra può e deve attribuirsi come suo proprio il primato dell’amore.
Quanto poi al grado ed al modo di questa soggezione della moglie al marito, essa può essere diversa secondo la varietà delle persone, dei luoghi e dei tempi; anzi, se l’uomo viene meno al suo dovere, appartiene alla moglie supplirvi nella direzione della famiglia. Ma in nessun tempo e luogo è lecito sovvertire o ledere la struttura essenziale della famiglia stessa e la sua legge da Dio fermamente stabilita.
Dell’osservanza di questo ordine tra marito e moglie così parlò già con molta sapienza il predecessore Nostro Leone XIII di f. m. nell’Enciclica, che abbiamo ricordato, del matrimonio cristiano: « Il marito è il principe della famiglia e il capo della moglie la quale pertanto, perché è carne della carne di lui ed ossa delle sue ossa, non dev’essere soggetta ed obbediente al marito a guisa di ancella, bensì di compagna; cioè in tal modo che la soggezione che ella rende a lui non sia disgiunta dal decoro né dalla dignità. In lui poi che governa ed in lei che ubbidisce, rendendo entrambi l’immagine l’uno di Cristo, l’altro della Chiesa, sia la carità divina la perpetua moderatrice dei loro doveri ».

– Invece la “Mulieris dignitatem” al n. 24 afferma: “Tutte le ragioni in favore della «sottomissione» della donna all’uomo nel matrimonio debbono essere interpretate nel senso di una «reciproca sottomissione» di ambedue «nel timore di Cristo». La misura del vero amore sponsale trova la sua sorgente più profonda in Cristo, che è lo Sposo della Chiesa, sua Sposa”.

Faccio un esempio pratico per cercare di far capire meglio l’importanza della questione. Un coniuge vuole trasferirsi in un’altra città, l’altro no. Discutono con calma a lungo, ma rimangono entrambi assolutamente risoluti della bontà delle proprie idee. Cosa devono fare? Secondo l’insegnamento di Leone XIII e Pio XI, non ci sono dubbi; la moglie alla fine deve obbedire. Seguendo la “Mulieris dignitatem”, invece non capisco in che modo possa risolversi il problema. Una società ha bisogno di un capo, ovviamente di un capo buono non di un tiranno. Senza un capo una società precipiterebbe nell’anarchia. La famiglia è una piccola società.
Sappiamo che un’Enciclica ha maggiore autorità rispetto ad una Lettera Apostolica. E’ possibile che il Magistero cada in contraddizione? Forse le due dichiarazioni Pontificie si potrebbero conciliare dicendo che i coniugi devono reciprocamente sottomettersi in Cristo, ma nel caso in cui c’è una divergenza, la moglie alla fine deve sottomettersi al marito (ovviamente purché si tratti di una cosa moralmente lecita).
Io per il momento sospendo il giudizio in attesa di un aiuto da parte sua.

Approfitto dell’occasione per ringraziarla del suo apostolato su internet. Ho letto varie risposte che ha dato ad altre persone, ho apprezzato molto la sua competenza, carità fraterna e schiettezza.
Diego


Risposta del sacerdote

Caro Diego,
1. un documento della Pontificia commissione teologica internazionale intitolato “principi di morale cristiana”, frutto del lavoro della sessione plenaria del 16-21 dicembre 1974, ha ricordato la necessità di contestualizzare storicamente alcune affermazioni della Sacra Scrittura. E a modo di esemplificazioni cita proprio il passo di San Paolo 1 Cor 11,2-16.
Ecco il testo:
“Non si può, tuttavia, ignorare il fatto che, nel caso di numerosi giudizi di valore morale concreti che si riferiscono settori particolari di vita, dei giudizi di valore e dei giudizi reali condizionati dall’epoca possono condizionare o relativizzare le prospettive morali. Se, per esempio, gli scritti del nuovo testamento considerano la donna nella sua subordinazione all’uomo (cf. 1 Cor 11,2.16; 14,33-36 ss.) – il che è comprensibile per l’epoca -, ci sembra tuttavia che, su questo problema, lo Spirito Santo ha condotto la cristianità contemporanea, unitamente al mondo moderno, ad una intelligenza migliore nelle esigenze morali del mondo delle persone. Anche se non si potesse indicare che questo unico esempio negli scritti del nuovo testamento, ciò basterebbe a dimostrare che, per quanto concerne i giudizi di valore e le direttive in materia di precetto particolare del nuovo testamento, il problema d’interpretazione ermeneutica non può essere evitato” (EV 5/1084).

2. D’altra parte Giovanni Paolo II, parlando della reciproca subordinazione fra marito e moglie, non fa altro che vedere tutto alla luce di quell’affermazione per cui San Paolo apre il discorso sulla morale coniugale: “Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo” (Ef 5,21).
Giustamente Giovanni Paolo II dice che il versetto seguente: “Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore” (Ef 5,22) va letto alla luce del versetto precedente.

3. Circa il possibile contenzioso tra marito e moglie in riferimento a possibili diversità di decisioni bisogna dire che il problema si risolve ricordando che i due non sono più due, ma una sola carne.
Pertanto il dialogo va protratto fino a quando non si giunge ad una decisione concordata.
Tu mi ricordi che in ogni società ci vuole un’autorità che decida, soprattutto nei casi controversi.
Ebbene, proprio la storia ci insegna che vi sono stati periodi in cui la comunità era governata da due consoli oppure da due giudici.
Le decisioni dovevano sgorgare dalla concordia dei due e non dalla sopraffazione dell’uno sull’altro.

4. È vero che un’enciclica vale di più di un’esortazione apostolica.
Tuttavia anche per i documenti del Magisteri ecclesiastico valgono i criteri formulati dalla Pontificia commissione teologica internazionale. Ai tempi di Pio XI sembrava indiscutibile che in casa dovesse comandare il marito.
Oggi si sottolinea di più il fatto che marito e moglie “non sono più due, ma una sola carne” (Ef 5,32).

Ti ringrazio per l’apprezzamento per il nostro lavoro, ti prometto una preghiera e ti benedico.
Padre Angelo