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Quesito
Caro Padre Angelo,
mi è capitato di leggere che in San Domenico la devozione a Maria non sarebbe stata così forte come in seguito si sarebbe affermato.
Anzi, che la sua devozione a Maria sarebbe stata più o meno quella che si sarebbe potuta riscontrare in ogni buon cristiano.
Io frequento una Chiesa di domenicani e finora ho sempre sentito dire il contrario.
Che cosa mi può dire?
La ricordo nella preghiera.
L.
Risposta del sacerdote
Carissimo L.,
1. quanto hai letto non è conforme a quanto gli storici dell’Ordine di trasmettono.
Mi limito a riportarti alcune loro asserzioni.
2. Ecco che cosa scrive Alfonso D’Amato: “Domenico, votato alla predicazione della verità evangelica, è in particolare l’apostolo di Maria.
Nella lotta contro l’eresia, uno degli argomenti principali della sua predicazione è certamente la divina maternità di Maria.
Gli albigesi, in mezzo ai quali inizia la sua attività di missionario, negano l’Incarnazione del Verbo, di conseguenza non riconoscono Maria Madre di Dio. Essi rivendicano a se stessi il merito di generare «i perfetti».
Per questi eretici Maria non è neppure una persona umana; è «un angelo mandato dal cielo», che insieme a Giovanni evangelista viene ad annunciare ciò che avviene in cielo. In lei non c’è nulla di materiale; il suo è un corpo spirituale, composto solo di elementi spirituali.
Per i Catari neppure Cristo è un uomo; la materia è cosa impura, viene dal principio del Male. Anche Cristo è un angelo, che viene sulla terra sotto le apparenze di un uomo; non è il Salvatore; il suo compito non è quello di salvare l’umanità, ma solo di insegnare agli uomini che esiste un principio spirituale che è in cielo e in ciascun uomo.
In mezzo a questi eretici Domenico svolge la sua attività missionaria. Per combattere questi errori egli così è soprattutto l’apostolo della divinità di Cristo e della divina maternità di Maria.
Le molte dispute che Domenico deve continuamente affrontare sono sempre accompagnate dalle sue fervorose preghiere. Nelle sue preghiere invoca con insistenza la misericordia del Redentore e domanda la mediazione di Maria «madre di misericordia». Durante suoi lunghi viaggi per le strade di Francia e d’Italia, spesso lo si sente cantare l’inno a Cristo Redentore: «Jesu, nostra redemptio», la Salve Regina, l’Ave Maris stella), proclamando anche in questo modo la sua fede in Cristo, Figlio di Dio e Salvatore, e in Maria Dei Mater alma, che offre all’umanità «Gesù, il frutto benedetto del suo seno». (…).
Era poi così evidente alla gente la devozione Iella comunità di Prouille alla beata Vergine che Domenico, suoi frati e le suore venivano indicati come «coloro che erano a servizio di Dio e della Vergine Maria»” (La devozione a Maria nell’Ordine domenicano, pp.16-17). (12).
3. Ugualmente Alfonso D’amato sottolinea che nelle prime Costituzioni dell’Ordine si legge che i frati appena svegliati al mattino dovessero recitare l’ufficio della Madonna.
“Domenico vuole che la giornata del frate predicatore incominci nel nome di Maria e termini con la sua lode. Stabilisce infatti che i suoi frati, al mattino appena svegli, mentre sono ancora nel «dormitorio», rivolgano a Maria il loro pensiero e la loro preghiera con la recita del suo Ufficio (Costitutiones antiquae, I, cap. 1).
Il Beato Umberto a tale proposito sottolinea: è segno «di grande riverenza verso la Vergine Maria che i
frati subito appena si svegliano, prima di ogni altra cosa, si occupino in eius servitio» (De vita regulari, II, pp. 70 -72).
La sera poi, al termine della giornata, dopo Compieta, Domenico vuole che
l’ultima preghiera sia ancora rivolta a Maria, con la recita della Salve Regina” (La devozione a Maria nell’Ordine domenicano, p.19).
4. Il padre Humbert Vicaire, che è indiscutibilmente è tra i massimi storici su San Domenico del secolo XX, scrive: “Sull’incontestabile devozione mariana di Domenico e dei suoi primi frati: A. Duval, La dévotion mariale dans l’Ordre des Frères Prêcheurs, in Maria, Etudes sur la sainte Vierge, a cura di H. du Manoir, II, Paris, 1952, pp.739-754).
Per il caso particolare di Domenico, i riferimenti più sicuri nelle fonti rimangono la sua presa di posizione quanto alla legislazione circa l’Ufficio della B. Vergine e la formula della professione (I Const., 195 e 202, D. I, capp. 1 e 16): Duval, note 8, 11, 20.
Due notizie sicure: fra Bonviso attesta che Domenico amava cantare alta voce l’Ave maris stella quand’era in viaggio (Proc. Bonon., n. 21); il beato Umberto assicura di aver appreso da un testimone immediato che fu Domenico stesso a stabilire che i frati, appena desti, recitassero nel dormitorio l’Ufficio della Vergine (Reg., II, 70)” (Storia di San Domenico, p. 672).
5. Un altro storico, G. Bedouelle, scrive: “Quanto a Domenico, nei momenti di difficoltà che incontrava nel cammino, amava intonare l’Ave maris stella (Bologna 21).
Ci tenne anche a conservare l’usanza della recita dell’Ufficio liturgico
(bisognerebbe dire, nei nostri termini moderni, paraliturgico) della Santa Vergine, come si
faceva a Citeaux e a Prémontré. Ma l’arricchisce di una nota particolare. Per non appesantire
la liturgia, anzi per prepararla e metterla sotto l’invocazione della Madre di Dio, prescrive ai frati di recitare le «Ore della Vergine Maria» prima dell’ufficio
canonicale propriamente detto; così si reciterà il Mattutino della Vergine nel dormitorio,
appena alzati (Costituzioni primitive, Dist. I, cap. 1) e le altre ore quando ci si reca
all’Ufficio.
Maria si fa così presente in tutta la vita dei frati” (Domenico, La grazia della parola, pp. 257-258).
6. G. Bedouelle non le elimina le testimonianze dei primi frati raccolte dalle Vitae fratrum perché tardive di qualche decennio rispetto alla vita del nostro Santo Padre. Vi scorge invece una connessione tra quello che allora si diceva sul ruolo della Madonna nella fondazione dell’Ordine e la preghiera di San Domenico.
Scrive G. Bedouelle: “«Come Nostra Signora ottenne dal suo Figlio l’Ordine dei Frati Predicatori»: è questo il
titolo del primo capitolo delle Vite dei Frati di Gerardo di Frachet (Vitae Fratrum I, 1). La
Vergine di misericordia, quale «mediatrice attenta», temeva, aggiunge il testo, che i
peccatori andassero perduti, rigettati dal cospetto di Dio; allora essa suscitò questo Ordine di
predicazione «per la salvezza del genere umano». Non è questa la preghiera stessa di
Domenico, piamente e graziosamente trasformata secondo il gusto dei Fioretti domenicani?
Maria presenta a suo Figlio Domenico e Francesco, che diventano in tal modo «fratelli d’arme» (I, 4).
La Vergine non potrebbe abbandonare quell’Ordine che ha ottenuto di far nascere: di persona lo assiste, lo protegge e perfino ne cura i più piccoli particolari. Quando guarisce Reginaldo di Orléans, gli
mostra «tutto l’abito dell’Ordine» (Libellus 57). La tradizione domenicana ha ritenuto il dato
che la stessa Vergine si era degnata di «inventare» l’abito di luce e di ombra, facendo
abbandonare ai frati la cotta canonicale portata sino ad allora per sostituirla con uno
scapolare” (Ib., pp. 256-257).
8. Ancora: “Alle sue origini, l’Ordine domenicano ha usato uno dei simboli più profondi e più eloquenti per esprimere il ruolo di Maria nel mondo: quello di Vergine della misericordia, Madre dal
manto che protegge. Di origine cistercense, questo simbolo viene ripreso da suor Cecilia, del monastero di san Sisto, al fine di illustrare la compassione di Domenico: rapito in visione, egli si trova davanti al Signore e a una folla di beati: vi scorge religiosi di ogni ordine e di ogni colore, ma non ne vede del suo. Scoppia allora a piangere amaramente, tanto che Cristo lo deve consolare e gli designa la Vergine Madre che sta alla sua destra. La Vergine di pietà gli apre allora il mantello «color zaffiro», tanto grande che «pareva abbracciare tutto il cielo» e Domenico vi scorge «una moltitudine di frati».
Prostrandosi, rende grazie a Dio e alla beata Vergine Maria, e la visione scompare. Tornando in sé, sente suonare il mattutino e una volta terminato l’ufficio della notte, convoca i frati nel capitolo e tiene loro «una grande e bella predica, esortandoli all’amore e alla riverenza della beata Vergine Maria»” (Ib., p. 258).
9. Mi pare che questo sia sufficiente per dirti che quanto hai sentito nelle Chiesa domenicana che frequenti corrisponde a verità. Senza dire del legame tra il Rosario e il nostro Santo Padre Domenico.
Scrive ancora G. Bedouelle: “Non c’è dubbio che anche
Domenico e i primi frati hanno avuto il piacere di recitare in ginocchio l’Ave Maria, secondo
un’abitudine che risale al secolo XI: si faceva uso, allora, solo della salutazione angelica propriamente detta, ossia delle parole dette dall’angelo dell’Annunciazione (Luca 1,28). Solo
nel secolo seguente si aggiunge l’esclamazione di Elisabetta nella Visitazione (Luca 1,42) e si
circondano questi versetti con pratiche di devozione” (Ib., p. 259).
E “Si può anche capire perché i medioevali abbiano voluto attribuire l’invenzione del rosario a san Domenico. Nel loro linguaggio poetico, vi volevano esprimere la forza di quella preghiera nella quale il fondatore dei Predicatori aveva tanto creduto e il ruolo della Vergine nella storia della salvezza.
Ricordiamo che anche Michelangelo ha espresso tale convinzione, lui che aveva anche contribuito a restaurare il sepolcro di san Domenico a Bologna. Al centro del Giudizio universale, nella cappella Sistina, un angelo sorregge una corona di grani rosa e la tende a due figure che vi si aggrappano per poter far leva e sollevarsi, attratti verso il Cristo glorioso. A fianco del redentore, inserita nella sua mandorla, la Vergine contempla, in atteggiamento di preghiera, il giorno del Signore.
È anche il posto che le accorda fra Angelico, nel dipinto del Giudizio Universale conservato al San Marco di Firenze. Contemporaneo di Alano della Rupe, egli mette san Domenico all’estremità dei coro dei profeti e degli apostoli. Il mistero glorioso, totale e definitivo, dà a Maria il compito che le spetta nella comunione dei santi, nella Chiesa. Era conveniente che Domenico, per il suo fervore mariano, indissociabile dal suo zelo apostolico, fosse rappresentato in tal modo in quella Beatitudine che aveva tanto annunciato” (Ib., p. 263).
10. Mi pare che quanto ti ho riportato sia sufficiente per dire che quanto hai sentito nella Chiesa domenicana che frequenti è corrispondente al vero ed è ben documentato.
Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di riportare testi autorevoli e indiscussi.
La tradizione domenicana successiva non ha enfatizzato la devozione del nostro Santo Padre alla Madonna, ma è la testimonianza che quanto essa ha creduto e vissuto è stato creduto e vissuto da San Domenico come nella sua fonte, dal momento che egli possedeva, secondo una felice espressione del Padre Vicaire, la grazia del Capo (la gratia capitis), analogamente a Cristo che ha posseduto in pienezza tutta la grazia che da Lui si è diffusa in tutti i credenti fino alla fine del mondo.
Ti benedico e ti ricordo al Signore.
Padre Angelo