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Quesito

Caro padre Angelo,
Le chiedo se sia giusto dire, come alcuni sostengono, che nell’“ovocita allo stadio dei due pronuclei”, cioè in cui non vi è ancora totale fusione del patrimonio genetico, “non appare ancora alcun segno di vita umana singolarmente definibile”. Allora siccome non ci sarebbe un nuovo patrimonio genetico, non ci sarebbe neanche un nuovo individuo.
Confidando in una sua risposta, la ringrazio ancora per la pazienza e la disponibilità e le porgo i miei più cordiali saluti in Maria Regina.
Pietro


Risposta del sacerdote

Caro Pietro,

1. Nelle mie dispense scolastiche, su questo punto ho scritto:
“Circa l’inizio dello sviluppo del nuovo essere (definito concepito), l’opinione dominante fra i biologi pone questo evento nella fecondazione o fertilizzazione dell’ovocita, processo anch’esso descrivibile in vari stadi ma che si svolge in un lasso relativamente breve di tempo. Volendo precisare il momento culminante all’interno di questo processo, l’opinione dominante identifica nello stadio detto di anfimissi (o singamia) l’inizio della nuova entità, o essere dello zigote.
Altri invece ritiene che il processo abbia inizio con la stessa penetrazione spermatica, perché è a tale stadio che si mettono in moto meccanismi che porteranno alla singamia” (A. BOMPIANI, Statuto ontologico e statuto giuridico dell’embrione umano nella riflessione contemporanea in Italia, in Bioetica (a cura di C. ROMANO-G. GRASSANI), p. 321). Questa è la tesi di A. Serra S.J. e dei cattolici, i quali sostengono che con la fusione dei due citoplasmi inizia un processo di modificazione dei due nuclei che si dispongono in pronuclei (e così vengono chiamati) per attuare la singamia. A questo livello i pronuclei hanno subìto un processo di modificazione non regredibile e l’ovocita fertilizzato ha già cominciato il suo processo di sviluppo.
Lo zigote, a questo stadio, è stato chiamato da qualcuno “pre-zigote”, e il termine sta avendo fortuna come l’ha avuta quello di pre-embrione e “riguarda tutti gli ovociti fertilizzati allo stadio pronucleare”, e cioè nello stadio in cui il citoplasma dei due gameti si è fuso e i due nuclei – modificatisi irreversibilmente a vicenda e divenuti ormai pronuclei – si stanno fondendo.
La questione non è oziosa, perché là dove è vietata la crioconservazione degli embrioni, si cerca di aggirare l’ostacolo chiedendo di crioconservare gli zigoti allo stadio pronucleare. Chiamandolo pre-zigote, si dà subito l’impressione che non si tratti di un concepito, ossia di un individuo umano. In Italia il disegno di legge approvato dalla Camera dei Deputati il 18.6.2002 vieta la crioconservazione degli embrioni. La crioconservazione allo stadio pronucleare verrebbe attuata sia per la sperimentazione sia per evitare alle donne che cercano la procreazione assistita di essere vittime di sindromi iperovariche e poter avere una gravidanza con il pronucleo congelato.
A questo proposito va detto quanto ha affermato S. F. Gilbert in un suo autorevolissimo trattato di embriologia (2000): “La fecondazione è il processo mediante il quale le due cellule sessuali (i gameti) si fondono insieme per creare un nuovo individuo con un corredo genetico derivato da entrambi i genitori (…). Esiste un dialogo complesso tra l’ovocita e lo spermatozoo. L’ovocita attiva il metabolismo dello spermatozoo che è essenziale per la fertilizzazione, e lo spermatozoo reciproca attivando il metabolismo dell’ovocita per l’inizio dello sviluppo” (Cfr. A. FIORI, Dal pre-embrione al pre-zigote, in Medicina e Morale, 2003/2, p. 223).
Altrettanto accettata è una definita direzione di sviluppo: ciò significa che il processo è “orientato, nel tempo, nella direzione di una progressiva differenziazione e acquisizione di complessità e non può regredire su stadi già percorsi” (Ib.)”.

2. Ti riferisco anche quanto si può leggere nella rivista “Sì alla vita” (5 maggio 2006, pp. 44-46) in un articolo intitolato “Non è solo questione di geni” e firmato da Claudia Navarini.

Dopo aver ricordato che alcuni dicono che prima della singamia ci si trova in “una fase “pre-zigotica” in cui si potrebbe intervenire sull’embrione”, perché non ci si troverebbe all’inizio della vita umana ma in una “zona grigia”, e che questo zigote da alcuni viene chiamato con linguaggio ambiguo ovocita 2n (ovocita a due pronuclei) oppure ootide, la ricercatrice afferma:
“Come già ricordato, dal punto di vista scientifico tali affermazioni non reggono, perché la vera novità, che muta tutto il futuro susseguirsi di eventi, è il momento in cui lo spermatozoo varca la soglia della zona pellucida dell’ovulo, segnando l’irrevocabile inizio della trasformazione in zigote. Questo intuitivo criterio è stato esplicitamente menzionato nella nuova legge sull’aborto del South Dakota (Usa), per giustificare, dopo studi accurati da parte di una Task Force, l’illegittimità giuridica degli aborti volontari e procurati.
Il dubbio che alcuni insinuano per guadagnare “amici dell’ootide” è che, laddove non si abbia ancora un patrimonio genetico compiutamente organizzato – come è nelle prime ore di vita dello zigote – non si potrebbe parlare di un nuovo essere umano. In pratica, l’inizio della vita coinciderebbe con l’esistenza di una cellula con un nucleo ben definito, dal patrimonio genetico interamente formato.
Non si riflette tuttavia sul fatto che la riorganizzazione del patrimonio genetico è solo una della attività proprie della nuova cellula, insieme alla reazione corticale, con cui la cellula si “chiude” in un muro difensivo che – come una barriera di protezione alzata tutto intorno – impedisce ad altri spermatozoi di penetrare all’interno del citoplasma, e alla espulsione del secondo globulo polare, cioè di una particella derivante dal citoplasma dell’ovocita e portatrice del Dna della madre.
L’ovocita a due pronuclei, dunque, non è altro che lo zigote che, nelle sue prime ore di vita, sta compiendo queste tre fondamentali attività, una delle quali, l’intensa comunicazione fra i pronuclei maschile e femminile dei rispettivi Dna, è ancora in corso, e per questa ragione i due pronuclei originari sono ancora ben visibili nel citoplasma in cui si trovano.
Come hanno osservato più volte i genetisti Angelo Serra e Roberto Colombo, dal primo momento della fecondazione in poi il nuovo organismo vivente (anche con due pronuclei) è caratterizzato da uno sviluppo coordinato, continuo e graduale, che permette di qualificarlo come individuo (umano) e come vivo.
A questo punto non resta che la scelta della coerenza. Se riteniamo che ogni essere umano debba essere tutelato, che sia possessore di diritti inalienabili, che non possa essere ingiustamente discriminato in base alle sue caratteristiche o capacità, dobbiamo adoperarci perché ciascuno di quei piccoli invisibili esseri di una cellula, così come i loro simili di poche cellule, – o come noi con tante cellule – sia finalmente una volta per tutte chiamato uomo e trattato come tale.
Per farlo, tuttavia, occorre un passaggio fondamentale, che la ricerca scientifica conferma ma non produce, perché dipende da un più vasto uso sapienziale dell’intelletto e da un atteggiamento di umile realismo: la vita umana è un mistero il cui inizio si inferisce senza mai esattamente catturarlo, e che non si vede eppure si conosce da sempre con la luce del vero bene”.

3. Sempre nella medesima rivista (pp. 47-49), viene riportato quanto Anna Giuli, docente di Bioetica presso la Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma, scrive in un libro pubblicato di recente e intitolato “Inizio della vita umana individuale. Basi biologiche e implicazioni etiche” (edizioni Aracne):
Che cosa si intende per inizio della vita umana “individuale”
Alcune correnti di pensiero affermano che l’esistenza di un individuo umano “vero e proprio” cui poter dare un “un nome e un cognome” inizi in un momento successivo rispetto al concepimento e che fino a quel momento quella “vita umana” non possa avere la dignità, cioè il valore (e quindi anche la tutela) di ogni altra persona.
In biologia ogni individuo è identificato nell’organismo la cui esistenza coincide con il suo ciclo vitale, cioè ‘‘il distendersi nello spazio e nel tempo della vita di un’individualità biologica’. L’origine di un organismo biologico coincide quindi con l’inizio del suo ciclo vitale: è l’avvio di un ciclo vitale indipendente a definire l’inizio di una nuova esistenza biologica individuale che si svilupperà nel tempo attraversando diverse tappe fino a giungere alla maturità e poi alla conclusione del suo arco vitale con la morte.
Sulla base dei dati scientifici oggi disponibili, risulta dunque importante vagliare la possibilità di identificare l’evento critico che segna l’inizio di un nuovo ciclo vitale umano.
Quando inizia la vita?
Un nuovo individuo biologico umano, originale rispetto a tutti gli esemplari della sua specie, inizia il suo ciclo vitale al momento della penetrazione dello spermatozoo nell’ovocita. La fusione dei gameti maschile e femminile (detta anche singamia) segna il passaggio generazionale, cioè la transizione fra i gameti – che possono considerarsi ‘‘un ponte’ fra le generazioni – e l’organismo umano neoformato. La fusione dei gameti rappresenta un evento critico di discontinuità, perché segna il costituirsi di una nuova individualità biologica, qualitativamente differente dai gameti che l’hanno generata.
In particolare, l’entrata dello spermatozoo nell’ovocita innesca una serie di eventi, valutabili dal punto di vista biochimico, molecolare e morfologico, che inducono l’attivazione di una nuova cellula – l’embrione unicellulare – e stimolano la prima cascata di segnali dello sviluppo embrionale; tra le molte attività di questa nuova cellula le più importanti sono l’organizzazione e l’attivazione dei nuovo genoma, che avviene grazie all’attività coordinata degli elementi molecolari di origine materna e paterna (fase pronucleare).
Il nuovo genoma è, quindi, già attivo allo stadio pronucleare assumendo da subito il controllo dello sviluppo embrionale; già allo stadio di una sola cellula (zigote) si inizia a stabilire come avverrà lo sviluppo successivo dell’embrione e la prima divisione dello zigote influenza il destino di ciascuna delle due cellule che si formeranno; una cellula darà origine alla regione della massa cellulare interna o embrioblasto (da cui deriveranno i tessuti dell’embrione) e l’altra al trofoblasto (da cui deriveranno i tessuti coinvolti nel nutrimento dell’embrione e del feto). La prima divisione dello zigote influenza, quindi, il destino di ogni cellula e, in definitiva, di tutti i tessuti del corpo”.
Queste evidenze chiariscono che non è possibile lasciare spazio all’idea che gli embrioni precoci siano un ‘‘cumulo indistinto di cellule’.
Alcuni fenomeni, come la possibilità di formare i gemelli monozigoti durante le prime fasi dello sviluppo embrionale, non cancellano l’evidenza biologica della individualità stabilita alla fusione dei gameti, semmai mettono in luce la capacità di compensazione di eventuali danni o errori nel programma di evoluzione embrionale. L’embrione umano precoce è un sistema armonico in cui tutte le parti potenzialmente indipendenti funzionano insieme per formare un singolo organismo.
In conclusione, dai dati della biologia fino ad oggi disponibili si evince che lo zigote o embrione unicellulare si costituisce come una nuova individualità biologica già alla fusione dei due gameti, momento di rottura fra l’esistenza dei gameti e la formazione del nuovo individuo umano. Dalla formazione dello zigote si assiste ad un costante e graduale sviluppo del nuovo organismo umano che si evolverà nello spazio e nel tempo seguendo un preciso orientamento sotto il controllo del nuovo genoma già attivo allo stadio pronucleare (stadio precocissimo dell’embrione unicellulare)”.

Penso, caro Pietro, che a questo punto i dati siano chiari.
Ti ringrazio per la riflessione che mi hai mandato privatamente (che condivido) e per il quesito esposto che mi ha dato la possibilità di dire una parola chiara per i nostri visitatori.
Ti saluto, ti seguo con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo