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Quesito

Caro Padre Angelo,
Le porgo ancora un terzo quesito sull’Eucaristia, così se ritiene può pubblicare tutto quanto sul sito in un’unica sezione.
“Fate questo in memoria di me”. E’ vero che questo “fare memoria” per l’usanza del popolo ebreo -di quel tempo- non ha il significato che intendiamo noi, quello cioè di presentare un semplice ricordo? Fare memoria, come per la celebrazione della Pasqua, per un ebreo significa rivivere di persona quell’evento. Evidentemente al momento dell’istituzione dell’Eucaristia, nostro Signore intendeva questo.
Un abbraccio.
Vittorio


Risposta del sacerdote

Caro Vittorio,
1. fai bene a sottolineare la differenza tra memoria e memoriale.
La memoria è semplicemente il ricordo di un fatto passato.
Il memoriale invece è la ripresentazione dell’evento di cui si fa memoria. È rendere presente quell’evento. È un attualizzarlo, in modo tale che lo si rende contemporaneo a noi e noi vi partecipiamo direttamente, nello stesso modo in cui ne furono resi partecipi i primi che lo sperimentarono.

2. Gli ebrei vivevano la loro pasqua come un memoriale dell’uscita dall’Egitto. Lo disse Dio stesso: “Questo giorno sarà per voi un memoriale” (Es 12,14).
Un famoso Rabbi, Gamaliele, insegnava agli ebrei a celebrare il memoriale della Pasqua, festa della liberazione dalla schiavitù dall’Egitto con queste parole: “In ogni generazione l’uomo deve considerarsi come se fosse stato tratto personalmente dall’Egitto. Perciò siamo obbligati a ringraziare, a lodare Colui che ai nostri padri e a noi ha fatto questa meraviglia, Colui che dalla schiavitù ci ha tratti alla libertà, dalla sofferenza alla gioia, dalla mestizia alla festa, dal buio a una grande luce, dalla sottomissione alla liberazione. Perciò davanti a lui intoniamo ‘‘Alleluja’” (Strack-Billerbechk, IV, p. 68).

3. Ma il memoriale implica anche un’altra cosa: che si vive quell’evento in modo tale che esso segna la nostra vita e ci fa vivere conformemente ad esso.
Ciò significa che chi partecipa all’eucaristia si impegna a vivere eucaristicamente, e cioè con i medesimi sentimenti del Cristo crocifisso.

4. In termini succinti possiamo dire che il concetto di memoriale implica tre cose:
1 – la memoria, il ricordo di un fatto storicamente avvenuto;
2 – la riattualizzazione o ri-presentazione di quell’evento;
3 – essere partecipi della grazia di quell’evento conformando ad esso la propria vita.

5. Il Catechismo dello Chiesa Cattolica sottolinea il significato del memoriale con queste parole: “Secondo la Sacra Scrittura, il memoriale non è soltanto il ricordo degli avvenimenti del passato, ma la proclamazione delle meraviglie che Dio ha compiuto per gli uomini. La celebrazione liturgica di questi eventi, li rende in certo modo presenti e attuali. Proprio così Israele intende la sua liberazione dall’Egitto: ogni volta che viene celebrata la Pasqua, gli avvenimenti dell’Esodo sono resi presenti alla memoria dei credenti affinché conformino ad essi la propria vita” (CCC 1363).
Ma il memoriale del sacrificio di Cristo non rende quel sacrificio solamente presente alla memoria, ma lo rende presente realmente. E questo perché il sacrificio di Cristo è stato offerto una volta per tutte sulla croce e rimane sempre attuale.
Si legge infatti nella lettera agli ebrei: “Egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore. Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso” (Eb 7,24-28).
Per questo il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che “quando si celebra l’Eucaristia, si fa memoria della Pasqua di Cristo e la si rende presente” (CCC 1264) e ricorda anche che “ogni volta che il sacrificio della croce viene celebrato sull’altare, si effettua l’opera della nostra redenzione” (Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 3).

6. Si legge che Padre Pio, a chi gli chiedeva che cosa fosse la Messa, rispondeva: “è un appuntamento sul Calvario”.
E a chi gli domandava con quali sentimenti si dovesse partecipare alla Messa, diceva: “con gli stessi sentimenti che avevano la Madonna e San Giovanni ai piedi della croce”.
E siccome alcuni lo vedevano piangere mentre celebrava, a chi gliene domandava il perché, rispondeva: “E vi par poca cosa veder Gesù che muore?”.
Non ci si stupisce allora anche perché dicesse che avrebbe desiderato passare tutta la sua vita sull’altare.

7. Se poi passiamo a riflettere sugli effetti o benefici della Messa, il discorso non finirebbe più. E sono tutti effetti o benefici che si rendono attuali, e che noi purtroppo vanifichiamo perché partecipiamo all’Eucaristia come se fosse semplicemente un rito.

Grazie, caro Vittorio, per queste puntualizzazioni, che dovrebbero stimolarci a vivere meglio questo sacramento.
Ti seguo con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo