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Quesito
Caro Padre Angelo,
ho scoperto solo di recente il sito, ma ne sono rimasto da subito entusiasta, perché è bello potersi confrontare su argomenti ai quali non sappiamo dare risposta.
Anche io, come molti, ho qualcosa da domandarle.
La questione sulla natura divina di Cristo è stata motivo di duri scontri nella Chiesa dei primi secoli. Posto che non ho dubbio alcuno sul suo essere Dio fatto uomo, continuo a chiedermi se l’aspetto umano, con tutti i risvolti emotivi e sensibili non fosse prevalente in quel suo essere uomo.
Questa mia idea, magari totalmente errata, forse deriva dal fatto che trovo più facile amare ed identificarmi in un Cristo che vive a pieno la condizione umana, che prova turbamento vero, sconforto, rabbia, dolore, paura della morte, ma che abbia anche conosciuto l’allegria, l’affetto, la tenerezza, l’amicizia.
Io non trovo in questo contraddizione con il suo essere Dio, ma anzi è per me la più viva testimonianza del suo sacrificio per noi.
La ringrazio per l’attenzione e la saluto con grande affetto.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. avendo assunto una vera natura umana Cristo ha voluto essere partecipe di tutte le esperienze dell’uomo, ad esclusione del peccato, come ricorda San Paolo in Eb 4,15.
Dunque è giusto dire che Cristo ha condiviso le nostre stesse emozioni.
2. Ad esempio, il Vangelo riporta diverse volte che Gesù ebbe compassione.
Così ad esempio con il lebbroso: “Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!» (Mc 1,41).
Così ancora con la vedova di Nain: “Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: «Non piangere!»” (Lc 7,13) e con le folle che provano fame: “Allora Gesù chiamò a sé i discepoli e disse: «Sento compassione di questa folla: ormai da tre giorni mi vengono dietro e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada»” (Mt 15,32).
Ugualmente il Vangelo registra che Gesù pianse. Pianse alla vista di Gerusalemme (Lc 19,41). Per la morte dell’amico Lazzaro “Gesù scoppiò in pianto (Gv 11,35).
3. Il Vangelo dice che Gesù sperimentò l’amicizia: a proposito di Giovanni, se ne parla come del “discepolo che Gesù amava” (Gv 19,26). Così si legge che voleva “molto bene” a Marta, a Maria e a Lazzaro (Gv 11,5).
Parla anche di alcuni giovani che incontrò e guardò con particolare simpatia (“allora Gesù, fissatolo, lo amò”, Mc 10,21).
Gesù sperimenta anche l’indignazione, come nel caso della cacciata dei venditori dal tempio (Mt 21,2).
In altri casi si riferisce di lui che “guardandoli tutt’intorno con indignazione” (Mc 3,5).
In modo particolare le passioni emergono nella loro realtà umana nel momento della passione: la sudorazione di sangue, il cadere a terra, la tristezza della sua anima (Mt 26,38).
4. S. Tommaso dice: “In Cristo non solo vi furono le passioni rispetto al bene, ma anche rispetto al male: aveva infatti un corpo passibile, e quindi in seguito all’immaginazione di ciò che è nocivo vi potevano essere in lui le passioni del timore e della tristezza e altre del genere… In Cristo vi furono dunque vere passioni, per cui Agostino dice che Cristo “per un ben definito scopo provvidenziale prese questi moti con animo umano quando volle, così come quando volle si fece uomo”(De Civitate Dei, XIV, 9)” (s. tommaso, De Veritate, 26, 8).
5. Va detto però che in noi le emozioni o passioni talvolta precedono i nostri atti deliberati e li condizionano. E possono essere motivo di imperfezione.
Talvolta addirittura le passioni ci sopraffanno, ci dominano e ne siamo schiavi e diventano occasioni di peccato.
Evidentemente tutto questo non ci fu in Cristo.
6. Per questo San Tommaso osserva: “Bisogna però notare che queste passioni si trovavano in Cristo in modo diverso dal nostro sotto tre aspetti.
Primo, per l’oggetto. Perché in noi il più delle volte queste passioni si volgono a cose illecite: ciò che non avveniva in Cristo.
Secondo, per la causa. Perché tali passioni spesso in noi prevengono il giudizio della ragione, mentre in Cristo tutti i movimenti dell’appetito sensitivo nascevano dall’impero della ragione. Dice pertanto S. Agostino che “per la grazia di una sicurissima libertà Cristo assumeva nel suo animo queste passioni quando voleva, come quando ha voluto si è fatto uomo”.
Terzo, per l’effetto. Perché in noi a volte tali passioni non s’arrestano all’appetito sensitivo, ma trascinano la ragione. Ciò non avveniva in Cristo, perché tutti i moti attinenti alla carne umana erano così contenuti per sua volontà nell’appetito sensitivo che la sua ragione non ne veniva minimamente intralciata. Ecco perché S. Girolamo scrive che “il Signore per dimostrare la realtà dell’uomo assunto soffrì vera tristezza, ma per escludere un dominio della passione sul suo animo si dice che cominciò a rattristarsi” per una propassione, indicando con la passione ciò che domina l’animo, cioè la ragione, e con il termine propassione il sentimento che si sviluppa entro l’appetito sensitivo, senza sconfinamenti” (Somma teologica, III, 15, 4).
In conclusione le tue osservazioni sono giuste. Le emozioni in Gesù non sono in contraddizione con il suo essere Dio.
Ti saluto, ricambio l’affettuoso saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo