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Quesito

Gentilissimo Padre,
Le scrivo in un momento di profonda riflessione nata quasi per caso (anche se al caso non credo in questa particolare circostanza).
Sono sposato ormai da 15 anni, ho due figli desiderati e amati da noi genitori. Nella mia vita (ho poco più di 40 anni) ho cercato di osservare, pur con le cadute della mia fragilità umana, i comandamenti, ho studiato all’Università Cattolica, ho dato esami di teologia, sono stato catechista per anni, frequento la parrocchia, centro nevralgico anche della vita di crescita dei nostri figli, mi confesso frequentemente così come partecipo all’Eucaristia domenicale. Ma…
…Io e mia moglie non stiamo applicando il magistero della Chiesa per quanto riguarda i metodi anticoncezionali. In pratica non usiamo quelli cosiddetti naturali ben consigliati dalla Humanae Vitae. Il problema è che in questi giorni ho ripreso in mano, non so perché, questo argomento e ho iniziato a documentarmi (cosa che avrei evidentemente dovuto fare prima). Il sito dove Lei periodicamente scrive mi ha sicuramente illuminato ma nello stesso tempo, dalle Sue risposte, sempre così pragmatiche, non ho trovato una via convincente.
Mi rispecchio nelle parole enunciate dai due laici brasiliani Arturo e Hermelinda As Zamberline, responsabili regionali di un movimento di spiritualità coniugale presente in 70 paesi,  che davanti al Sinodo dei Vescovi in Ottobre 2014 hanno detto “i metodi contraccettivi naturali sono buoni ma nella cultura attuale ci sembrano privi di praticità” e “le coppie cattoliche nella grande maggioranza non rifiutano l’utilizzazione di altri metodi contraccettivi”.
Le loro parole sono d’altra parte lo specchio delle risposte al questionario che il Santo Padre ha inviato a tutte le parrocchie del mondo con una serie di domande su temi molto attuali. La chiesa tedesca che per prima ha reso noti i risultati del sondaggio ha svelato come la stragrande maggioranza dei cattolici tedeschi non applichi i metodi naturali e non si senta neppure in obbligo di confessare tale scelta.
Neppure io ho mai sentito necessario confessarmi di questa scelta in quanto ho sempre trovato giustificazione nel fatto che io e mia moglie ci siamo aperti alla vita e i nostri figli ne sono la prova vivente. Oggi continuiamo ad amarci e riteniamo di  unirci nell’atto sessuale come dono reciproco l’uno verso l’altro. Non riesco a vedere una colpa così grave nell’utilizzare metodi che consentano la paternità e maternità responsabile; eppure per la Chiesa si tratta addirittura di peccato mortale. Questo mi ha scosso, me ne sono confessato ma come ho detto al confessore più per paura delle conseguenze che per la certezza che sia giusta questa limitazione alla scelta in coscienza degli sposi. Anche il confessore mi ha detto che le posizioni su questo argomento sono varie.
Le sue risposte confrontate con quelle di altri teologi ne sono ulteriore prova. La sua intransigenza in tutte le sue risposte su questo tema, caro Padre, mi ha profondamente toccato. Trovo maggiore rispondenza alla Chiesa che ama i suoi figli nel “Vademecum per i confessori su alcuni temi di morale attinenti alla vita coniugale” in cui viene riconosciuto  alla coscienza della persona la capacità di valutare e decidere il comportamento da scegliere e da vivere. In questo caso la coscienza potrebbe esprimere un giudizio diverso dal giudizio del magistero.
Padre Maurizio Faggioni, docente di Teologia Morale, in un bell’articolo di qualche tempo fa ripercorre l’ambito storico in cui l’Humanae Vitae fu scritta. Era doveroso in quel tempo che la Chiesa prendesse posizione su un tema che, lasciato senza una guida, avrebbe portato a ritenere lecito qualsiasi comportamento lassivo e noncurante dei valori altissimi di cui la sessualità umana è portatrice. Il teologo afferma che le decisioni in questo campo sono affidate, in ultima istanza, alla coerenza della coscienza cristianamente formata degli sposi che, fedeli ai valori del matrimonio e in ascolto fiducioso e pensoso degli insegnamenti del Magistero, dovranno formulare valutazioni e fare scelte, con la libertà e la trasparenza dei figli, davanti al Padre. E’ chiaro che il ricorso alla contraccezione ha risonanza morale diversa se configura uno strumento tecnicamente efficace per fare sesso “sicuro” in un contesto di promiscuità e libertinaggio o se si configura come un tempo o una fase dell’itinerario cristiano di una coppia che si sforza di vivere con impegno la sua vocazione all’amore e di crescere in essa (cfr Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio n.34 e il già citato Vademecum per i confessori).
In conclusione caro Padre, mi trovo molto combattuto tra il dover credere che il precetto della Chiesa sia giusto o pensare che sia solo il frutto di una presa di posizione che può minare la serenità degli sposi. Sicuramente Lei mi citerà esempi di sposi che hanno fatto la scelta del Magistero e sono felicissimi e tranquilli (e ci credo, non metto in dubbio tale scelta da loro fatta), ma d’altra parte io Le dico che non riesco ad accettare come peccato mortale la mia scelta (da equiparare all’omicidio? al furto? alla menzogna e alla violenza?). Non è che la Chiesa dovrà rivedere questa posizione così intransigente? Ora che sono consapevole di essere nel peccato mortale come potrò unirmi con mia moglie serenamente? Mi vengono alla mente le parole di Gesù "….anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili che voi neppure toccate con un dito….".
Mi illumini perché sono nel dubbio e mi affido alla Madre Celeste che spero possa intercedere presso il Figlio se stiamo sbagliando e ci consenta il perdono del Padre.
La ringrazio e La saluto cordialmente,
Luca

 


Risposta del sacerdote

Caro Luca,
1. Ci sono tanti errori in quello che mi hai scritto.
Quanto hanno detto su questo punto i due coniugi brasiliani non riflette la legge di Dio insegnata dalla Chiesa.
Né il  comportamento dei tedeschi costituisce un criterio normativo di condotta.
Il criterio veritativo, come ben sai, non è dato dalla condotta della gente, né è garantito dal comportamento della maggioranza.

2. La maggioranza della gente trasgredisce anche altri comandamenti, come il terzo che riguarda la santificazione delle feste. Ma questo non significa che il terzo comandamento abbia cessato di essere direttivo del comportamento umano.
Fai riferimento ad un articolo di Padre Faggioni, il quale dice che “le decisioni in questo campo sono affidate, in ultima istanza, alla coerenza della coscienza cristianamente formata degli sposi che, fedeli ai valori del matrimonio e in ascolto fiducioso e pensoso degli insegnamenti del Magistero, dovranno formulare valutazioni e fare scelte, con la libertà e la trasparenza dei figli, davanti al Padre. Il teologo afferma che le decisioni in questo campo sono affidate, in ultima istanza, alla coerenza della coscienza cristianamente formata degli sposi che, fedeli ai valori del matrimonio e in ascolto fiducioso e pensoso degli insegnamenti del Magistero, dovranno formulare valutazioni e fare scelte, con la libertà e la trasparenza dei figli, davanti al Padre”.
È chiaro che le decisioni del comportamento le prende sempre il singolo col suo giudizio di coscienza in questo campo come in tutti gli altri.
Ma Padre Faggioni ha parlato di “coerenza della coscienza cristianamente formata degli sposi che, fedeli ai valori del matrimonio e in ascolto fiducioso e pensoso degli insegnamenti del Magistero”. Che significa questo se non che gli sposi cristiani intendono obbedire a Dio che manifesta la sua volontà anche attraverso l’insegnamento autorevole della Chiesa da Lui stesso assistita?
Il Padre Faggioni non  ha detto che si può fare quello che si vuole. No, non l’ha detto. Né ha detto che l’insegnamento della Chiesa non sia vincolante per la formazione cristiana della coscienza degli sposi. Anzi, se soppesi le parole, ha detto il contrario di quanto hai pensato.

3.  Ed ecco l’insegnamento della Chiesa espresso in un’assise come quella del Concilio Vaticano II: “I coniugi cristiani siano consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza che sia conforme alla legge divina stessa, docili al magistero della Chiesa, che in modo autentico quella leggeinterpreta alla luce del vangelo” (Gaudium et spes, 50).

4. Il Concilio offre anche l’interpretazione della norma divina e dà anche la valutazione della contraccezione.
Dice infatti: “Quando si tratta di comporre l’amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi che hanno il loro fondamento nella dignità stessa della persona umana e dei suoi atti e sono destinati a mantenere in un contesto di vero amore l’integro senso della mutua donazione e della procreazione umana, e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale.
I figli della Chiesa, fondati su questi principi, non potranno seguire strade che sono condannate dal Magistero nella spiegazione della legge divina” (GS 51).
Di fatto tu stai seguendo “strade che sono condannate dal Magistero nella spiegazione della legge divina” (GS 51).
Non è una bella cosa né ti può lasciare tranquillo in coscienza.

5. Come puoi notare, il Concilio ha dato anche la valutazione sulla contraccezione coniugale: parla di integro senso della donazione umana.
Nella contraccezione non c’è l’integrità del dono, come ripetutamente ha insegnato San Giovanni Paolo II.
Né viene coltivata la virtù della castità, che nel comportamento contraccettivo  abituale rimane una parola gettata al vento.

6. Né si può dire che essendo peccato grave la contraccezione venga valutata alla pari dell’omicidio.
Ti faccio un esempio: si va in carcere perché si è omicidi e si va in carcere anche perché si è rubato.
I crimini sono diversi, ma sono ambedue gravi, sebbene uno sia più grave dell’altro, come viene determinato anche dalla pena.
Del resto anche il non santificare le feste per capriccio è un peccato grave e non è certo paragonabile all’omicidio.
Ciò non di meno non cessa di essere un peccato grave.

7. Ma ciò che forse si è oscurato in te è questo: che la valutazione del peccato grave non viene data in riferimento all’onesta naturale.
Anche chi non santifica le feste continua ad essere una persona onesta.
E anche chi fa contraccezione, come nel tuo caso, non cessa di essere persona onesta.
Si parla di peccato mortale in riferimento ad un altro criterio, che è di ordine soprannaturale, ed è quello della carità che consiste nell’avere la nostra volontà all’unisono con  quella di Dio.
Infatti solo chi osserva i comandamenti ama il Signore: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama” (Gv 14,21).
Chi non li osserva non può dire di amare il Signore. È bugiardo, dice San Giovanni, e la verità non è in lui: “Chi dice: «Lo conosco» e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui” (1 Gv 2,4).
San Tomasso ricorda che “mortale è quel peccato che toglie la vita spirituale prodotta dalla carità, virtù in forza della quale Dio abita in noi: perciò è mortale per il suo genere quel peccato che per se stesso, cioè per la sua natura, è incompatibile con la carità” (Somma teologica, II-II, 35, 3).

8. Mi dici anche che il tuo matrimonio ha realizzato l’aspetto procreativo perché hai due figli.
Questa obiezione se l’è presentata anche Paolo VI nell’Humanae vitae e risponde così: “Né a giustificazione degli atti coniugali resi intenzionalmente infecondi, si può invocare, come valida ragione,… il fatto che tali atti costituirebbero un tutto con gli atti fecondi che furono posti o poi seguiranno, e quindi ne condividerebbero l’unica e identica bontà morale…
È quindi errore pensare che un atto coniugale, reso volutamente infecondo, e perciò intrinsecamente non onesto possa essere coonestato dall’insieme di una vita coniugale feconda” (Humanae Vitae, 14).
Se fosse stato sufficiente il tuo ragionamento, il Papa avrebbe potuto esimersi dallo scrivere l’Humanae Vitae e Giovanni Paolo II dal tornarvi sopra mille volte.
In realtà la nostra santificazione e la nostra amicizia col Signore si costruisce atto dopo atto, soprattutto in atti nei quali uno impegna grandemente se stesso come avviene negli atti coniugali.
Come non basta andare Messa a Natale e a Pasqua per dire che si santificano le feste, così non è sufficiente dire che si sono messi al mondo due figli  per giustificare atti che non rispettano neanche la vera e integra donazione dei coniugi.
C’è vera donazione se si dona tutto, anche la capacità procreativa.
Perché a quegli atti, oltre la donazione, è intrinseca la finalità procreativa, della quale siete bene consapevoli, perché diversamente non ricorrereste alla contraccezione. E sapete anche che quegli atti non durano finché volete, ma di fatto per natura vengono meno quando è stata espletata la funzione procreativa.
È evidente pertanto che la contraccezione attua una manomissione del disegno del Creatore sulla sessualità e sull’amore umano.

9. Mi hai citato il Vademecum per i confessori del Pontificio Consiglio per la famiglia (12.2.1997).
Ma proprio questo Vademecum dice: “La Chiesa ha sempre insegnato l’intrinseca malizia della contraccezione, cioè di ogni atto coniugale intenzionalmente infecondo. Questo insegnamento è da ritenere come dottrina definitiva ed irreformabile.
La contraccezione si oppone gravemente alla castità matrimoniale,
è contraria al bene della trasmissione della vita (aspetto procreativo del matrimonio),
e alla donazione reciproca dei coniugi (aspetto unitivo del matrimonio),
ferisce il vero amore
e nega il ruolo sovrano di Dio nella trasmissione della vita umana” (n. 2.4).
Tu mi scrivi: “Non è che la Chiesa dovrà rivedere questa posizione così intransigente?”.
Hai sentito che cosa dice il Vademecum? “Questo insegnamento è da ritenere come dottrina definitiva ed irreformabile”.

10. Infine, ma il discorso diventerebbe troppo lungo, riguarda i metodi naturali, che non sono come tu li definisci metodi anticoncezionali. Scrivi infatti: “Io e mia moglie non stiamo applicando il magistero della Chiesa per quanto riguarda i metodi anticoncezionali. In pratica non usiamo quelli cosiddetti naturali ben consigliati dalla Humanae Vitae”.
No, i metodi naturali non sono “metodi anticoncezionali naturali”.
Sono un’espressione della virtù della castità, di autodominio, di vero dono, non di contraffazione del dono.
A questo proposito ti ricordo la grande affermazione di Giovanni Paolo II il quale dice che fra i due metodi vi è “una differenza assai più vasta e profonda di quanto abitualmente non si pensi e che coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità umana tra loro irriducibili” (Familiaris Consortio 32), ed invita “ad approfondire la differenza antropologica e al tempo stesso morale che esiste tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi infecondi” (Ib.).
Mi permetto di rimandarti ad un mio approfondimento su questo tema, fatto in tre puntate, sul nostro sito: La profonda differenza che passa tra la contraccezione e il seguire la legge di Dio nel matrimonio  pubblicate il 14, il 15 e il 16 aprile del 2010 (leggi tutto…) (leggi tutto…) (leggi tutto…).

11. Quando tu mi hai scritto era il 5 gennaio, poco dopo la prima sessione del Sinodo straordinario. E in quel periodo molti hanno detto e scritto cose sbagliate, dando l’impressione che la dottrina della Chiesa su questo punto fosse modificabile.
Se non che Papa Francesco ha avuto occasione di ribadire la validità della dottrina di Paolo VI. Lo ha fatto in particolare a Manila. Ha detto: “In un momento in cui si riproponeva il problema della crescita della popolazione, ebbe il coraggio di difendere l’apertura alla vita della famiglia. Lui conosceva le difficoltà che c’erano in ogni famiglia, per questo nella sua Enciclica era tanto misericordioso con i casi particolari e chiese ai confessori che fossero molto misericordiosi e comprensivi con i casi particolari. Però lui guardò anche oltre, guardò i popoli della Terra, e vide questa minaccia di distruzione della famiglia a causa della mancanza dei figli. Paolo VI era coraggioso, era un buon pastore e allertò le sue pecore sui lupi in arrivo”.
Ho voluto evidenziare l’espressione: “chiese ai confessori che fossero molto misericordiosi e comprensivi con i casi particolari”.
Ed è vero ed è ciò che io ripropongo in continuazione nel nostro sito: “E se il peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita nel sacramento della Penitenza” (Humanae vitae, 25).
Dicendo ai fedeli di ricorrere con umile perseveranza chiede nello stesso tempo ai confessori di essere “molto misericordiosi e comprensivi con i casi particolari”, come interpreta Papa Francesco.
Ma essere “molto misericordiosi e comprensivi” non significa dire che il male non è male, anzi in alcuni casi è anche un bene.
No, un conto è la norma e un  conto è la condotta dei fedeli.
Anche in questo caso mi piace citare il Vademecum: “La recidiva nei peccati di contraccezione non è in se stessa motivo per negare l’assoluzione. Questa non si può impartire solo se mancano il sufficiente pentimento o il proposito di non ricadere in peccato. Il confessore eviterà di aver sfiducia nei confronti della grazia di Dio e delle disposizioni del penitente, esigendo garanzie assolute umanamente impossibili” (nn. 5 e 11).
La purezza della dottrina non è inconciliabile con la misericordia nel tratto delle persone. Mi pare che sia la premessa per essere veramente misericordiosi.

12. Mi scrivi anche: “nel Vademecum per i confessori viene riconosciuto alla coscienza della persona la capacità di valutare e decidere il comportamento da scegliere e da vivere. In questo caso la coscienza potrebbe esprimere un giudizio diverso dal giudizio del magistero”.
Il Vademecum non dice che si può fare quello che si vuole.
Dice piuttosto che in alcuni casi di ignoranza della legge di Dio “è sempre valido il principio secondo il quale è preferibile lasciare i penitenti in buona fede in caso di errore dovuto ad ignoranza soggettivamente invincibile, quando si preveda che il penitente, pur orientato a vivere nell’ambito della vita di fede, non modificherebbe la propria condotta, anzi passerebbe a peccare formalmente.
Tuttavia, anche in questo caso, il confessore deve tendere ad avvicinare sempre più tali penitenti attraverso la preghiera, l’esortazione alla formazione della coscienza, ad accogliere nella propria vita il piano di Dio e l’insegnamento della Chiesa” (n. 8). Il che è ben diverso.

13. Infine desidero fare un’osservazione: come vedi, su tutta la linea sei abbastanza lontano da quanto dice il Magistero e lo sembri addirittura accusare con quell’affermazione “Mi vengono alla mente le parole di Gesù "….anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili che voi neppure toccate con un dito….".
Questa citazione è fuori posto ed è offensiva nei confronti della Chiesa, di cui sei figlio.
È fuori posto perché Gesù parlava delle leggi rituali e delle cerimonie che i dottori di quel tempo imponevano alla gente. E tu sembri applicarlo alla legge di Dio!
Penso che sia più giusto riconoscere i propri errori che legittimarli.
E dire che in un punto importante della vita purtroppo il peccato fa ancora breccia, come dice il beato Paolo VI e purtroppo si “nega il ruolo sovrano di Dio”.
E che convenga ricorrere “con umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita nel sacramento della Penitenza” (Humanae vitae, 25).

14. A questo punto desidero dirti che la Chiesa ti affida un compito tutto contrario a quello che tu desideri da lei.
Mentre tu attendi una impossibile revisione della legge di Dio, la Chiesa ti dice: “E ora la nostra parola si rivolge più direttamente ai nostri figli, particolarmente a quelli che Dio chiama a servirlo nel matrimonio. La chiesa, mentre insegna le esigenze imprescrittibili della legge divina, annunzia la salvezza e apre con i sacramenti le vie della grazia, la quale fa dell’uomo una nuova creatura, capace di corrispondere nell’amore e nella vera libertà al disegno del suo Creatore e Salvatore e di trovare dolce il giogo di Cristo. (…).
Ad essi (gli sposi cristiani) il Signore affida il compito di rendere visibile agli uomini la santità "e la soavità della legge che unisce l’amore vicendevole degli sposi con la loro cooperazione all’amore di Dio autore della vita umana.
Non intendiamo affatto nascondere le difficoltà talvolta gravi inerenti alla vita dei coniugi cristiani: per essi, come per ognuno, è stretta la porta e angusta la via che conduce alla vita" (cfr. Lc 13,24).
Ma la speranza di questa vita deve illuminare il loro cammino, mentre coraggiosamente si sforzano di vivere con saggezza, giustizia e pietà nel tempo presente, sapendo che la figura di questo mondo passa” (HV 25).

15. Il Signore ti ha dato questo compito, il compito di essere con tua moglie apostolo della santità del matrimonio e della soavità della legge di Dio.
Pertanto ti esorto ad essere quello che devi essere davanti a Dio e davanti agli uomini senza sconti.
Non cercare un sacerdote acquiescente alla tua situazione.
Cercane uno che ti spinga alla santità. Non è così che si deve fare?
Cercane uno che ti aiuti ad essere umile, uno che ti purifichi dopo ogni caduta, che ti rialzi e ti faccia accostare al banchetto eucaristica come il Signore vuole.
Credo che questa sia la vera misericordia, quella che rende puri davanti al Signore.
Il buon samaritano ha lavato e curato le ferite di colui che era finito sotto le botte dei suoi rapinatori.
Il sacerdote e il levita che gli sono passati accanto e lo hanno lasciato così com’era. Non è stata misericordia la loro!

Assicuro un cordiale ricordo nella preghiera per te, per tua moglie, per i tuoi carissimi figli e vi benedico uno ad uno.
Padre Angelo