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Invito a leggere quella bella testimonianza che ci ha dato un amico visitatore.
Lo ringrazio sentitamente e mentre gli assicuro il mio ricordo nella comune preghiera del S. Rosario lo benedico.
Padre Angelo
Caro Padre, vorrei darle la mia testimonianza con riferimento a quanto da lei scritto in https://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=775, rispondendo a chi si domanda perchè un coniuge abbandonato debba essere condannato ad una vita in solitudine:
“In questo percorso Cristo non abbandona e concede alla parte fedele illuminazioni, gioie e consolazioni che nessuna persona umana può dare. Il Signore rimane fedele alle sue promesse. E se un coniuge abbandona, Cristo non abbandona mai. Anzi si direbbe che la sua presenza diventi ancora più forte e più tangibile.”
La mia storia inizia come quella di tanti altri: gli studi, gli amici, qualche innamoramento, il sincero desiderio di formare una famiglia, che mi porta ad innamorarmi di quella ragazza che sarebbe poi diventata mia moglie. Un cammino pre-matrimoniale fatto con i migliori intenti, il matrimonio e la preghiera che ci accompagna quotidianamente. Dopo pochi anni arriva una splendida bimba, dono di Dio, ma purtroppo arrivano anche i problemi. La preghiera cessa, Dio viene messo fuori dalla porta e non gli si apre più, nonostante continui a bussare, instancabile. Il matrimonio affronta momenti difficili, e purtroppo mia moglie decide di reagire alle difficoltà andandosene di casa con la bambina. Nonostante i tanti tentativi fatti, la sua risposta ad ogni sacerdote, psicologo, terapeuta di coppia, amico che si troverà davanti sarà sempre la stessa: “Non lo amo più, e non voglio più passare il resto della mia vita con qualcuno che non amo”. Con buona pace della famiglia, del matrimonio contratto in piena libertà davanti a Dio, dell’assenza di ragioni forzanti quali maltrattamenti, infedeltà o altro.
Quello è stato il momento in cui ho toccato il fondo: tutto ciò in cui credevo mi crollava sotto i piedi, e mi sentivo abbandonato dagli uomini e da Dio. Per spiegare il mio stato d’animo e quanto in basso fossi arrivato, basti dire che ho anche contemplato il suicidio. Vorrei dire, poeticamente, che fu la mano dell’angelo a fermarmi, ma per onor di verità devo dire, assai più prosaicamente, che fu la vista delle prime gocce di sangue a fermarmi. Ecco quello che ero: troppo pusillanime per vivere, e troppo pusillanime anche per morire.
In questo abisso di angoscia e solitudine, un giorno facendo le pulizie in casa mi ritrovai tra le mani la Bibbia, che mi era stata tanto compagna nei giorni della giovinezza, e che in quei giorni sentivo come un libro sterile e inutile. La presi tra le mani, con l’intento di gettarla via, ma proprio in quel momento, inspiegabilmente, considerando quanto lontano mi sentivo da Dio, mi vennero alla mente le parole di Samuele: “Parla, Signore, perchè il tuo servo ti ascolta!”.
Mi sedetti, contemplando il Libro chiuso, con quelle parole che mi risuonavano nella mente. Lo aprii ad una pagina a caso, e la mia attenzione fu attirata in maniera immediata al versetto 15 di Isaia 49: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, / così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, / io invece non ti dimenticherò mai.”
Quella è stata la prima volta nella mia vita nella quale ho davvero compreso chi dice che la Parola di Dio non è parola morta, ma parola di vita, che ci interpella ogni giorno. Non posso spiegarlo con parole, e mi rendo conto che ai più ciò che sto dicendo suonerà vuoto, nel migliore dei casi, o infantile, o peggio: ma in quel momento ebbi un brivido lungo la schiena, e “seppi” (nel senso di: “ebbi la certezza”) che quelle parole erano rivolte da Dio, a me, in quel preciso momento. Gli chiesi: “Dio, che cosa vuoi da me?”, e “sentii” immediatamente forte in me il bisogno di pregare. Quel bisogno non mi ha più lasciato, e da allora sento di aver ricevuto la grazia di poter arrivare così vicino al cuore della preghiera come mai nella mia vita. Quelle che fino ad allora erano state formule pronunciate con la bocca, improvvisamente mi toccavano il cuore e parlavano alla mia anima. Avevo sempre cercato Dio con la mente, ed improvvisamente Dio si è manifestato a me attraverso il cuore, in un momento in cui ero arrivato a bestemmiarlo a tal punto di pensare di buttare la Sacra Scrittura nell’immondizia.
Da quel momento la presenza di Cristo è diventata tangibile in una maniera che non posso spiegare, e non cercherò neanche di farlo, perchè non c’è maniera in cui potrei rendere giustizia a quello che provo. Basti dire che ne ho parlato, in un colloquio durato tre ore, con un sacerdote, temendo interventi diabolici in quello che stavo attraversando, ma egli mi ha molto rassicurato, dicendomi che solo Dio può donare una tale pace dell’anima, e che dai frutti si riconoscono gli spiriti.
Concludo citando nuovamente le sue parole, nelle quali mi sono rispecchiato talmente tanto da sentirmi forzato ad inviarle questa mia testimonianza: “In questo percorso Cristo non abbandona e concede alla parte fedele illuminazioni, gioie e consolazioni che nessuna persona umana può dare. Il Signore rimane fedele alle sue promesse. E se un coniuge abbandona, Cristo non abbandona mai. Anzi si direbbe che la sua presenza diventi ancora più forte e più tangibile.”
Nel ringraziarla per la sua opera di apostolato, insieme ai suoi fratelli Domenicani (ai quali sono particolarmente grato per la “Fraternita del Rosario”, alla quale mi felicito di appartenere), le prometto un ricordo nelle mie preghiere e le chiedo altresì una preghiera, perchè questo momento di grazia che sto attraversando mi accompagni il più a lungo possibile, e perchè la mia solitudine umana possa essere riempita dall’amore di Cristo e della Chiesa.
Con affetto in Cristo,
Andrea