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Quesito
Caro Padre Angelo,
Mi chiamo Federico. Sto facendo un cammino di discernimento in vista di un eventuale sacerdozio. Nel mio iter di studi teologici sono sempre stato attirato, in modo particolare, dal sacramento della Confessione.
Arrivo al dunque: sono rimasto colpito da una affermazione (certamente giusta e santa) contenuta in un documento ufficiale (Nota della Penitenzieria Apostolica del 1 luglio 2019, paragrafo 1) secondo la quale il Confessore “è vincolato dal sigillo anche interiormente, al punto che gli è proibito ricordare volontariamente la confessione ed egli è tenuto a sopprimere ogni ricordo involontario di essa”.
Vi chiedo dunque gentilmente una interpretazione autentica che risponda alle domande:
1. Come può un Confessore farsi un esame di coscienza sul proprio operato in merito ai penitenti accolti, visto che gli è proibito il ricordo volontario delle confessioni udite?
2. Come può un Confessore, soprattutto se giovane e inesperto, chiedere consiglio sui casi difficili incontrati in Confessione (ovviamente tenendo assolutamente segreta l’identità del penitente) ad un sacerdote autorevole più esperto, visto che non deve ricordare nulla volontariamente e rimuovere addirittura il ricordo involontario delle confessioni udite?
Prima del documento citato, mi sembra fosse Dottrina comune che il Confessore potesse chiedere consiglio purché sia integralmente custodito il sigillo. Ma ora come si può fare?
La ringrazio tanto per la Sua attenzione ed esprimo profonda stima per il Suo servizio di carità e verità.
Un caro saluto.
Federico
Risposta del sacerdote
Caro Federico,
1. in merito a quanto mi chiedi si deve distinguere innanzitutto tra sigillo sacramentale e scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica.
Giustamente la Penitenzieria Apostolica nel menzionato documento ricorda che il sacerdote confessore conosce i peccati in quanto Dio, come dice San Tommaso, e non in quanto uomo: “Il sacerdote è a conoscenza di quei peccati non come uomo, ma come Dio” (Somma teologica, Suppl., 11, 1, ad 2).
E “mentre tutte le altre conoscenze le acquisisce in quanto uomo, qui invece le acquisisce in quanto è ministro di Dio, anzi, in quanto agisce in persona Christi, identificandosi con Cristo Dio” (Ib.).
2. Sempre secondo San Tommaso vi è un altro motivo per cui il sacerdote è tenuto al segreto. Questo motivo è inerente all’essenza del sacramento che, in quanto tale, è un segno sacro.
Per il nostro sacramento il sacerdote chi agisce in persona Christi deve manifestare visibilmente con il proprio comportamento ciò che avviene invisibilmente.
Ora ciò che avviene invisibilmente è questo: Dio getta dietro alle proprie spalle, e cioè dimentica, i peccati che vengono accusati e assolti.
La stessa cosa deve fare anche il sacerdote confessore.
È a questo proposito, come rileva la nota della Penitenzieria Apostolica, che il confessore “è vincolato dal sigillo anche interiormente, al punto che gli è proibito ricordare volontariamente la confessione ed egli è tenuto a sopprimere ogni ricordo involontario di essa”.
3. In merito però vanno precisate due cose.
La prima riguarda quel “volontariamente”. Evidentemente la Penitenzieria intendeva dire che non è giusto andare a ripensare alle confessioni sentite al di fuori del bene delle anime e del bene dei penitenti.
In questo senso i noti moralisti degli anni 60 del secolo scorso J. Aertnys, C. Damen, I. Wisser affermano: “Anche escluso qualsiasi pericolo di rivelazione e l’uso della scienza ottenuta con gravame del penitente, salvata dunque la sostanza del sigillo, non è lecito attingere alla materia pertinente alla confessione sacramentale senza ragione (il testo che è scritto in latino dice: “témere”).
E subito dopo scrivono: “eccetto il caso di una necessaria consultazione da fare prudentemente“.
Nello stesso tempo affermano che “non è contro il sigillo usare notizia della confessione dove non c’è alcuna rivelazione del penitente né pericolo di rivelazione e nessun gravame del penitente” (Theologia moralis, III, 431, nota).
Quante volte per chi insegna o per chi scrive si fa uso della scienza ottenuta in confessionale. Non si potrebbe fare diversamente!
4. La parola “volontariamente” confonde.
Talvolta infatti è necessario ricordare il peccato per saper guidare il penitente. Come il medico tiene presente nella propria mente le patologie del paziente per poter proporre la terapia più adatta, così fa anche il confessore.
È vero che il sacerdote è confessore in atto solo nella celebrazione del sacramento della penitenza, ma rimane confessore e guida delle anime, e cioè con l’habitus del confessore, anche al di fuori della confessione.
Forse sarebbe stato meglio usare l’espressione “senza ragione” (“témere”), come hanno fatto i menzionati autori.
5. Inoltre tra i doveri di padre e di medico delle anime il sacerdote confessore può tener conto di quanto sentito in confessione per la propria condotta personale, per svolgere meglio il suo ufficio, per pregare per il penitente, per trattarlo meglio, per consultarsi prudentemente con persone sagge…
6. Infine va ricordato il contesto in cui è stata pubblicata quella nota: da varie parti si esigeva che i sacerdoti confessori fossero obbligati a denunciare davanti a un tribunale civile chi si era macchiato del crimine di pedofilia.
Il documento, respingendo del tutto tale richiesta, ha fatto forza sul sigillo sacramentale per cui non solo non si può rivelare quanto accusato in confessione, ma di per sé non è neanche lecito ricordare i peccati sentiti.
7. La seconda cosa da ricordare è che la scomunica latae sententiae colpisce solo la rivelazione esterna perché “de internis non iudicat Ecclesia” (la Chiesa non giuridica e non sanziona ciò che avviene all’interno di una persona).
Per cui è sbagliato ripensare senza ragione alle confessioni ascoltate, ma non si incorre in alcuna sanzione e generalmente neanche in un peccato. Questo va ribadito in modo particolare per i sacerdoti inclini allo scrupolo.
Sono contento che tu stia facendo un cammino di discernimento in vista del sacerdozio. Se il Signore ti chiama e se il tuo sacerdote confessore te ne dà conferma, rispondi prontamente e generosamente.
E perché il discernimento in atto possa concludersi presto in maniera favorevole, ti assicuro la mia preghiera, ti benedico e ti auguro ogni bene.
Padre Angelo