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Quesito

carissimo p. Angelo,
mi rifaccio vivo dopo un pò di tempo.
Al numero 113 delle premesse del rituale dell’ordinazione dei presbiteri è scritto: "Con la sacra ordinazione viene conferito ai presbiteri quel sacramento con il quale in virtù dell’unzione dello spirito sano sono segnati da uno speciale carattere che lo configura a Cristo sacerdote, in modo da poter agire "in persona" di Cristo capo" (PO 2). Legame ontologico specifico che unisce il sacerdote a Cristo. In altri documenti al posto di configurare si usano altri vocaboli quali conformare, strettamente unito, somigliante, rappresentante, consacrato, immagine…
Sarei lieto se potreste illustrarmi:
– il significato esatto di "lo configura a Cristo" e se la configurazione si intende come fatto immediato, frutto dell’ordinazione o se questa configurazione a Cristo arrivi con il tempo, con l’esercizio dell’attività sacerdotale.
– il significato di agire "in persona " di Cristo Capo.
– È possibile tagliare definitivamente le radici del peccato?
Padre Livio di Radio Maria nel suo testo "la Confessione" dice: "Il peccato è un male incurabile, un tumore che ha bisogno di una medicina speciale che è quello della grazia.
Essa è l’amore di Dio la cui forza è capace di distruggere la radice su cui prolifica ogni iniquità. È la radice velenosa dell’egoismo dell’orgoglio e del disamore.
È nel sacramento della confessione che Gesù ci libera dalla schiavitù del peccato e la grazia di Gesù compie questa guarigione".
È possibile tagliare definitivamente la radice del peccato per vivere stabilmente nella grazia di Dio? Come fare?
Grazie ed attendo una vostra gradita risposta.
p. Egidio Maria 

 


 

Risposta del sacerdote

Caro Padre Egidio Maria,
sono tre le domande che mi hai fatto.

1. La prima ha come oggetto la nuova configurazione a Cristo che si riceve con il sacramento dell’Ordine sacro.
Con il Battesimo tutti veniamo configurati a Cristo e riceviamo nella nostra anima la sua impronta, il suo sigillo. Riceviamo come in uno stampo indelebile nella nostra anima l’immagine del Figlio di Dio.
Prima eravamo creature di Dio. Gli eravamo somiglianti nell’ordine della natura, dotati come Dio di intelletto e volontà.
Adesso con il Battesimo diventiamo partecipi della stessa vita divina e riceviamo un’immagine nuova che ci conforma al Figlio unigenito di Dio, alla seconda Persona della SS. Trinità.
È un’immagine ci eleva all’ordine soprannaturale della grazia e ci permette di relazionarci con Dio non solo come Creatore, ma come Padre.
Con quest’immagine nuova viene introdotto in noi un germe della vita soprannaturale di Dio divina (1 Gv 3,9) che ci permette di pensare come pensa Dio, di amare come ama Dio e di interloquire con Lui non solo come la creatura con il Creatore, ma come il figlio con il Padre, alla medesima mensa.
Con l’Ordine del sacerdozio o presbiterato si riceve una nuova configurazione a Cristo. Conservando le precedenti se ne acquisisce una terza che rende conformi a Cristo buon Pastore e capo dell’umanitàper offrire il Sacrificio e per rimettere i peccati”, come dice il Concilio nel decreto sulla vita sacerdotale (PO 2 e 13).
Giovanni Paolo II in Pastores dabo vobis così sintetizza l’identità del sacerdozio ministeriale: “I presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore, ne proclamano autorevolmente la parola, ne ripetono i gesti di perdono e di offerta della salvezza, soprattutto col Battesimo, la Penitenza e l’Eucaristia, ne esercitano l’amorevole sollecitudine, fino al dono totale di sé per il gregge, che raccolgono nell’unità e conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito. In una parola, i presbiteri esistono ed agiscono per l’annuncio del Vangelo al mondo e per l’edificazione della Chiesa in nome e in persona di Cristo Capo e Pastore.
Questo è il modo tipico e proprio con il quale i ministri ordinati partecipano all’unico sacerdozio di Cristo.
Lo Spirito Santo mediante l’unzione sacramentale dell’Ordine li configura, ad un titolo nuovo e specifico, a Gesù Cristo Capo e Pastore, li conforma ed anima con la sua carità pastorale e li pone nella Chiesa nella condizione autorevole di servi dell’annuncio del Vangelo ad ogni creatura e di servi della pienezza della vita cristiana di tutti i battezzati” (PDV 15).
Questa conformazione è di carattere ontologico, conferisce dei poteri divini come quelli di consacrare e di assolvere dai peccati e si attua nell’essenza della nostra anima.
Tale tipo di conformazione non conosce crescita. Sotto quest’aspetto nessuno è più sacerdote di un altro.
A questa conformazione si deve aggiungere quella morale che si attua mediante l’acquisizione di quelle virtù che fanno del sacerdote un’immagine viva di Gesù buon Pastore.
Tale configurazione è simultaneamente frutto della grazia, dell’impegno del singolo e anche del ministero pastorale che è santificante anzitutto per il sacerdote stesso.
Qui la nostra conformazione non è mai adeguata e il sacerdote deve sentirsi impegnato in una continua crescita.

2. Nella seconda domanda chiedi che cosa significa agire "in persona " di Cristo Capo.
Agire in persona Christi significa essere come una cosa sola con lui.
Per esprimermi meglio potrei dire che il sacerdote quando celebra non opera soltanto in nome di Cristo come un ambasciatore con pieni poteri, ma sotto la mozione attuale di Cristo.
Il suo rapporto con Cristo è molto più forte di quello del bambino con sua madre. Perché il figlio trae vita dalla madre, ma ha un’esistenza propria, autonoma. Ha ricevuto dalla madre il via per l’esistenza. Ma se viene meno la madre, lui sopravvive.
Nel sacerdozio invece non è così perché Cristo mediante il carattere unisce a sé il sacerdote in un modo nuovo, lo conforma a Sé e lo attrezza ad agire in intima unione con lui.
In qualche modo si appropria di lui per potersene servire tutte le volte che vuole comunicare agli uomini la sua vita divina.
Questo o sigillo che gli conferisce la sacra potestà di agire in persona Christi.
Quando si usa quest’espressione si vuol dire che il sacerdote non agisce mai per virtù propria, nel medesimo modo in cui nessuno strumento agisce per virtù propria.
Nell’esercizio del suo ministero rimane sempre uno strumento nelle mani di Cristo, unico, sommo ed eterno sacerdote.
Mentre egli celebra “è Cristo che attualmente dà forza a tutti i sacramenti della Chiesa, è lui che battezza, è lui il vero sacerdote che offrì se stesso sull’altare della croce e per la cui virtù si consacra ogni giorno sull’altare il suo corpo” (San Tommaso, Somma contro i gentili, IV, 76).
I sacerdoti sono tali solo in lui e per la forza che viene da lui.
Se per assurdo Cristo cessasse di agire dal cielo, immediatamente tutti i sacerdoti della terra non potrebbero più esercitare i divini poteri e sarebbero semplicemente uomini come tutti gli altri.

3. La terza domanda che mi poni è questa: “È possibile tagliare definitivamente le radici del peccato?”.
La confessione conferisce la grazia di tagliare definitivamente con le radici del peccato.
Ma di fatto questo taglio o sradicamento dipende dalle disposizioni dei singoli.
Purtroppo anche dopo la confessione rimangono in noi quelle che Giovanni Paolo II chiama zone d’ombra o focolai infettivi del peccato.
Come in un guardino quando si toglie la gramigna e si cerca di estirparne anche le radici ma ne rimane sempre qualche filo per cui rispunta di nuovo inesorabilmente, così anche in noi dopo la Confessione sacramentale rimangono le disordinate inclinazioni.
Solo ad una condizione si riesce a tagliare definitivamente con il peccato.
E cioè quando si raggiunge un’unione soprannaturale col Signore così alta da attuare quella che i teologi chiamano l’unione trasformante.
Solo a questo punto il soggetto viene confermato in grazia sicché le radici del peccato diventano inoperanti e talvolta addirittura estinte.

Con l’augurio che tu giunga a quest’altezza qualora non vi fossi ancora arrivato, ti assicuro il mio ricordo nella preghiera e ti auguro un fruttuoso ministero.
Padre Angelo