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Quesito

Caro Padre,
sono un uomo ormai entrato nella terza età (67 anni) e cerco di viver la mia fede meglio che posso aiutato in questo da un itinerario che la Chiesa ha riconosciuto come un carisma valido per i tempi odierni.
Ho da poco scoperto questo sito che seguo con interesse.
Avrei anch’io  un quesito  da porle  in quanto è da diverso  tempo  mi arrovello per cercare di capire una cosa ma non trovo risposta con la  mia ragione anche se questa difficoltà non mette in discussione  la mia fede nella vita eterna.
Si tratta di questo. Con  la morte noi usciamo dalla dimensione dello spazio e del tempo. Ci presenteremo davanti a Dio per un primo  giudizio,  in attesa di quello universale  alla fine dei tempi. Ma se con la morte entriamo nella eternità, come può esserci un prima e un dopo? Ho letto che la determinazione definitiva del concetto di eternità la si deve a San Tommaso  e, seppure solo in via analogica, viene definita  quale “eterno presente”, cui sono estranei tempo e successione, principio e fine. Questa determinazione è rimasta immutata nel pensiero cristiano.
 Allora cosa significa  che quanti di noi, e credo sarà la maggioranza,  saranno ritenuti bisognosi  di una  ulteriore purificazione in Purgatorio, prima di entrare in Paradiso, dovranno aspettare  e  scontare la pena temporale loro  assegnata, la quale  può   essere abbreviata dalle preghiere di suffragio di quanti si trovano ancora qui in terra? Una volta si diceva e si scriveva dopo alcune preghiere che c’erano delle  indulgenze parziali indicando  anche il numero dei  giorni.
E’ proprio necessario esprimersi in questi termini?
Anche Gesù dice: vado a prepararvi un posto. Ma sappiamo che il Paradiso, come ha detto recentemente anche il Papa, "più che di un luogo, è  uno ‘‘stato’ in cui le nostre attese più profonde saranno compiute in modo sovrabbondante e il nostro essere, come creature e come figli di Dio, giungerà a piena maturazione.
E  allora si tratta solo un modo di esprimersi visto che  noi non possiamo immaginare come sarà l’aldilà e abbiamo solo una nozione di tempo e di spazio  legate alla nostra esperienza?
Mi rendo conto che sono domande a cui  non  è facile rispondere  e che per trovare una risposta soddisfacente non ho che da aspettare un po’ di tempo. Ma intanto se potesse darmi anche un piccolo aiuto, soprattutto in riferimento al tempo, Le sarò grato.
Le chiedo la sua benedizione e di  pregare per me.
Marino


Risposta del sacerdote

Caro Marino,
1. alla tua domanda ho gia risposto in passato, ma forse è utile ritornare su determinati concetti perché non sempre viene trovata la parola giusta da inserire nel motore di ricerca del nostro sito.

2. I teologi hanno parlato di una situazione che sarebbe intermedia tra il tempo e l’eternità.
A questa situazione, in cui è possibile ancora un certo movimento o aumento, hanno dato il nome di evo.
Questo permette di capire da una parte come mai i demoni possano avere qualche possibilità di agire e quindi di passare dalla potenza all’atto, e nello stesso tempo come col giudizio universale ci possa essere un aumento di gloria per i santi e di pena per i dannati.
Nello stesso tempo permette di capire il cosiddetto tempo che passano le anime in purgatorio, ma anche come i Santi possano aumentare la loro gloria (sebbene solo accidentale) fino alla fine del mondo.

3. Al cosiddetto evo è legata la cosiddetta escatologia intermedia.
Mentre per escatologia definitiva s’intende lo stato finale degli uomini dopo il giudizio universale che avverrà alla fine del mondo, per escatologia intermedia s’intende lo stato delle anime nella condizione in cui sono separate dal corpo in attesa della risurrezione finale.

4. Ebbene a proposito dell’escatologia intermedia la Commissione teologica internazionale in un documento che porta per titolo “problemi attuali di escatologia” del 1990  scrive queste parole a proposito della purificazione che si attua dopo la morte prima di entrare in Paradiso:
“Per questo siamo invitati alla purificazione.
Perfino colui che si è lavato deve liberarsi della polvere dei piedi (cf. Gv 13,10).
Per coloro che non lo hanno fatto sufficientemente sulla terra con la penitenza, la Chiesa crede che esista uno stato di purificazione dopo la morte, ossia «una purificazione precedente alla visione di Dio».
Poiché tale purificazione avviene dopo la morte e prima della risurrezione finale, questo stato appartiene allo stadio escatologico intermedio; più ancora, l’esistenza di questo stato mostra l’esistenza di una escatologia intermedia.
La fede della Chiesa circa questo stato implicitamente si esprimeva già nelle preghiere per i defunti, delle quali esistono numerose testimonianze molto antiche nelle catacombe e che, alla fine, si fondano sulla testimonianza di 2 Mac 12,46. In queste preghiere si presuppone che i defunti possano essere aiutati a conseguire la loro purificazione dalle orazioni dei fedeli.
La teologia relativa a questo stato cominciò a svilupparsi nel III secolo a proposito di coloro che furono riammessi nella pace con la Chiesa senza aver compiuto la penitenza completa prima della loro morte. È assolutamente necessario conservare la pratica della preghiera per i defunti. In essa è contenuta una professione di fede nell’esistenza di questo stato di purificazione. Questo è il senso della liturgia esequiale che non va oscurato: l’uomo giustificato può aver bisogno di un’ulteriore purificazione. Nella liturgia bizantina viene presentata magnificamente l’anima stessa del defunto che grida al Signore: «Rimango immagine della tua gloria ineffabile, anche se ferita dal peccato»” (8.1).

5. Sul concetto di evo, che è essenzialmente relativo  a quella che i teologi di oggi chiamano escatologia intermedia, ti propongo il pensiero di san Tommaso:
“L’evo differisce dal tempo e dall’eternità come qualche cosa di mezzo tra l’uno e l’altro.(…)
Dobbiamo dunque dire che, essendo l’eternità misura dell’essere immutabile, un ente si allontana dall’eternità a seconda che si allontana dall’immutabilità nell’essere.
Ora, alcune creature si discostano dall’immutabilità nell’essere (…)perché il loro essere né consiste nella trasmutazione, né è soggetto di trasmutazione: tuttavia hanno congiunta una certa trasmutabilità o attuale o potenziale.
È quel che avviene nei corpi celesti, il cui essere sostanziale è immutabile; ma hanno un tale essere congiunto al cambiamento di luogo” (Somma teologica, I, 10, 5)..
Possiamo lasciar perdere quest’ultima affermazione di San Tommaso, legata alla cosmologia del tempo.
Ma lo spostamento di questi corpi celesti, che al loro dire erano spirituali, ci fa comprendere qualcosa di quanto avviene negli angeli, nei santi e nei dannati nel “tempo” dell’escatologia intermedia”.

6. Risulta facile allora comprendere la conclusione di san Tommaso: “Ciò è evidente anche negli angeli, perché per quanto riguarda la loro natura hanno l’essere immutabile, congiunto a una mutabilità negli atti liberi; e hanno anche mutabilità di intuizioni e di affetti, e, a loro modo, di luoghi.
Per tale motivo essi sono misurati dall’evo, che sta tra l’eternità e il tempo.
L’essere invece che è misurato dall’eternità non è mutabile in se stesso, né associabile a variazioni.
Così dunque il tempo implica un prima e un poi;
l’evo non ha in sé né prima né poi, ma possono essergli annessi;
l’eternità non ha un prima e un poi, né li comporta in alcun modo” (Somma teologica, I, 10, 5).

Con questo dunque è portata chiarezza.
Ti saluto, ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo