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Quesito
Buongiorno,
mi chiamo Sandro.
Vorrei approfittare della vostra disponibilità per chiedere un aiuto, un consiglio su un tema specifico che da tempo mi provoca una certa difficoltà.
Premetto che cerco di coltivare la mia fede, partecipando alla Santa Messa ed accostandomi con frequenza ai sacramenti, in particolare alla Santa Confessione.
Sono sposato, ho 45 anni con un figlio di 14 anni e lavoro in banca.
Posso assolutamente ritenermi soddisfatto, perché la salute non manca ed in famiglia stiamo tutti bene,
Certo, qualche problema di lavoro perchè in banca il clima non è certo tranquillo.
Il mio problema è che non riesco ad accettare la sofferenza, quando questa riguarda i bambini ed i fanciulli.
Soffro terribilmente al pensare che questi debbano essere vittime del destino crudele, che vengano colpiti da malattie gravi o coinvolti in terribili sciagure.
Penso all’indicibile sofferenza che devono di conseguenza patire i genitori.
(…)
Abbiamo appena festeggiato la Santa Pasqua, la vittoria di Dio sulla morte e dovrei riuscire a capire meglio il significato della Croce, non fosse altro perché ascolto le omelie e cerco una risposta sulle questioni importanti della vita.
Forse tutto dipende dal fatto che non cerco abbastanza il Signore, forse prego e frequento i sacramenti solo fisicamente e senza il cuore, insomma come un motore che gira a vuoto.
Grazie per la risposta che vorrete darmi.
Un abbraccio,
Saluti
Sandro
Risposta del sacerdote
Caro Sandro,
tocco solo il primo punto della tua mail, perché ce n’è già abbastanza.
1. Il dolore dei bambini è tocca tutti.
I loro genitori anzitutto, come tu stesso rilevi, ma anche qualsiasi altra persona.
2. Noi non crediamo affatto alla reincarnazione che risolve il problema dicendo che questi bambini si purificano di colpe commesse nelle vite precedenti.
Non vi è alcun motivo né razionale né teologico che giustifichi a parlare di reincarnazione.
Sotto il profilo razionale: ogni corpo è unico. A motivo del suo DNA non ce ne è mai stato uno uguale ad un altro né ve ne sarà in seguito.
Ciò che noi chiamiamo anima è il principio vitale di quel determinato corpo.
E il corpo con tutto se stesso esige di essere animato solo da quel principio vitale. Quello è il suo, e insieme con quel principio vitale forma una persona, anch’essa un unicum, assolutamente irripetibile.
E anche sotto il profilo teologico perché la Sacra Scrittura dice: “E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio” (Eb 9,27).
3. E questo fatto dell’“una volta sola” rivela tutta la grandezza, la preziosità e la drammaticità della nostra vita presente.
Non è possibile avere a propria disposizione una serie indefinita di esami di riparazione in modo da poter prendere tutto alla leggera.
In ogni istante e con ogni azione costruiamo nel bene o nel male il nostro futuro eterno.
E questo futuro eterno può giungere all’improvviso come ci ha ammonito il Signore, nell’istante in cui nessuno vi pensa.
4. Confutata la teoria reincarnazionista, ci troviamo di nuovo di fronte al nostro problema: perché il dolore dei bambini? Perché il dolore innocente?
Dobbiamo onestamente riconoscere che anche qui nessuna teoria razionale lo può giustificare.
È qualcosa di umanamente scandaloso, anche quando si ritiene che è andata così per un destino cieco e crudele.
5. L’unica parola che getta luce e conforto è quella che deriva dalla fede e più precisamente da Gesù crocifisso, che è l’emblema del dolore innocente.
Nella croce di Cristo sono racchiuse tutte le risposte.
6. Ci ricorda anzitutto che in seno alla vita presente ne prepariamo un’altra, quella eterna e che non abbiamo di qua una dimora permanente.
E che la grandezza della vita eterna è proporzionata al merito guadagnato nella vita presente.
In questo orizzonte possiamo comprendere le parole del Signore “Beati voi che ora piangete perché riderete” (Lc 6,21) e anche “Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete” (Lc 6,25).
7. Ci ricorda anche il peccato del mondo che Gesù è venuto ad espiare nella sua carne per rendere amici e familiari di Dio gli uomini che avevano perso questa grazia col peccato.
E Gesù chiama tutti ad essere suoi cooperatori in quest’opera dichiarando apertamente: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24)
Chiama ad andare dietro a lui per questa strada in tutte le ore.
Alcuni, come i bambini sofferenti, per disegni suoi imperscrutabili e che comprenderemo pienamente solo di là li chiama fin dalla prima ora.
È la strada della quale parla San Paolo quando dice: “Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).
8. Quando i bambini ricevono questa luce di Cristo sono capaci di trasformare il loro dolore in amore, come lo mostra la sofferenza di due pastorelli di Fatima Giacinta e Francesco che furono portati via da questo mondo dopo sofferenze molto acute, soprattutto per Giacinta.
Giacinta sopportava tutto con grande amore per Gesù, per il Papa e per la conversione dei peccatori.
9. Giovanni Paolo II, nell’enciclica Salvifici doloris, scrive: “Si potrebbe dire che la sofferenza vi sia presente anche per sprigionare nell’uomo l’amore, proprio quel dono disinteressato del proprio «io» in favore degli altri uomini, degli uomini sofferenti” (SD 29).
Nello stesso tempo “la sofferenza è presente nel mondo per sprigionare amore, per far nascere opere di amore verso il prossimo, per trasformare tutta la civiltà umana nella «civiltà dell’amore». In questo amore il significato salvifico della sofferenza si realizza fino in fondo e raggiunge la sua dimensione definitiva. Le parole di Cristo sul giudizio finale permettono di comprendere ciò in tutta la semplicità e perspicacia del Vangelo” (SD 30).
In tal modo “Cristo allo stesso tempo ha insegnato all’uomo a far del bene con la sofferenza e a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza” (SD 30).
10. Papa Francesco nell’enciclica Lumen fidei dice: “La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino” (LF 57).
Papa Francesco parla di fede e la fede è come una lampada che guida nella notte.
Il sole, e cioè la chiarezza dei disegni di Dio, l’avremo solo in Paradiso.
11. E aggiunge: “All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce” (LF 57).
La risposta dunque consiste nello stare uniti a Gesù crocifisso nel portare la croce insieme con Lui e per i motivi per cui l’ha portata Lui in attesa della glorificazione che certamente avverrà e sarà eterna.
Questo vale tanto per i bambini che soffrono quanto per le persone che soffrono per loro e con loro.
12. Nel bambino che soffre e che domanda il nostro aiuto e il nostro amore dobbiamo sentire il lamento di Cristo: “Ho sete” (Gv 19,28) e nella nostra prestazione di amore la sua risposta “L’avete fatto a Me” (Mt 25,40).
A questi bambini dunque ci si deve accostare e li si deve servire con riverenza e amore, come al Cristo stesso.
Ti ringrazio per avermi attirato su questo argomento, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo