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Quesito

Caro Padre Angelo,
vorrei sottoporle alcune considerazioni sulla questione dell’impiego di metodi contraccezionali (preservativo), di cui si fa ai nostri tempi un così gran parlare, con enorme sopravvalutazione della questione, pretesto per attacchi a mio avviso ingiustificati sulla posizione della Chiesa. La pregherei vivamente di esprimere un suo parere sulla giustezza o meno delle mie considerazioni.
Secondo me, l’uso del preservativo rende bensì illeciti atti in sè perfettamente leciti, quali i rapporti sessuali nell’ambito del matrimonio, ma è moralmente indifferente se impiegato al di fuori dell’ambito matrimoniale, cioè nel compiere atti già in sè moralmente illeciti.
In altre parole, se un uomo ha rapporti carnali con una prostituta o comunque con una donna che non è sua moglie,è già nell’illecito; né mi pare che in tal caso l’impiego del preservativo renda tali atti più illeciti e tanto meno il suo mancato uso li renda legittimi o comunque moralmente meno gravi.
Sarebbe come dire che, se un uomo colpisce un altro uomo con intento omicida, l’impiego di un coltello oppure di una rivoltella abbia, ai fini della responsabilità morale, una qualsiasi rilevanza.
La ringrazio per la sua attenzione e la saluto.
PUTIGNANO


Risposta del sacerdote

Carissimo Putignano,
la tua osservazione è vera.
1. La Chiesa ha parlato dell’immoralità dei contraccettivi sempre e solo per quanto riguarda la purezza dell’amore coniugale.
Nell’atto coniugale i coniugi si donano nella totalità di se stessi. E quando ci si dona totalmente non si esclude nulla, neanche la capacità di diventare padre e madre.
Non si può dimenticare che il gesto con il quale i coniugi si donano nella loro intimità e totalità impegna direttamente le capacità procreative.
I gesti di affetto si possono esprimere in mille modi. Ma quando si esprimono con la relazione genitale si compie un gesto che di sua natura apre i coniugi alla possibilità concreta di diventare padre e madre.

2. Ti riferisco tre testi importanti del magistero della Chiesa.
Nella Casti connubii di Pio XI: “Non vi può essere ragione alcuna, sia pure gravissima, che valga a rendere conforme a natura e onesto ciò che è intrinsecamente contro natura. E poiché l’atto del coniugio è, di sua propria natura, diretto alla generazione della prole, coloro che nell’usarne lo rendono studiosamente incapace di questa conseguenza, operano contro natura e compiono un’azione turpe e intrinsecamente disonesta…
Essendovi però dei tali che, abbandonando manifestamente la cristiana dottrina, insegnata fin dalle origini, né mai modificata, hanno ai nostri giorni, in questa materia, preteso pubblicamente di insegnarne un’altra, la Chiesa cattolica, cui lo stesso Dio affidò il mandato di insegnare e di difendere la purità e onestà dei costumi, proclama altamente per mezzo della nostra parola, in segno di sua divina missione, e nuovamente sentenzia: che qualsivoglia uso del matrimonio, in cui per l’umana malizia l’atto sia destituito dalla sua naturale virtù procreatrice, va contro la legge di Dio e della natura e coloro che osino commettere tali azioni si rendono rei di colpa grave” (Mt 15,14)” (CC 20).
Il secondo testo è l’Humanae vitae di Paolo VI: “Similmente è da respingere ogni azione che o in previsione dell’atto coniugale o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga come scopo o come mezzo di impedire la procreazione” (HV 14).
Si faccia attenzione: Paolo VI parla di atto coniugale, non di atto sessuale. la differenza è enorme.
Il terzo testo è la Familiaris consortio di Giovanni Paolo II: “Quando i coniugi i coniugi, mediante il ricorso alla contraccezione, scindono questi due significati che Dio Creatore ha inscritti nell’essere dell’uomo e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale, si comportano come “arbitri” del disegno divino e “manipolano” e avviliscono la sessualità umana, e con essa la persona propria e del coniuge, alterandone il valore di donazione “totale”. Così, al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all’altro in totalità: ne deriva, non soltanto il positivo rifiuto all’apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell’interiore verità del personale” (FC 32).
E sempre il medesimo Papa il 22.8.1984 disse: “Nell’atto coniugale non è lecito separare artificialmente il significato unitivo dal significato procreativo perché l’uno e l’altro appartengono alla verità intima dell’atto coniugale: l’uno si attua insieme all’altro e in certo senso l’uno attraverso l’altro. Quindi l’atto coniugale privo della sua verità interiore, perché privato artificialmente della sua capacità procreativa, cessa di essere atto di amore”.

3. Fuori del contesto del matrimonio gli atti sessuali sono già viziati in partenza.
Per questo la Chiesa non parla della contraccezione fuori del matrimonio.
Questo però non vuole dire che fuori del matrimonio la contraccezione sia lecita. Perché l’atto in se stesso è immorale.
Tu scrivi giustamente: “In altre  parole, se un uomo ha rapporti carnali con una prostituta o comunque con una donna che non è sua moglie, è già nell’illecito; né mi pare che in tal caso l’impiego del preservativo renda tali atti più illeciti e tanto meno il suo mancato uso li renda legittimi o comunque moralmente meno gravi”.
Io andrei addirittura anche un pò più in là e direi che l’uso del contraccettivo, pur non rendendo buona un’azione di tal genere (ci mancherebbe ancora!), tuttavia non la aggrava di un altro peccato, quello di una procreazione extraconiugale. L’atto, già di suo grave e mortale, qui assumerebbe una gravità maggiore perché espone ad una procreazione del tutto irresponsabile.
E direi anche che se una persona nella imminenza certa di essere violentata, violenza alla quale resiste anche internamente, prende un contraccettivo, allora non viola la legge di Dio. L’uso del contraccettivo vuole limitare i danni di un gesto semplicemente empio.

4. Vale anche per il nostro caso l’insegnamento di sant’Alfonso, il quale, dopo aver detto che inter duobus malis nullum est eligendum, e cioè che tra due mali non se ne può scegliere nessuno, afferma che è lecito persuadere a compiere un male minore se l’altro è già determinato a compierne uno più grande (Licitum esse minus malum suadere, si aliter iam determinatus fuerit ad maius exequendum). Il motivo è che qui colui che persuade non vuole il male, ma il bene, e cioè la deliberazione di un male meno grave”.

5. Va ricordato ancora, caro Putignano, che il primo criterio che determina la bontà o la malizia morale di un atto è il suo obiettivo intrinseco.
Ma questo obiettivo, come già ricordava Giovanni Paolo II, non va inteso semplicemente in senso biologico e materiale, ma nella prospettiva dell’azione di chi agisce. Per conoscere l’obiettivo intrinseco di una determinata azione e la sua qualifica morale “occorre collocarsi nella prospettiva della persona che agisce… Esso è il fine prossimo di una scelta deliberata, che determina l’atto del volere della persona che agisce” (Veritatis splendor 78).
In altri termini: perché un atto sessuale sia secondo la legge di Dio non è sufficiente che sia aperto alla vita. È necessario esaminare anche se chi lo compie sia una persona sposata, se lo compie nel matrimonio o fuori del matrimonio.

6. Tu dici che è privo di rilevanza morale l’uso del contraccettivo fuori del matrimonio.
In concreto (ripeto in concreto e non in astratto) non è vi alcuna azione e circostanza che sia priva di rilevanza morale. Tutte sono o buone o cattive e sono tali o per se stesse o per particolari congiunture.
Anche nello stesso omicidio l’uso di uno strumento o di un altro, sebbene sia indifferente rispetto all’obiettivo, tuttavia può manifestare una particolare atrocità e quindi gravarlo di altre malizie. Ad es., seppellire viva una persona è una cattiveria peggiore di chi ammazza con un colpo di pistola.
Così nella contraccezione si può far uso della spirale, la quale è abortiva, oppure della minipillola che ha anch’essa un tasso di abortività, sebbene inferiore.

7. I ragionamenti che abbiamo fatto sono tuttavia al di fuori della distribuzione gratuita dei profilattici per i sieropositivi o per le persone a rischio.
Una simile distribuzione, oltre a generare equivoci sulla liceità, incrementa la promiscuità sessuale, con conseguenze di ogni tipo.

Ti ringrazio della domanda che mi hai posto. Penso che ti troverai consenziente anche sul particolare, minimo per altro, del  punto 6.
Ti saluto, ti assicuro un ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo