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Quesito
Caro Padre Angelo,
mi chiamo Marco, ho 27 anni e sono cattolico. Sono venuto a conoscenza delle posizioni relative alla liceità dell’omosessualità da parte della Chiesa Valdese (di cui, fino a qualche giorno fa, ne ignoravo l’esistenza), bonariamente riassunta nel testo che Le indico in calce.
Ma quindi Dio non condanna più il peccato di omosessualità? Ovviamente no, ma dov’è la verità? Come sbugiardare queste persone?!
Risposta del sacerdote
Caro Marco,
ecco una delle conclusioni cui si arriva quando si nega che Cristo abbia affidato a Pietro il compito di governare la Chiesa e gli abbia garantito l’assistenza dello Spirito Santo quando insegna in materia di fede e di morale.
L’errore è dunque a monte, e cioè nell’interpretazione delle Scritture le quali non sono soggette a privata interpretazione, come dice San Pietro in 2 Pt 3,16.
E allora ci troviamo di fronte alle private interpretazioni dei teologi (tutti protestanti) che si arrampicano sugli specchi per travisare il significato più evidente delle affermazioni di San Paolo, il quale parla di peccati contro natura.
Ecco il passo preciso: “Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi…
Li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento” (Rm 1, 24.26-27)
Circa la gravità di questi atti San Paolo dice: “Non illudetevi: né effeminati, né sodomiti… erediteranno il Regno di Dio” (1 Cor 6,10).
2. So che un autore valdese commenta così Rm 1,26: “Romani 1,26 è l’unico versetto nella Bibbia ad avere un possibile riferimento al lesbismo. Ma il suo significato non è chiaro, tanto che alcuni commentatori vi hanno visto un riferimento a rapporti eterosessuali in cui la donna aveva un ruolo dominante: anche questo, nella società patriarcale del tempo, poteva esser visto come un comportamento contro natura”.
Se questa sia un’interpretazione seria delle sacra Scritture lo lascio giudicare ai bambini di prima elementare.
Le parole hanno pure un loro significato: Diversamente come si dovrebbe interpretare il resto che San Paolo dice: “Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini”?
3. Gesù nel Vangelo non parla dell’omosessualità, perché questa era del tutto bandita da Israele. Lo studioso M. Gilbert afferma che ai tempi di Gesù “l’omosessualità è il flagello del paganesimo, e colui che crede nella Rivelazione non può trovare lì la via della sua vita”.
Parlano invece dell’omosessualità tanto san Paolo quanto san Pietro perché, apostoli in un mondo pagano, di fatto si scontravano con questa realtà.
Oltre che in Rm 1,26, san Paolo ne parla nel testo di 1 Cor 6,10 che ho già citato.
Ne parla inoltre in 1 Tm 1,10 dove l’omosessualità (tradotta col termine di perversione) viene condannata come una pratica contraria alla dottrina del vangelo.
Anche S. Pietro parla di questo peccato quando dice che Dio “condannò alla distruzione le città di Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere, ponendo un esempio a quanti sarebbero vissuti empiamente. Liberò invece il giusto Lot, angustiato dal comportamento immorale di quegli scellerati. Quel giusto infatti, per ciò che vedeva e udiva mentre abitava in mezzo a loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta per tali ignominie” (2 Pt 2, 6-8).
Un giudizio analogo si trova nella lettera di Giuda: “Così Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate all’impudicizia allo stesso modo e sono andate dietro a vizi contro natura, stanno come esempio subendo le pene di un fuoco eterno” (Gd 7).
La Sacra Scrittura dunque è chiara ed è così chiara che un apprezzato studioso dell’omosessualità, Hermannn Hartfeld, pastore protestante a Zurigo, afferma che, nonostante i costumi dei popoli vicini, il mondo giudaico cristiano ha rifiutato sempre e risolutamente ogni pratica omosessuale” (Cfr: H. Hartfeld, Homosexualität im Kontest von Bibel Theologie und Seelsorge).
4. Ti ho detto che il problema cha sta a monte di tutto è l’interpretazione privata della Scrittura, per cui ognuno le fa dire quello che vuole, anche il contrario di quello che viene solennemente affermato.
Se questo sia corretto, lo lascio a te. Dico solo che l’autore valdese citato all’inizio di questa risposta scrive candidamente: “A questa domanda (se l’omosessualità sia condannata dalla Sacra Scrittura) noi protestanti rispondiamo in maniera diversa, non avendo un’autorità centrale che defìnisce quale sia una lettura «corretta» dei testi, in quanto crediamo che essi vadano letti e interpretati da ciascuno e ciascuna senza la mediazione di un’autorità ecclesiastica che predetermini il significato”.
Questo fa capire che c’è una risposta protestante e viene da dire “predeterminata” ai testi sacri. Rifiutano il Magistero, ma di fatto vi sostituiscono il loro: noi protestanti rispondiamo. Altro che interpretazione privata, sembra la proclamazione di un dogma e guai a chi lo scalfisce!
La teologia cattolica invece, riconoscendo che la Scrittura non è soggetta a privata interpretazione, sta al significato della Scrittura stessa, così come è stata intesa fin dall’inizio e mai cambiato. Non si tratta di “predeterminazione” del significato, ma di custodia del significato che le parole hanno in se stesse. Custode dell’inalterabile significato della Divina Rivelazione è il magistero, per diretta volontà di Gesù Cristo.
Ti ringrazio, caro Marco, di avermi dato l’opportunità di ribadire questi concetti.
Ci tengo ancora a dire che il giudizio del Magistero è sul fenomeno in se stesso, non sulle singole persone, alle quali si deve il nostro rispetto e anche la nostra preghiera.
Ti prometto un ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo