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Quesito

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Risposta del sacerdote

Caro Alessandro,
ti presento infine i rimedi contro la possessione diabolica, i quali a fortiori valgono anche per le precedenti maniere di agire di satana,
Ti ringrazio,del quesito, ti ricordo nella preghiera, ti saluto e ti benedico.
Padre Angelo

4. Rimedi contro la possessione diabolica

Tutto quanto tende a neutralizzare l’azione del demonio sull’anima, purificandola, potrà utilizzarsi come rimedio generale e remoto contro la possessione diabolica.
Il Rituale ricorda alcuni rimedi più diretti e specifici, ai quali si possono ricondurre tutti quelli che vengono suggeriti dagli autori specializzati in materia.
Ecco i principali:

I) La confessione sacramentale.
Poiché la causa più comune della possessione è il castigo del peccato, si deve anzitutto rimuovere questa causa mediante una confessione umile e sincera. Si consiglia di farla generale: l’umiliazione e la profonda rinnovazione dell’anima ch’essa suppone, le conferiscono una maggiore efficacia.

2) La santa comunione.
Il Rituale romano la raccomanda con frequenza, sotto la direzione del sacerdote. E se ne comprende la ragione. La presenza e il contatto di Gesù Cristo, vincitore del demonio, ha una particolare efficacia per liberare dalla schiavitù dello stesso le sue disgraziate vittime. Tuttavia, la comunione va data al posseduto solo nei momenti di calma, evitando ogni pericolo di irriverenza o di profanazione.

3) L’orazione e il digiuno.
Certi demoni si possono cacciare solo con questi mezzi (Mt 17,20). L’orazione umile e perseverante, accompagnata dal digiuno e dalla mortificazione, ottiene infallibilmente dal cielo la grazia della guarigione. Questo rimedio non si deve mai omettere ancorché si usino tutti gli altri.

4) I sacramentali.
Gli oggetti consacrati dalle orazioni della Chiesa hanno la virtù di neutralizzare l’azione di Satana. Particolarmente adatta si è rivelata l’acqua benedetta. Santa Teresa ne era devotissima, avendone sperimentato lo straordinario potere contro gli assalti diabolici (Vita, 31,4).

5) La santa croce.
Il Rituale prescrive agli esorcisti di tenere tra le mani e sotto gli occhi il Crocifisso. Si è comprovato molte volte che la sua sola vista basta a mettere in fuga i demòni. Il segno della croce tracciato con la mano è stato sempre in uso tra i cristiani e la Chiesa, che se ne serve nella maggior parte delle benedizioni, lo moltiplica particolarmente negli esorcismi. I santi liberavano molte volte i posseduti col solo segno della croce.

6) Le reliquie dei santi.
Il Rituale ne raccomanda l’uso agli esorcisti. Il contatto di questi resti benedetti e santificati produce nei demòni la sensazione di carboni accesi. Le reliquie della vera croce sono, tra tutte, le più preziose e venerate tra i cristiani e quelle che ispirano più orrore agli angeli decaduti. Ricordano ad essi l’umiliante sconfitta subita ad opera del Salvatore del mondo che morì appunto inchiodato alla croce.

7) I santi nomi di Gesù e di Maria.
Il nome di Gcsù ha un’efficacia sovrana per mettere in fuga i demoni. Lo promise il Salvatore nel Vangelo: «Nel mio nome scacceranno i demòni» (Mc 16,17); lo invocarono gli apostoli: «Ti comando, in nome di Gesù Cristo, di uscire da lei. E in quello stesso momento lo spirito se ne uscì» (At 16,18), e sempre lo si è invocato nella Chiesa.
Anche il nome di Maria riesce odioso e terribile ai demoni. Gli esempi della sua salutare efficacia sono innumerevoli e giustificano pienamente il comune sentimento della pietà cristiana, che vede nell’invocazione del nome di Maria un rimedio sovrano contro gli assalti del serpente infernale.
Oltre a questi mezzi che ogni cristiano può usare per suo conto contro le violenze dei demoni, la Chiesa ne ha istituiti altri ufficiali, l’uso solenne dei quali riserva ai suoi legittimi ministri: gli esorcismi.

Gli esorcismi.
La Chiesa, in virtù della potestà di cacciare i demòni ricevuta da Gesù Cristo, istituì l’ordine degli esorcisti, il terzo dei quattro ordini minori [che attualmente non esistono più, essendo l’esorcismo riservato al sacerdote autorizzato]. Conferendolo, il vescovo consegnava all’ordinando il libro degli esorcismi e gli conferiva «la potestà di imporre le mani sugli energumeni sia battezzati che catecumeni».
Tuttavia, siccome l’esercizio di tale potestà suppone molta scienza, virtù e discrezione, la Chiesa non permetteva ieri, come non permette oggi, che se ne faccia uso pubblico e solenne se non da sacerdoti espressamente designati a questo compito dal vescovo diocesano.
In privato qualsiasi sacerdote può fare uso degli esorcismi. In questo caso non sono propriamente sacramentali, ma semplici orazioni private, e la loro efficacia è, di conseguenza, molto minore.
Altra cosa è lo scongiuro, che, con le debite condizioni, può essere praticato anche dai laici. Ha lo scopo di cacciare il demonio e di ridurre la sua azione in virtù del nome divino, onde non abbia ad arrecare danni spirituali e corporali. Si noti, tuttavia, che lo scongiuro non va mai fatto in forma di supplica o di deprecazione, trattando quasi il demonio con benevolenza e sottomissione, ma in tono autoritario e di ripulsa («Vattene, taci, esci di qui»), e con espressioni di disprezzo e di disistima.
Il Rituale determina il rito da seguire negli esorcismi solenni ed aggiunge sapienti consigli. È necessario, anzitutto, provare bene la realtà della possessione. Ottenuta l’autorizzazione espressa del vescovo, ci si prepari diligentemente con la confessione sacramentale, l’orazione e il digiuno. Gli esorcismi si facciano di preferenza in una chiesa o cappella, alla presenza di alcuni testimoni prudenti e pii, sufficientemente robusti per immobilizzare il paziente nel momenti di crisi. Le interrogazioni siano fatte in forma autoritativa e forte, ricalcando quelle indicate dal Rituale. I testimoni resteranno in silenzio e in preghiera senza mai interrogare il demonio. Si ripeteranno le riunioni fino a quando il demonio non esce o dichiara di essere disposto ad uscire. Ottenuta e comprovata la liberazione, l’esorcista ringrazierà Dio e lo pregherà perché impedisca al demonio di far ritorno nel corpo che ha dovuto abbandonare; ed esorterà, in pari tempo, colui che è stato guarito a benedire il Signore e a fuggire con ogni diligenza il peccato per non cadere di nuovo in potere dello spirito infernale.
Si tenga presente che non sempre, con l’esorcismo, si otterrà la liberazione. L’esorcismo non ha l’efficacia infallibile dei sacramenti che operano ex opere operato [ossia per il fatto stesso che sono validamente celebrati]. Può avvenire che non sia conforme ai disegni di Dio su una determinata anima o su coloro che la circondano concedere la grazia della liberazione. Va qui ricordato che il padre Surin rimase dodici anni sotto l’odiosa schiavitù di Satana. Tuttavia, gli esorcismi – come insegna sant’Alfonso – producono sempre qualche effetto salutare, almeno attenuando le forze del demonio sul corpo del posseduto.

A conclusione di quanto è stato qui detto sull’esorcismo, si legga il seguente numero (1673) del Catechismo della Chiesa cattolica:
“Quando la Chiesa domanda pubblicamente e con autorità, in nome di Gesù Cristo, che una persona o un oggetto sia protetto contro l’influenza del maligno e sottratto al suo dominio, si parla di esorcismo.
Gesù l’ha praticato; è da lui che la Chiesa deriva il potere e il compito di esorcizzare.
In una forma semplice, l’esorcismo è praticato durante la celebrazione del Battesimo.
L’esorcismo solenne, chiamato “grande esorcismo”, può essere praticato solo da un presbitero e con il permesso del vescovo. In ciò bisogna procedere con prudenza, osservando rigorosamente le norme stabilite dalla Chiesa.
L’esorcismo mira a scacciare i demoni o a liberare dall’influenza demoniaca, e ciò mediante l’autorità spirituale che Gesù ha affidato alla sua Chiesa.
Molto diverso è il caso di malattie, soprattutto psichiche, la cui cura rientra nel campo della scienza medica. È importante, quindi, accertarsi, prima di celebrare l’esorcismo, che si tratti di una presenza del maligno e non di una malattia” (CCC 1673).